martedì 23 novembre 2021

Kevin Gilbert - Covers (2021)

A pochi giorni dal suo cinquantacinquesimo compleanno (sarebbe stato il 20 novembre), la Estate di Kevin Gilbert ha pubblicato una raccolta delle cover che il musicista realizzò durante la sua carriera. Alcune, come Taxi Ride o Carpet Man, sono già note in quanto comparse in compilation realizzate in passato, altre in raccolte prog sotto forma di tributo come quelle della Magna Carta sui Genesis e sugli Yes. Per la prima Gilbert reintepretò Back in NYC, in una resa che forse supera l'originale, mentre per la seconda la scelta cadde su Siberian Khatru, la quale fu suonata fedelmente, nota per nota (tranne l'intermezzo aggiunto di The Sahara of Snow dei Bruford) per la deliberata scelta degli interpreti Stanley Snail, band fittizia che, oltre a Gilbert, includeva Mike Keneally, Bryan Beller e Nick D'Virgilio. 

Un'altra cover di spicco è la famigerata Kashmir, che Gilbert registrò al fine di proporla alla Atlantic Records per essere contenuta nelle compilation Encomium: A Tribute to Led Zeppelin, ma rifiutata dai grandi capi dei piani alti dell'etichetta con la motivazione che Gilbert "non era abbastanza famoso". La sua cover fu poi trasmessa da una radio locale di Los Angeles, causando un discerto passaparola, tanto che chi la ascoltava si presentava al negozio di CD per comprare Encomium, ma nel momento in cui scopriva che quella cover era assente rinunciava all'acquisto del medesimo. 

Tra gli inediti invece ci sono Solsbury Hill, El Paso, The Joker, il traditional natalizio O Come, O Come Emmanuel, una versione disco di Strong Enough di Sheryl Crow che Gilbert (co-autore del pezzo) registrò in modo goliardico sotto il nome Keta Men. 

https://kevingilbert.com/

domenica 21 novembre 2021

Von Citizen - Outlier (2021)

 
Dopo il sorprendente esordio con Sentience nel 2018, il quintetto cinese dei Von Citizen non accenna a diminuire la qualità della propria proposta. La seconda prova Outlier è uno scintillante raggio di luce lanciato nella sfera del prog metal strumentale, che riesce a sommare tutto il meglio della corrente djent fusion moderna. Se ad esempio siete dei fan degli innesti electro jazz operati dagli Arch Echo o del chitarrismo elegante di Joshua De Le Victoria, qui troverete pane per i vostri denti a partire dalla traccia di apertura Bliss, che riporta persino richiami soul r'n'b.
 
La solarità di Plini viene a galla su Petrichor, mentre Pitchblack e Turritopsis si confrontano con un flusso oscuro di riff djent in modalità Animals As Leaders. Ma al di là dei paragoni che può suscitare, Outlier risulta un lavoro lontano dai pericoli stagnanti del già sentito, grazie al giusto dosaggio che è stato impresso a melodia, virtuosismo e granitica tensione. Per questo rimane un'opera solida, di grande raffinatezza, che i Von Citizen riescono a infondere con un'esecuzione inventiva, trascinante e coinvolgente.

sabato 20 novembre 2021

Gnarbot - Origin (2021)

Il quartetto dei Gnarbot, formato da Zach LoPresti (chitarra), Rodrigo Pichardo (basso), Chris Paprota (batteria) e Zack Smith (chitarra, voce), anche se comprende musicisti provenienti da altri progetti, è relativamente giovane come formazione, avendo preso avvio nel 2017. Fino ad ora infatti gli Gnarbot hanno avuto il tempo di realizzare due EP, l'ultimo dei quali registrato dal vivo in una sessione in studio con materiale originale. Origin è quindi da considerarsi il loro esordio vero e proprio. L'album spazia da ciò che la band aveva prodotto sinora, cioè fusion strumentale ad alto tasso di virtuosismo da parte di tutti i membri, e alcuni brani cantati che proseguono sulla scia del jazz rock progressivo.

Origin naturalmente ingloba tutto ciò di cui attualmente si nutrono le jam band di questo tipo, il che include prog, metal, math rock e funk. Nei riff sincopati di Blammo e Candyland Invasion ad esempio, siamo dalle parti degli Animals As Leaders, ma molto meno djent metal e molto più fusion prog. Gli Gnarbot in questo sono molto vicini al jazz elettrico chitarristico di ultima generazione, con qualche debito ad Allan Holdsworth su FistCake e sul versante più sperimentale di ArmDeath verso i poco noti Lye By Mistake. L'aggiunta del cantato si consolida nel gusto per la combinazione di stili alla Thank You Scientist, in particolare con lo space rock connesso all'elettronica in Cheebot o nel lento crescendo soul metal fusion in Steadily Reshaping. Origin risulta così un album godibilmente vario che sa farsi riconoscere in un settore stilistico ormai saturo di proposte come la fusion prog.

venerdì 19 novembre 2021

Dredg - The making of Leitmotif


Nel 2019 i Dredg erano tornati insieme dopo anni di silenzio per lavorare e portare a termine un nuovo album il quale, nelle intenzioni, sarebbe dovuto uscire entro la fine 2020. Poi è successo quello che tutti sappiamo, il progetto è saltato e i lavori si sono bruscamente interrotti senza sapere se un giorno la cosa avrebbe avuto un seguito. Qualche giorno fa, comunque, il cantante Gavin Hayes, durante un'intervista in un podcast, ha confermato che nei mesi scorsi il gruppo ha continuato a vedersi, riuscendo a mettere da parte un consistente numero di idee musicali capaci, se sviluppate, di riempire due album. 

In ogni caso l'obiettivo adesso è pubblicare il nuovo album nel 2022, anno che vedrà anche l'anniversario per il ventennale di El Cielo, il loro album più celebrato. Nel frattempo i Dredg sono rimasti attivi nei social network (soprattutto Instagram) e hanno riesumato molti vecchi filmati tratti dalle registrazioni del primo album Leitmotif, montati assieme e pubblicati oggi su YouTube. L'occasione questa volta sono i venti anni di Leitmotif, del quale è pre-ordinabile una nuova versione in vinile che sarà pronta per essere spedita nel luglio 2022 (!) (per questi ritardi di stampa in vinile, che proseguiranno in futuro, possiamo ringraziare le maxi-star Adele e Ed Sheeran).

Nell’estate del 1998 i Dredg si rinchiusero per dieci giorni nei Brilliant Studios di San Francisco per registrare Leitmotif, album che aveva come tema una storia unitaria riguardante il viaggio come metafora della ricerca interiore. Il viaggio era narrato sotto forma di diario all’interno del booklet (privo delle liriche) e il concept narrava l’incontro dell’uomo con uno spirito che gli consigliava di intraprendere un cammino per liberarsi dalla sua malattia morale e ritrovare la purezza. In pratica Leitmotif si lega alla più classica delle allegorie sulla condizione dell’uomo moderno corrotto dalla società, che per ritrovare un barlume di integrità morale deve necessariamente allontanarsi e distaccarsi da essa. 

Già dal primo album, quindi, i Dredg fecero ampio uso di simbolismi e significati nascosti. La prima traccia di Leitmotif, ad esempio, aveva per titolo il simbolo che il gruppo adotterà come logo per tutta la propria carriera, ovvero una rielaborazione grafica del carattere cinese 易 che significa “cambiamento”. La canzone fu ribattezzata Symbol Song e fu il bassista Drew Roulette a dipingere e ideare quel simbolo sulla base dell’ideogramma originale. La prima stampa di Leitmotif uscì in realtà il 30 maggio 1999 realizzato in maniera indipendente, senza l’apporto di nessuna casa discografica. Il disco scolpiva un granitico post rock dai toni plumbei e opachi in dieci tracce che si susseguivano senza soluzione di continuità come fosse un’unica suite di quarantacinque minuti.

Il sound primordiale e crudo era ancora legato alla ruvidezza dell’hardcore dei primi EP e si coagulava in forma ancora acerba, impegnato a dare libero sfogo alla potenza degli strumenti piuttosto che puntando su una visione d’insieme per aggiungere più spessore agli arrangiamenti. Ma, d’altro canto, per paradosso, la crudezza di Leitmotif poteva essere considerata come un valore aggiunto al quale concorrevano la chitarra elettrica eruttiva di Mark Engles, i colpi primitivi di Dino Campanella e il basso densamente prominente di Roulette. Le reazioni positive suscitate da Leitmotif fecero in modo di far interessare alcune case discografiche al gruppo. La scelta dei Dredg ricadde sulla Interscope Records, grazie ad un contratto che lasciava piena libertà artistica al gruppo e che portò a ristampare Leitmotif, uscito nell’infausta data dell’11 settembre 2001 con una distribuzione appropriata.

giovedì 18 novembre 2021

Thank You Scientist - Plague Accommodations (2021)


Fino ad ora i Thank You Scientist ci avevano abituati ad album imponenti, dei quali l'ultimo Terraformer, risalente a due anni fa, era addirittura doppio. Forse per attenuare quella sbornia esplosiva da tanto materiale, denso e assimilabile con il tempo, il setttetto del New Jersey si rifà vivo con un EP di quattro tracce di appena venti minuti dal titolo Plague Accommodation

Anche se l'opener Gigglebutton è una specie di ouverture funk dalla durata di meno di due minuti, nella sua esecuzione non mancano il divertimento e le variazioni come se fosse una vera jam da big band. Creature Comfort si spinge in territori pop metal con annesso un ingegnoso ritornello con progressioni r'n'b, che getta nuove possibilità di contaminazioni per il sound dei Thank You Scientist, ovvero quello mutuato dal soul pop della black music e da Michael Jackson. Un vezzo ed interesse che il gruppo aveva già mostrato nella realizzazione della cover di Rick James Party All the Time.

Soul Diver è la prima "epic track" dell'EP, la quale non sfigurerebbe nell'universo Coheed and Cambria, con quell'anelito da dark metal e frammenti thrash, illuminati dagli interventi di violino e sassofono. La title-track offre invece uno sguardo ai Thank You Scientist più avventurosi, diramandosi in molte idee tematiche che sorvolano tra i soliti ambiti metal, fusion e funk, ma con una maggiore propensione verso i cambi inaspettati. Quindi Plague Accommodations non tralascia nulla del classico sound che abbiamo imparato a conoscere dei Thank You Scientist e aggiunge anche qualche elemento in più, ma sempre nella prospettiva dei limiti che può conservare un EP.

lunedì 15 novembre 2021

Gold Necklace - Gold Necklace (2021)

Gold Necklace è l'ennesima emanazione musicale che nasce dall'irrequietezza artistica del cantante Kurt Travis e per questo, visto anche lo stile toccato dall'omonimo album d'esordio, è necessaria una doverosa premessa. Il signor Travis ha passato gli ultimi anni a girovagare tra vari progetti dalla natura stilistica più disparata. Partendo come vocalist di band prog hardcore radicali come Dance Gavin Dance e A Lot Like Birds, si è dedicato in seguito ad una miriade di progetti, anche da solista, dei quali i più rilevanti sono stati i defunti Eternity Forever, durati lo spazio di un solo EP, e i Royal Coda, tutt'ora in attività e fautori di un experimental post hardcore indirizzato su linee meno intransigenti e abbastanza orecchiabili.

Gli Eternity Forever sono stati a loro modo importanti e seminali per determinare una nuova tendenza del math rock, sposandolo con sonorità funky e r'n'b, in un connubio che a me piace chiamare "smooth math", un sottogenere che negli ultimi tempi ha fatto molti proseliti. Questi sono stati un po' il preambolo dei Gold Necklace, che possono essere considerati la versione 2.0 di quel progetto. Solo che questa volta Travis ha fatto le cose più in grande. Oltre a rinnovare il sodalizio con il chitarrista Brandon Ewing, i due non si sono lasciati tentare dai beat elettronici, ma hanno chiamato con loro un batterista gigantesco come Joseph Arrington (A Lot Like Birds, Royal Coda) a suonare e comporre delle parti ritmiche pazzesche, si sono affidati all'etichetta Kill Iconic di Donovan Melero (Hail the Sun) e hanno confezionato un disco dalla raffinatezza e produzione sopraffina.

Gold Necklace, nella sua durata molto breve che sfiora la mezz'ora, è capace di contenere brani che si orientano maggiormente sul versante math pop con forti accenti funk, come Vibe With Me, I Feel It Too e Tootsie Roll, i quali non a caso per la loro immediatezza sono stati scelti come singoli apripista. Già questi pezzi basterebbero per descrivere l'alto livello di scrittura, che vedono un Ewing in stato di grazia impegnato a confezionare dei groove di chitarra fighissimi a getto continuo. Ma addentrandosi oltre si trovano delle vere e inaspettate lezioni di math jazz come Coast to Coast, Just the Right Away e You and Me in Oceanside. Con un altro gioiello come Call Me Back i Gold Necklace riescono a legare in modo sorprendente e non banale tecnica e pop funk.


 

sabato 13 novembre 2021

Delta Sleep - Spring Island (2021)

Reduci da un album ispirato come Ghost City (2018), seguito da un EP altrettanto valido come Younger Years (2019), i Delta Sleep si presentano alla terza prova di Spring Island, un disco scritto durante l'estate 2020 che inevitabilmente risente del periodo pandemico dal quale siamo passati e ancora subiamo i contraccolpi. Il bassista Dave Jackson è stato molto chiaro affermando: "Questo album rappresenta certamente alcune delle difficoltà che abbiamo incontrato tutti negli ultimi 15 mesi e l'effetto che l'isolamento può avere su di noi come creature viventi che hanno bisogno di interazione". Ma Spring Island, al di là delle tematiche, musicalmente si presenta come un perfetto seguito di Ghost City, mantenendone quell'aura sognante eppure gentilmente math punk.

The Detail colpisce ancora nel cuore della miglior tradizione compositiva del quartetto, sommando orecchiabilità, ritmica incalzante, sezioni math prog e psichedeliche che proseguono su quello che sembra cadenzato come un inno, Old Soul. I Delta Sleep infatti appartengono a quella frangia math rock meno radicale e molto propensa agli equilibri tra quiet/loud, solennità e melodia pop. Spring Island comunque accontenta ogni fascia amante del genere, mettendo sul piatto gli intricati riff di View to a Fill ed un uso molto pronunciato di aspri crescendo per sottolineare il climax, sia che le canzoni siano sognanti e popedeliche come Spun, Hotel 24 e The Softest Touch, sia che prendano una forma trasversalmente math pop come Planet Fantastic e Contender. Per questo i brani hanno il potere di trasportarti dai più accoglienti e cullanti giacigli melodici, fino a pestare sull'acceleratore della distorsione sottolineata da battiti irregolari. 

sabato 6 novembre 2021

Bent Knee - Frosting (2021)


Durante la loro carriera i Bent Knee ci hanno abituati a non farci sapere cosa aspettarsi prima di ogni nuova uscita, inoltre, a partire da Say So e con l'ingresso nell'etichetta InsideOut, la loro popolarità all'interno della sfera progressive rock ha fatto un grande balzo, fino a farli diventare i beniamini di pubblico e critica. Per questo il nuovo Frosting, dopo tutto quello che la band è riuscita a seminare e raccogliere in passato, risulta un lavoro coraggioso e senza compromessi nel suo cambio radicale di direzione, più di qualsiasi album precedente pubblicato dal gruppo.

Anche se infatti i Bent Knee non sono mai stati immobili o imbrigliati in un determinato schema, nella loro formula può essere riconosciuta una certa propensione alla teatralità e alla ricerca di soluzioni da rock intellettuale. Frosting invece smazza le carte, se ne sbatte delle aspettative e delle regole e prende una direzione totalmente nuova ed inedita per la band. C'è da sottolineare che, nel contesto, la pandemia ha giocato un ruolo non di secondo piano, visto che Frosting è stato concepito durante il lockdown e quindi è il frutto di una scrittura a distanza, ma ciò non toglie che la scelta di pubblicare del materiale così differente è una dichiarazione di intenti per proclamare una totale libertà espressiva, senza la preoccupazione di compiacere o deludere il proprio pubblico.

Piccola parentesi: il dibattito sul cambiamento radicale di un artista che proviene dal prog rock è piuttosto attuale data la recente sterzata verso il pop di Steven Wilson, giusto per fare un nome a caso. Ma tutto sta nel modo in cui si affronta tale cambiamento. Lo si può fare con una mossa ruffiana, camuffandola da colto art pop rivestito più di stile che di contenuti, per andare incontro alla moda del momento al fine di parlare il linguaggio della massa, oppure mettersi veramente in gioco e trascinare di peso il pop in territori inesplorati ed estremi, come hanno fatto i Bent Knee.

Personalmente sono contento che non abbiano perseguito la strada di Land Animal e You Know What They Mean, perché il loro stile iniziava a ripiegarsi su sé stesso con il rischio di diventare una fredda replica di parametri collaudati. Invece l'impatto iniziale con Frosting è talmente sconvolgente e respingente da stimolare la curiosità di addentrarsi in una materia così strana e sperimentale. Già dal singolo Queer Gods si capiva che il nuovo album avrebbe avuto un approccio diverso - il pezzo punta su elettronica algida, manipolazioni vocali, fiati disco funk - ma tutto il resto è ancora più spiazzante. Nel momento in cui ci apprestiamo ad ascoltare la traccia di apertura Invest in Breakfast e l'osannata voce marchio-di-fabbrica di Courtney Swain viene sfregiata in un'orgia di auto-tune (condivisa con quella di Jessica Kion a onor del vero), si capisce che Frosting non farà sconti.

Tale espediente viene replicato e applicato anche ad altre bizzarrie sonore assortite che si incontrano nella contraddittoria estetica del massimalismo spinto dell'hyperpop e nel minimalismo glitch pop e bedroom pop, tanto da ipotizzare che la direzione compositiva del Ben Levin solista, o in coppia con la bassista Kion nei Justice Cow, abbia preso il sopravvento. Dopo Baby in the Bush abbiamo la sicurezza che suoni industriali e beat elettronici saranno all'ordine e quindi l'unico modo di giudicare Frosting non è nell'ottica di quanto fatto dal gruppo finora, ma considerarlo nella prospettiva all'interno di questo genere. Il pop da cartone animato in modalità Kero Kero Bonito di Casper e Have It All ad esempio, è quanto di più lontano ci si possa aspettare da un album dei Bent Knee, eppure è adorabile. 

Dentro poi ci sono esperimenti più estremi come l'oppressiva Rib Woman e l'omaggio industrial rock ai Nine Inch Nails con The Upward Spiral, che puntano su una prospettiva abrasiva e avant-garde, o cambi di tono come le quasi ambientali The Floor is Lava e Set It Off, le quali riportano il disco su un piano meno eccentrico. E verrebbe da dire quasi purtroppo, perché una volta assaporata la nuova veste "eccessiva" del gruppo ce ne separiamo a fatica. L'inevitabile controversia e delusione che causerà nei fan più intransigenti non esclude che il disco contenga tra le cose migliori partorite nel tempo dai Bent Knee, come le perle Cake Party, Figthing All My Life e Not This Time. Considerando questo, è chiaro che Frosting difficilmente riuscirà a mettere tutti d'accordo, ma magari ogni cambiamento fosse così coraggioso e con qualcosa da dire.

 

martedì 2 novembre 2021

Altprogcore November discoveries


 
I Catherine Baseball sono quattro ragazzi francesi attivi dal 2015. Time Bends è il loro secondo album e perfeziona ancora di più quella formula di math pop di cui la band si dimostra ormai abile fautrice da qualche pubblicazione a questa parte. 

 
 
 
Ho da poco conosciuto i Ku'on grazie a Gavin Castleton (ex tastierista dei The Dear Hunter) il quale compare all'organo e al piano come ospite nel brano Color the Infinite. Il gruppo è un quintetto prog che ha pubblicato finora tre brani i quali andranno a far parte del primo album New Game Plus di prossima uscita.
 
 
 
Dopo aver scoperto i Sun Colored Chair, Wyxz e Wippy Bonstack, tre progetti in cui milita il polistrumentista Ben Coniguliaro, ho appreso che anche gli altri due membri dei SCC hanno progetti individuali. Il fratello di Coniguliaro, Quinn, è attivo con lo pseudonimo di Eyeless Owl, mentre il chitarrista Alex Verbickas con Amnoliac Teastone ed entrambi sono un prolungamento del prog psych-fusion già sperimentato con i SCC. Ma non è finita qui, poiché i tre sono attivissimi in molteplici progetti che si possono trovare su Bandcamp e raccolti sotto l'etichetta Mogul Intermissions.
 

 

Casey Sabol è l'ex cantante dei Periphery che lo scorso anno ha debuttato come solista con l'EP Getting Dark, ma era comunque comparso nelle vesti di ospite nei lavori di JIA e Being. Piuttosto interessante e curata la svolta che ha preso la sua carriera, ribadita con l'ultimo singolo Still Innocent, con un mix di arena rock anni '80, hard patinato in stile Whitesnake e qualche sussulto prog.
 
 
 
I Navian sono tre musicisti norvegesi che nel loro EP di esordio Reset si ispirano a band djent, prog, fusion che hanno la chitarra come punto d'attrazione, nella medesima scia virtuisistica di Animals As Leaders, Plini, Intervals e Polyphia.

 

Altro trio strumentale norvegese è quello degli Addiktio formato da Håkon Sagen (chitarra), Ruben Fredheim Oma (basso) e Thomas Gallatin (batteria) che suonano un tipo di progressive contaminato da elettronica e fusion.

 

Ossi Maristo è un talentuoso chitarrista finlandese che fa il suo esordio con Arc. A tratti ricorda la funambolica visione prog fusion di Lyle Workman calata nel contesto jazz di Pat Metheny.

lunedì 1 novembre 2021

Porcupine Tree - Harridan (single, 2021)


I criptici messaggi lanciati qualche giorno fa nella pagina ufficiale dei Porcupine Tree hanno oggi trovato conferma nell'annuncio di una reunion del gruppo, ma solo con Gavin Harrison, Richard Barbieri e Wilson (senza Colin Edwin al basso, sostituito da Nick Beggs) e un nuovo album dal titolo Closure/Continuation in uscita il 24 giugno 2022, anticipato dal singolo Harridan.

“’Harridan’ and a few of the other new songs have been in play since shortly after the release of The Incident. They initially lived on a hard drive in a slowly growing computer file marked PT2012, later renamed PT2015, PT2018, and so on. There were times when we even forgot they were there, and times when they nagged us to finish them to see where they would take us. Listening to the finished pieces, it was clear that this wasn’t like any of our work outside of the band – the combined DNA of the people behind the music meant these tracks were forming what was undeniably, unmistakably, obviously a Porcupine Tree record. You’ll hear all of that DNA flowing right through ‘Harridan’.” 

Closure/Continuation is a seven-track album (the track listing hasn’t been revealed) and will be available on CD, 2LP black vinyl, 2LP blue vinyl, cassette and as two limited edition box sets (3LP or 2CD+blu-ray). The limited edition 3LP box is a 45RPM pressing on audiophile approved crystal clear vinyl and includes two bonus tracks. The 2CD+blu-ray deluxe set includes three bonus tracks, instrumental versions, 5.1 and Dolby Atmos versions plus hi-res 96/24 stereo. This comes in a large format art book presentation. 

 https://porcupinetree.tmstor.es/