Dopo l'addio del cantante Daniel Tompkins, con il quale nel 2009 i First Signs of Frost produssero il seminale Atlantic, la band è stata in letargo fino al 2017 quando riemersero con l'EP The Shape of Things to Come presentandosi con il nuovo frontman Daniel Lawrence. Da allora sono passati altri cinque anni nei quali il duo di chitarristi composto da Owen Hughes-Holland e Adam Mason, unici sopravvissuti della formazione originale, hanno preparato il ritorno con un album (in pratica il secondo in carriera) che vede ancora un cambio di guardia al microfono, questa volta impugnato da Ronan Villiers.
venerdì 2 settembre 2022
First Signs Of Frost - Anthropocene (2022)
sabato 12 dicembre 2020
Daniel Tompkins - Ruins (2020)
Nel panorama prog metal il nome di Daniel Tompkins non ha certo bisogno di presentazioni, dato che il suo curriculum è quantomeno impressionante visti i progetti di spessore a cui ha preso parte durante la sua carriera. Tutto ciò grazie ad una voce versatile ed espressiva, molto apprezzata dagli addetti ai lavori e non. Dallo scorso anno Tompkins, dopo molto tempo sulla breccia, ha tentato per la prima volta la carta da solista con l'album Castles, indirizzandosi giustamente su una direzione diversa rispetto a quello a cui ci ha abituati con band come TesseracT, Skyharbor, Piano, First Signs of Frost o persino con la synthwave degli Zeta.
Ma Castles si cullava in un electro art pop intellettuale un po' scialbo a dire il vero e come album d'esordio non contribuiva a valorizzare Tompkins sia come autore che come interprete. Sarà forse per questo che il cantante è tornato sui propri passi e ha reinventato, ri-immaginato e stravolto le canzoni di Castles, rivisitandole su questo nuovo album Ruins, sempre comunque avendo al suo fianco il produttore e co-autore di Castles Eddie Head (Haji’s Kitchen). Già leggendo i nomi degli ospiti coinvolti - Paul Ortiz (Chimp Spanner), Plini e Matt Heafy (Trivium) - si capisce però che la volontà di Tompkins era ricongiungersi in parte con quel genere che gli ha dato popolarità e Ruins appare, più che una rilettura, un album nuovo di zecca.
Questa volta le atmosfere si fanno più metalliche ed oscure, l'elettronica non è scomparsa del tutto sposandosi bene con le chitarre djent, mentre la voce di Tompkins è libera di vibrare tra gli acuti più luminosi e gli scream più cupi e aggressivi. Quindi, anche se le tematiche e le liriche rimangono quelle di Castles, Ruins ha tutt'altro sapore tanto che persino i titoli dei brani sono stati cambiati. A ripensare la musica ci ha pensato in gran parte Ortiz, perciò Tompkins sapeva dove andare a parare per immettere nuovo smalto a composizioni originariamente animate da poco carattere.
Quanto stagnante e privo di vera emotività appariva Castles, tanto musicalmente più interessante e profondo, oltre che intriso di melodrammatica dinamicità, si mostra Ruins fin dalla prima traccia Wounded Wings. Ma se il principio da cui partiamo è quello già esposto, per il quale Ruins si distacca da Castles talmente tanto da diventare una prova a sé, forse è meglio giudicarli come due album distinti, senza confrontarli. E allora possiamo affermare che Ruins è una seconda opera riuscita, che questa volta rende giustizia al Tompkins solista.
giovedì 10 agosto 2017
First Signs of Frost - The Shape of Things to Come (2017)
Uno dei più importanti album dello scorso decennio che ha avuto il pregio di anticipare i tempi su quello che poi è diventato il djent odierno è stato, a mio modesto parere, Atlantic dei First Signs of Frost pubblicato nel 2009 dall'etichetta giapponese Zestone Records. Purtroppo, dopo quella prova il gruppo si è praticamente dissolto aspettando tempi migliori e, forse, soprattutto per cercare un degno sostituto per il ruolo di frontman. Infatti, il cantante di quella formazione fu nientemeno che l'ancora sconosciuto ma già bravissimo Daniel Tompkins. I due chitarristi superstiti della formazione originale, Owen Hughes-Holland e Adam Mason, si sono dovuti rifare da capo in una attesa che è durata ben sei anni. Nel 2015, infatti, il posto dietro il microfono viene finalmente rilevato da Daniel Lawrence (che ha militato nei Kinai e negli All Forgotten) e, insieme al bassista Andy C Saxton (Cry for Silence) e al batterista Alex Harford, Hughes-Holland e Mason hanno ridato vita ai First Signs of Frost. Il primo passo verso la rinascita è questo EP di cinque tracce, The Shape Of Things To Come, in uscita domani attraverso la Basick Records.
Tornando per un attimo ad Atlantic, per spiegare cosa aveva di così speciale quell'album, si può affermare che fu un primo mirabile esempio di come post hardcore, djent e progressive metal potevano interagire. Ogni brano di Atlantic potenziava i riff post hardcore con il tecnicismo del progressive, in più le maestose melodie si intrecciavano nei cumuli atmosferici del djent. Adesso, anche se di tempo ne è passato, The Shape Of Things To Come mantiene quella linea e di gruppi che suonano in questo modo probabilmente ne avrete già ascoltati a volontà, soprattutto riconosciuti nelle linee strumentali che appaiono molto in sintonia con i nuovi giovani dell'ondata djent/fusion. Se siamo arrivati fino a qui, però, una parte del merito va senz'altro attribuita ai First Signs of Frost e il loro ritorno non può che segnare una buona notizia per il genere. The Shape Of Things To Come ripresenta una band attenta a tecnica e cuore con un pugno di brani melodicamente accessibili anche a chi non mastica di djent, grazie a qualche influsso nu metal che in questa sede sostituisce il post hardcore. Un EP di rodaggio forse, ma sicuramente di gran classe.
lunedì 10 novembre 2014
Due colpi da maestro per Dan Tompkins: Piano "Salvage Architecture" e Skyharbor "Guiding Lights"
Click Here for Salvage Architecture full stream
A meno di due mesi di distanza è appena stato pubblicato il secondo album dei succitati Skyharbor, Guiding Lights. Devo dire che non sono stato un fan del precedente Blinding White Noise: Illusion & Chaos e, forse, proprio per questo Guiding Lights mi ha sorpreso positivamente per la sua svolta. A parte il gradito abbandono da parte di Tompkins delle cosiddette harsh vocals, l'album è un possente catalizzatore di melodie prog metal che unisce tecnicismi e ambient atmosferico con lo stesso equilibrio. La prima traccia Allure, ad esempio, contrappone ad una prima parte energetica, una seconda molto spaziale ed eterea. Ma il valore aggiunto di Guiding Lights è di non sconfinare mai nell'esagerazione e nelle trappole pacchiane del genere, pur mantenendo un alto livello di riff brutalmente djent. Ciò accade, tipo su Evolution e alla bellissima Kaikoma, grazie ad un alone quasi mutuato dall'AOR che attenua la pesantezza del metal in favore di progressioni melodiche molto suggestive.
Questo post cumulativo è per dire che le produzioni di Tompkins di quest'anno raggiungono tranquillamente l'eccellenza. Due album da non perdere.
Bonus Track;
Altro gruppo nel quale in passato ha militato Tompkins sono i First Signs of Frost con i quali pubblicò il solo Atlantic nel 2009 sempre per la giapponese Zestone Records. Anche se è un vecchio disco, lo voglio citare a margine di questi due album dato che l'ho scoperto questa estate ed è diventato uno degli album che sto ascoltando di più in questo momento.
Atlantic non ebbe purtroppo i riconoscimenti che si meritava. Invece fu un primo mirabile esempio di come post hardcore, djent e progressive metal potevano interagire. Ogni brano di Atlantic potenziava i riff post hardcore con il tecnicismo del progressive, in più, le maestose melodie, si intrecciavano nei cumuli atmosferici del djent. Tompkins si lasciava andare a brutalità vocali hardcore, oppure più spesso abbracciare armonie epiche.
In un certo senso lo vedo come un precursore di Salvage Architecture.