venerdì 29 settembre 2023

Steven Wilson - The Harmony Codex (2023)


E' incredibile come ogni nuova pubblicazione del "genio" Steven Wilson, da quando la sua fanbase si è compattata in un manipolo di fanatici, venga annunciata alla stregua di un secondo avvento di nostro signore Gesù Cristo, oltre a paventare nuovi e rivoluzionari orizzonti musicali finora mai raggiunti. Con il senno di poi, i due controversi capitoli della sua discografia To The Bone e The Future Bites, a parte il clamore iniziale, si sono incartati sotto il peso della loro stessa ambizione, mostrando una versione di pop e art rock fredda, scostante e inconcludente, ovvero tutto il contrario di ciò che il pop dovrebbe essere. Riguardo a questo argomento il fanatismo di cui sopra mi pare abbia guidato ad aggredire chiunque si sia azzardato a criticare la nuova direzione di Wilson, liquidandolo come un ascoltatore dalla visione ristretta, incapace di accettare cambiamenti poiché vorrebbe solo che il suo idolo si concentrasse sul prog rock. Personalmente in passato mi è capitato di criticare più volte Wilson, non perché ha il sacrosanto diritto di ampliare e cambiare genere, ma perché non reputo la sua scrittura altrettanto efficace in questi ambiti. L'immagine che ne viene fuori è quella di un personaggio che vorrebbe essere moderno e adatto alle masse, ma allo stesso tempo intellettuale, sperimentale e artisticamente più elevato. E in tale campo avviene il corto circuito.

Questi due aspetti non si conciliano bene nell'universo wilsoniano e forse deve averlo capito anche lui visto che, prima con il ritorno dei Porcupine Tree e ora con The Harmony Codex, cerca di ripercorrere i propri passi. Il fatto stesso che il suo ultimo sforzo discografico venga celebrato in modo quasi unanime come un netto passo avanti rispetto alle due opere precedenti la dice lunga sulla considerazione di cui godono attualmente. Come annunciato The Harmony Codex è un album piuttosto eterogeneo nella sua forma, forse non caotico come Insurgentes, ma l'ambizione di mostrare le proprie capacità nell'uso dell'elettronica e della versatilità timbrica è la medesima, solo amplificata all'ennesima potenza. Ormai sappiamo tutti che Wilson è diventato un mago dello studio di registrazione e The Harmony Codex sonicamente è il suo capolavoro. Tanto che, anche qui, commette il solito errore: se prima la sfrenata voglia di deviare in territori pop aveva offuscato la qualità delle composizioni, adesso la cura maniacale riservata all'architettura sonora ha preso il sopravvento rispetto all'impegno della scrittura. Raramente nella discografia di Wilson si sono ascoltate delle canzoni piatte e scialbe come Economies of Scale, Rock Bottom e What Life Brings, tutti e tre singoli nei quali, a livello di idee armoniche, succede poco o niente, la dinamica delle svolte viene ridotta all'osso e che di certo non hanno aiutato ad intensificare l'hype per l'uscita dell'album. L'unico elemento che riesce a dare un po' di spessore ai brani risiede nel gran lavoro che enfatizza l'attenzione sui dettagli sonori. E' per questo che con The Harmony Codex Wilson si certifica come gran "valorizzatore" piuttosto che come un autore di spessore. Comunque non si discute che anche in questo modo è lecito trasmettere emozioni, ma nell'insieme è come se ci regalasse un bellissimo pacchetto a livello estetico, il cui contenuto però non è all'altezza dell'involucro e delle aspettative.

Tra i pezzi più lunghi invece spiccano Inclination e Impossible Tightrope, dei veri e propri puzzle memorabili dove si intuisce che Wilson si sia divertito a dare sfogo alla propria frenesia prog, nei quali l'abbondanza di ardite sovrapposizioni di elettronica trascendentale alla David Sylvian, psichedelia cosmica alla Ozric Tentacles (oltre ai soliti Pink Floyd) e qualche sprazzo art rock jazz alla No-Man (non a caso su Impossible Tightrope ritroviamo il vecchio compagno di Wilson Ben Coleman al violino) fanno capolino in una tavolozza composita di interconnessioni timbriche. Gli altri due brani dilatati dell'album sono ben differenti. La title-track, ad esempio, non avrebbe sfigurato in un'opera dei Bass Communion, plasmata com'è in un'estesa e reiterata serie di arpeggi "synthetizzati" che prende i principi del minimalismo e li applica alla fredda estetica del krautrock (facendo comunque a meno dei proverbiali beat). Anche Staircase si basa su pulsazioni percussive e dei pattern di sintetizzatore che avvolgono tutto in un clima oppressivo e dark, mantenendo questa impostazione per più della metà della sua durata (9:27) e spegnendosi lentamente in una coda di accordi di piano incrociato a tastiere e synth. Nulla di trascendentale o indimenticabile, ma un pezzo mediamente interessante che non coinvolge molto a livello emotivo. Come del resto pure le rimanenti Time is Running OutBeautiful Scarecrow e Actual Brutal Facts che assomigliano più ad esperimenti sonori per audiofili che a canzoni.

Penso che la maggior parte degli ascoltatori (me compreso) possa solo immaginare come suoni l'album nella sua veste sonora "immersiva" nel modo in cui lo ha originalmente inteso Wilson. Sicuramente la resa sarà spettacolare per apprezzare ancora di più ogni sfumatura dinamica, anche se credo che alla fine, tirando le somme, la morale rimanga invariata: The Harmony Codex è un'opera dove la forma soverchia prepotentemente la sostanza. L'ultima riflessione (o meglio, domanda retorica) che mi ha fatto sorgere The Harmony Codex sul coniugare in modo efficace sperimentazione sonora prog e accessibilità pop è: se questo è genio, cosa è Falling Satellites dei Frost*?

 

sabato 23 settembre 2023

Nuove edizioni dei libri sul progressive rock














Qualche tempo fa mi sono ritrovato con un certo numero di articoli e interviste non usati per il blog ai quali mi sarebbe piaciuto dare una collocazione al fine non disperderli. Il libro Altprogcore mi è sembrato subito un valido mezzo per contenerli, dato che gli argomenti affrontano gli stessi territori. Durante la loro catalogazione ho constatato che qualcosa sarebbe potuto stare bene anche nelle guide sul progressive rock da me scritte tra il 2009 e il 2011, che storicamente coprono gli anni che vanno dal 1976 al 2010. Così, in vista del quindicesimo anniversario di altprogcore (29 novembre), ho ritenuto mettere un punto fermo non solo per integrare i libri, ma approfittare dell’occasione per fare un’opera di rinnovo della grafica e del formato. La maggiore espansione l’ha avuta ovviamene il libro Altprogcore - dal Post Hardcore al Post Prog con l’aggiunta di due capitoli inediti più alcune integrazioni varie e interviste. 

Negli altri tre Guida al Nuovo Progressive Rock 1990-2008, Il Progressive Rock Nell'Era del Punk e della New Wave e After the Flood - Progressive Rock 1976-2010, sono state aggiunte, per ognuno alcune espansioni che possano così giustificare una nuova e definitiva edizione. Facendo ciò mi è piaciuta anche l’idea di dare una nuova veste grafica a tutti i libri, in questo caso una che li accomuna come fossero parte di una collana e, per la prima volta renderli, tutti disponibili anche in formato Ebook. 

Una postilla. L’aumento del prezzo della carta e del numero di pagine ha fatto lievitare un po’ i prezzi. Da parte mia ho cercato di mantenere la parte spettante all’autore più bassa possibile, però se volete risparmiare qualcosa, anche sulle spese di spedizione, potete acquistarli direttamente da me tramite il blog. Altrimenti trovate tutte le informazioni al link seguente: 

mercoledì 20 settembre 2023

The Dear Hunter - Act I Live + Migrant Returned


Nel 2021 i The Dear Hunter suonarono due speciali live stream video in studio reperibili esclusivamente tramite il loro canale Pillar, dove eseguirono per intero gli album Act I: The Lake South, the River North e Act II: The Meaning of, and All Things Regarding Ms. Leading. Adesso la versione audio di Act I è stata pubblicata sia in versione digitale che in vinile, in futuro c'era anche il progetto di realizzare Act II ma al momento non si hanno notizie ufficiali. Oltre a questo, mentre il gruppo continua a lavorare a Sunya (il seguito di Antimai), il 6 ottobre verrà pubblicata in doppio vinile un'edizione speciale dell'album Migrant per celebrarne il decimo anniversario. 

Per l'occasione Casey Crescenzo è tornato in studio con il produttore Mike Watts, remixato le tracce in modo da dare loro un maggior istinto rock e rimodellato anche la scaletta dei brani, aggiungendo alla tracklist le sei bonus tracks che all'epoca erano state lasciate fuori e raccolte come b-sides nel mini box The Migration AnnexMigrant Returned invece che da Bring You Down come l'originale, è aperto da An Escape, pubblicato come singolo.

 

mercoledì 6 settembre 2023

Altprogcore September discoveries


Il gruppo della Florida flipturn si è formato nel 2015 come giovanissimo trio guidato da Dillon Basse (voce e chitarra), Madeline Jarman (basso) e Tristan Duncan (chitarra). Negli anni la formazione si è espansa a quintetto e, dopo tre EP ed una gavetta fatta di concerti che hanno affinato la loro arte dal vivo con spettacoli che hanno alimentato il passaparola, i flipturn sono arrivati lo scorso anno al primo album Shadowglow (del quale è da poco uscita una versione espansa). Il disco è un gioiello indie rock con atmosfere delicate ed energiche, con suoni stratificati quasi da dream pop che ricordano leggermente l'approccio sognante e solare degli Oh Malô. Molto consigliati.



Forse la più bella promessa di questo 2023, la band danese Press to Enter formata da Simon Laulund, Lucas Szczyrbak e Julie Jules Wiingreen, pubblicherà il primo album Form Mirror to Road il 24 novembre. Anticipato da due brani come Evolvage e Sky High Places, che sintetizzano uno spettacolare crossover tra math rock, synthwave, djent, pop, fusion e metal, il lavoro può sicuramente riservare piacevoli sorprese.



Per gli amanti del prog metal addizionato a molta melodia ed elementi elettroacustici potrà interessare l'uscita del terzo album in studio degli Advent Horizon A Cell to Call Home il 6 ottobre. Reduci dal precedente Stagehound, che risale addirittura al 2015, il gruppo promette di riprendere quel connubio in bilico tra Rush, Tiles e Porcupine Tree che aveva reso Stagehound una buona prova e rafforzarlo.



Interessante e divertente mix tra funk, metal e prog quello degli australiani Osaka Punch. L'ultima loro fatica Mixed Ape è forse il lavoro che riesce ad equilibrare al meglio l'incontro di queste influenze, con in più un atteggiamento scanzonato che ricorda quello dei conterranei Twelve Foot Ninja.



Altra band australiana, ma che suona un misto di shoegaze e dream pop, sono i Wayside, ovvero il duo Thomas Davenport e Josh Ehmer. Dopo l'esordio del 2021 Shine Onto Me, ben recensito dalla stampa australiana, i Wayside si apprestano a pubblicare il secondo album anticipato dai singoli Parallax Error e Asymmetry.



I Fistfight With Wolves sono un collettivo di otto musicisti di San Diego fronteggiato dalle cantanti Anastasya Korol e Latifah Smith e suonano un interessante incontro tra jazz canterburiano, zeuhl e RIO. Il breve album The Sheep That Eats The Wolf di recente pubblicazione è forse la loro miglior prova.



La cantante e chitarrista Pollyanna Holland-Wing della band inglese math pop FES fa il suo esordio come solista con l'EP OUCH!. Il singolo The Beach è sicuramente stuzzicante.