Il ritorno sulle scene dei The Mars Volta è stata forse la notizia più clamorosa dell'anno, una reunion attesa e richiesta da tempo, già da quando Omar Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler-Zavala avevano accontentato un'altra frangia di fan nel 2016, rimettendo assieme gli At the Drive-In e producendo un nuovo album l'anno successivo. Archiviata questa reunion, in molti si aspettavano che i due musicisti tornassero a ripercorrere anche i territori più sperimentali della band che, senza girarci intorno, ha definito i contorni di un nuovo modo di intendere il prog e ha influenzato decine e decine di artisti del nuovo millennio. La speranza di una reunion fu in parte confermata nel 2019 quando Bixler-Zavala accennò pubblicamente che i The Mars Volta stavano lavorando a del nuovo materiale, ma da quel momento non si ebbero più aggiornamenti sui progressi dei lavori, né se effettivamente questa cosa avrebbe preso corpo. Ad ogni modo, dopo il sodalizio di Rodriguez-Lopez con l'etichetta tedesca Clouds Hill di Johann Scheerer e la pubblicazione lo scorso anno del box antologico La Realidad De Los Sueños, il pianeta The Mars Volta si è improvvisamente rimesso in moto e, dopo una singolare presentazione a Los Angeles per il singolo Blacklight Shine, sono tornati con il primo album di inediti da dieci anni a questa parte. Il titolo eponimo, l'aspetto minimale della cover art, il totale ed inatteso accostamento a parametri pop, sono tutti elementi che portano a delineare i contorni di un nuovo capitolo per la band. In effetti la questione si presenta così non solo per ciò che riguarda l'aspetto musicale, ma anche quello concettuale, molto più complesso da raccontare, poiché racchiude nei suoi significati tutte le tribolazioni passate in questi anni.
Quindi partiamo proprio da questo. A livello biografico si può rintracciare un collante tra l'album che ha chiuso il primo capitolo del gruppo - Noctourniquet - e il nuovo The Mars Volta, cioè l'esperienza di Bixler-Zavala con il culto di Scientology, una parabola che ha influenzato umanamente e liricamente l'interruzione e la ripresa del progetto. Per chi conosce le tematiche esposte da Bixler-Zavala in un lavoro come Amputechture è alquanto difficile immaginarlo assoggettato ad una specie di pseudo religione ma, come spesso avviene, è nei momenti in cui ci troviamo più deboli e vulnerabili che siamo disposti ad affidarci a qualsiasi bugia o promessa pur di tornare alla normalità. In pratica Bixler-Zavala intorno al 2010 stava attraversando un periodo di grande crisi personale, non riusciva a fare a meno di fumare una gran quantità di marijuana, più volte al giorno, e a rendere tutto più deprimente contribuì la gravidanza interrotta della moglie Chrissie Carnell. Fu proprio quest'ultima a consigliare al cantante di rivolgersi a Scientology (da cui lei era uscita nel 2004) come ultimo tentativo per un cambiamento. Bixler non negò la consapevolezza della controversa decisione: "La reazione che ho ricevuto dalle persone è stata tipo 'come hai potuto... qualcuno che fa parte della musica d'avanguardia... come hai potuto innamorarti di una cosa così stupida?' Ma ero arrivato a un punto in cui volevo provare qualcosa di diverso e provare qualcosa che la gente mi diceva di non fare. Le affermazioni di Scientology mi avevano davvero incuriosito e volevo scoprire com'era effettivamente." La crisi si protrasse comunque nel 2011, drenando la forza creativa di Bixler, il quale portò a termine con fatica le sue parti per Noctourniquet e contribuendo a minare l'amicizia fraterna che lo legava a Rodriguez-Lopez, sfociando nella dissoluzione dei The Mars Volta nel 2013. Le cronache riportano inoltre che nel precipitare degli eventi ne fece le spese anche il rapporto tra Rodriguez-Lopez e il bassista Juan Alderete, interrompendosi in termini non proprio amichevoli. E forse è per questo che The Mars Volta vede il ritorno di Eva Gardner, la bassista originale della band.
Come sappiamo Rodriguez-Lopez e Bixler-Zavala riallacciarono i rapporti poco tempo dopo, ma l'influenza di Scientology, oltre ad essere presente nelle liriche di Noctourniquet, è rimasta parte integrante anche su The Mars Volta che, come un album specularmente opposto, parla adesso dei traumi lasciati da quell'esperienza e del conseguente effetto di rigenerazione, diventando quasi una metafora di come i due amici sono cambiati nel tempo, umanamente e musicalmente. Bixler-Zavala, fin dai tempi degli At the Drive-In, si è servito di un lessico personale fatto di parole inventate, giustapposizioni e cut up. In Noctourniquet il frontman integrò questa pratica con idiomi appresi dai libri di L. Ron Hubbard che sembravano fatti apposta per lo scopo: “Era piuttosto palese nei miei testi. Stavo usando termini di Scientology che pensavo fossero davvero fighi e interessanti. Hubbard aveva un linguaggio unico, e io ero davvero interessato a quel fraseggio e a quella terminologia. Ero già un fan della fantascienza ed ero davvero incuriosito da espressioni come "comm lag" e "Dev-T". I fan mi criticarono parecchio, ma io li bloccavo o semplicemente non li ascoltavo." Il nuovo album, al contrario, ha fatto tabula rasa di tale espediente e per la prima volta utilizza testi che non fanno ricorso a idiomi surrealisti o vocaboli indecifrabili. Ma i legami con Scientology rimangono metaforicamente nei temi affrontati, come una specie di antitesi a Noctourniquet, accennando anche a dolorosi episodi personali, come ad esempio la scoperta postuma da parte di Bixler-Zavala degli abusi subiti da sua moglie da parte dell'attore ed ex fidanzato Danny Masterson, quando ancora entrambi facevano parte del culto. Il riverbero di questi fatti risuona anche nelle liriche di Blacklight Shine e Vigil, due dei primi singoli ad essere stati resi pubblici in anteprima.
In passato sia Bixler-Zavala sia la Carnell sono stati entrambi molto aperti nel raccontare i dettagli di questi avvenimenti e le conseguenze che hanno generato atti intimidatori, persecuzione e paranoia. Al momento invece, con un processo in corso che vedrà la Carnell insieme ad altre tre donne che testimonieranno contro Masterson, Cedric è molto più cauto con le parole, anche se non fa mistero che i testi parlano proprio di queste vicende come per esorcizzarle: "Quello di cui ho scritto in questo album è guardare mia moglie e le sue sorelle [spirituali] passare attraverso un grande tormento. Per me è un atto di ascolto, un'osservazione del bilancio emotivo e dire: 'Non siete sole'. C'è una visione sui Mars Volta che ci dipinge come persone pazze e bellicose, ma quelle emozioni provengono da un lato violento del cuore umano, qui sto solo agendo in una veste di supporto emotivo."
"Un album pop per due, grazie" |
La cosa più curiosa di questo album su cui ci si dovrebbe soffermare, oltre al risultato in termini artistici e qualitativi, è come porsi nei suoi confronti in prospettiva al contesto formale che oggi gli artisti cercano di attribuire ad ogni opera. Detto in parole povere, fa molto strano vedere inserito questo lavoro in continuità col catalogo The Mars Volta, quando il panorama musicale contemporaneo ci ha abituato ad autori che, nel momento in cui sentono l'impulso di una variazione radicale rispetto alla loro poetica, si dedicano ad un nuovo progetto. A maggior ragione quando si parla di un musicista come Rodriguez-Lopez nella cui sterminata discografia si trovano numerose derive e ramificazioni. Questo per dire che qui ci troviamo su coordinate non solo distanti, ma proprio fuori traiettoria rispetto al punto di partenza. Con il senno di poi, tanto per dire, non sarebbe stato inopportuno includere nel filone Mars Volta anche l'unica opera uscita a nome Antemasque. Con ciò non si vuole disapprovare il cambiamento, tutt'altro. Per gli stessi Mars Volta è stata consuetudine esporsi a trasformazioni ed evoluzioni in dieci anni di carriera, tant'è che ogni loro album è diverso dall'altro e quest'ultimo non inaugura certo una prassi inedita per loro. Il punto è semmai un altro, ovvero la totale perdita dell'essenza di ciò che possiamo ricondurre ai The Mars Volta.
Se il cambiamento avviene all'interno di qualcosa di già avviato e consolidato dovrebbe pur sempre mantenere un minimo legame stilistico con esso. Ecco quindi che la cosa più inspiegabile di questo album è perché porti il nome dei The Mars Volta. Nella sua evoluzione e nei mutamenti la band è sempre rimasta fedele a stilemi estetici ben riconoscibili e riconducibili al loro nome, cioè un'idea massimalista e ipercinetica di prog e hardcore, caratteristica di un'identità talmente potente e radicata a livello sonoro che ha costituito le fondamenta della cifra stilistica della band. Ciò che si contesta non è quindi tanto lo spostare l'attenzione verso una legittima esplorazione del pop rock, ma piuttosto non averla realizzata nei termini tracciati facendo uso dello stesso linguaggio, degli stessi parametri coerenti con il retaggio, a suo a suo modo rivoluzionario, lasciato sia in campo post hardcore sia in campo progressive. In partica un procedimento di equilibrio non molto dissimile da ciò che in passato riuscirono a conseguire gli Yes con 90125 o i King Crimson con Discipline, ma anche i Genesis con Duke piuttosto che con Invisble Touch. In effetti Bixler-Zavala ha accennato ad una volontà del genere, citando come esempio David Bowie e Peter Gabriel nella ricerca di quella "zona grigia" che si crea nel mantenere un'etica prog all'interno di confini pop. Al contrario, Rodriguez-Lopez ha giustificato la brusca metamorfosi del gruppo come conseguenza e rigetto ai tre anni di tour con gli At the Drive-In: "Suonavamo tutti i giorni molto più velocemente e in modo più aggressivo che con i Mars Volta. Quando il tour si è concluso volevo fare qualcos'altro, perché ero saturo di quegli strumenti... due chitarre, le percussioni e la voce di Cedric che combattevano sulla stessa frequenza. Per me l'entusiasmo per la nuova direzione è fare ciò che non abbiamo mai fatto: ridurre le cose e produrre la nostra versione del pop. E infatti, i primi frammenti di canzoni che Rodriguez-Lopez sapeva già che avrebbero fatto parte di The Mars Volta, emersero durante le sessioni di in•ter a•li•a. Una volta terminati i demo il chitarrista ha raggiunto a Los Angeles Bixler-Zavala per registrare le parti vocali utilizzando uno studio portatile in cui la testa del cantante era chiusa ermeticamente con una cerniera lampo all'interno di una scatola mentre registrava, per garantire una performance più intima. Dopodiché si è trasferito a New York dove ha registrato la versione finale dei brani con l'aiuto di Marcel Rodríguez-López (tastiere), Eva Gardner (basso) e Willy Rodriguez Quiñones (batteria).
Ovviamente nessuno pretende che il dinamico duo Rodriguez-Lopez/Bixler-Zavala sforni un album innovativo dopo l'altro, ma The Mars Volta è, su un piano meramente formale, l'esatto opposto di quanto negli anni questo progetto abbia consolidato riguardo l'attitudine di approcciarsi in modo spregiudicato e senza compromessi a vari stilemi. Quindi, dal punto di vista espresso da Rodriguez-Lopez, l'obiettivo è stato pienamente raggiunto, mentre per ciò che riguarda l'ambizione trasversale descritta da Bixler-Zavala il risultato appare più discutibile. Non si crei perciò l'equivoco che il soggetto in questione sia il pregiudizio mascherato da critica per il passaggio da prog a pop, ma riguarda come sempre la bontà e la qualità del songwriting. The Mars Volta ha indubbiamente dei momenti interessanti al suo interno però, considerato nella sua totalità, offre un electro pop oscuro e nebuloso, con un impiego della dinamica sonora appiattito e un senso di approfondimento delle tracce irrisolto, molto spesso queste si concludono in modo brusco e improvviso dando l'impressione che non siano state sviluppate a dovere. Anche se la scelta artistica è indirizzata ad un'esposizione strutturale lineare non avara comunque di dettagli che si svelano dopo alcuni ascolti, la percezione che viene trasmessa è quella di un taglio sbrigativo che in prospettiva soffoca la canzone stessa. Per ciò che riguarda l'aspetto strumentale Rodriuguez-Lopez non solo lavora di sottrazione, ma l'amalgama del sound nel suo insieme e così intimo ed essenziale che il timbro di ogni strumento appare un artefatto generato al computer. Si potrebbe quasi affermare che la coerenza nel perseguire questa estetica segna in modo indelebile l'identità sonora dell'album. L'utilizzo degli strumenti è talmente soft e minimale da sembrare una produzione da bedroom pop ed è la batteria (che in passato rivestiva un ruolo di primo piano) a farne le spese più evidenti, rimanendo talmente sullo sfondo che in alcuni episodi la sua verve non è differente da quella di un'anonima drum machine programmata, pur sapendo che dietro alla ritmica abbiamo il lavoro esperto di Rodríguez Quiñones. Anche la chitarra assume connotati meramente decorativi e si deve piegare alla supremazia di tastiere, synth e varie tipologie di piano elettrico che si accavallano, sposando i groove ritmici funk, dance e R&B o pennellando proprio le fondamenta di un sound design ovattato e viscoso che si muove tra l'ambient astratto/sofisticato e il soft rock adulto con velleità intellettuali.
Naturalmente anche i The Mars Volta non sono esenti dalle fascinazioni anni '80, ma il loro è un approccio differente, più aristocratico, quasi da bollarlo come "smooth pop" per quell'aura elegante e sofisticata - ma algida - propagata da tracce come il lento da dancefloor Shore Story e il pulsante loop ipnotico di Flash Burns from Flashbacks che ben si adatterebbero alle atmosfere edonistiche di "Miami Vice". Quella dei The Mars Volta è infatti spesso l'equivalente di una narrazione sonora per lente immagini in movimento, adatta più ad un sottofondo soffuso d'atmosfera (ovvero muzak) che ad un ascolto attivo e coinvolgente (vedi Blank Condolences e Cerulea). L'apice di questa patinata evanescenza da videoclip è toccato prima dal singolo Vigil, altro romantico e mellifluo lento danzabile che per il suo incedere garbato è la cosa più lontana rispetto ai Mars Volta di un tempo, e poi da Palm Full of Crux (dedicata all'ex membro e amico Jeremy Michael Ward morto per overdose nel 2003), una ballad nella quale si scorgono sax, mellotron e abbellimenti jazz di piano affogati in un mare soul pop che pare una versione muzak dei King Crimson di Islands. The Requisition in chiusura è l'unica traccia a ricordarci vaghi echi di chi erano i The Mars Volta, il suo coniugare transizioni non ortodosse, arpeggi obliqui e groove minacciosi con melodie sull'orlo della tensione è uno sguardo alle potenzialità di un album che avrebbe potuto osare un po' di più, ma che anche in questo caso rimane intrappolato in una produzione apatica che disinnesca ogni tentativo di alzare l'asticella verso una qualsiasi opportunità di creare emozione.
Insomma i nostri sono cresciuti - uno cerca di essere un padre e marito responsabile e l'altro esegeta delle proprie radici portoricane con velleità storico-documentaristiche (come si evince dai video promozionali dei singoli) - e The Mars Volta avrebbe l'ambizione di inaugurare il periodo "maturo" del gruppo, affrontato quasi come una metafora di purificazione per esorcizzare le varie vicende che hanno minato la stabilità della band. Ora, facendo della facile ironia, si potrebbe insinuare che manca quel quid che ha contribuito a plasmare i primi capolavori dei The Mars Volta, De-Loused in the Comatorium su tutti, ovvero il co-autore non dichiarato di molte opere memorabili che costellano la storia del rock: la droga. Ma il problema di fondo rimane essenzialmente il medesimo che a suo tempo rintracciai su Notourniquet: la produzione di Rodriuguez-Lopez. Il chitarrista non deve più dimostrare di essere un autore ispirato e geniale, ma quando si tratta di scendere nei dettagli per valorizzare il proprio materiale rimane su un piano neutro ed asettico che non dona un adeguato carattere alla sua musica. Tornando al discorso sui progetti paralleli invece, al di là del risultato, non c'era bisogno di scomodare la sigla prestigiosa The Mars Volta, ma l'album avrebbe potuto benissimo fare da apripista ad una nuova avventura musicale. Evidentemente la prospettiva è cambiata a come riporta Bixler-Zavala: "Ci abbiamo lavorato in segreto per molto tempo ormai. Omar ha detto che i Mars Volta possono essere qualunque cosa vogliamo che siano, il che è stato rigenerante in quanto stabilisce i parametri sul non essere una band attaccata al passato e che si affida a vecchie canzoni. Possiamo ridefinire ciò che siamo e andare avanti. La nostra sensazione primaria era che tutto fosse possibile e ora, ancora una volta, lo è." In ogni caso, bentornati.