martedì 14 febbraio 2017

The Grand Silent System: ricercati, ufficialmente morti


Facendo una breve ricerca su Google si trovano ben poche notizie sui The Grand Silent System, una band così oscura e poco conosciuta da non avere neanche qualche articolo di approfondimento a lei dedicato. Proprio per rimediare a tale ingiustizia e colmare una lacuna, per quello che mi è possibile, ho pensato di presentarli a chi eventualmente ancora non li conoscesse e dare così più visibilità a un gruppo che, se fosse insieme ancora oggi, probabilmente riscuoterebbe grandi consensi nell'ambiente del progressive rock. C'è infatti il piccolo particolare che i The Grand Silent System si sono disciolti ormai dieci anni fa, ma il loro lascito (due EP e due full length) è di una rilevanza e modernità talmente eccellente che se ascoltato in questo momento non perderebbe un briciolo del fascino che poteva avere all'epoca della sua pubblicazione. Purtroppo tutto il materiale è da tempo fuori catalogo e non è mai stato caricato su Bandcamp e pure l'esoterismo dei The Grand Silent System non aiuta a trovare molti risultati su Youtube di buona qualità audio, ma qualcosa è iniziato ad emergere su Spotify.

Come altre grandi band contemporanee i The Grand Silent System provengono dall'Australia e si formarono nel 1999 nell'area di Latrobe Valley, trasferendosi poi in seguito a Melbourne. Il gruppo offrì un personale impasto e prospettiva su vari generi che andavano dal prog al jazz, dal funk e world music alla classica e, uniti assieme, davano origine ad un sound unico paragonato ad artisti altrettanto singolari nella propria sfera come Dredg, Tool, Porcupine Tree e The Mayan Factor. La scena musicale del paese accolse Sean Albers (voce, percussioni), Daniel Calabro (chitarra), Ben Rejmer (tastiere), Craig Moren (basso), Ben Hellmig (batteria) e Karen Heath (flauto, sassofono, clarinetto) con grande entusiasmo, almeno è ciò che riportano le cronache e ciò che accade tra coloro che riuscirono ad assistere ai concerti del sestetto, il quale all'epoca era solito accompagnare in tour molti act alternativi australiani, dando prova della propria potenza e dinamica.



I due EP 1 (2000) e They Who Built (2001) sono i primi esempi di un sound ancora in crescita che presenta già gli elementi distintivi del gruppo e che poi evolveranno in maniera considerevole. Sono presenti in fase embrionale il funk metal (The Graveyard Song, Robotics), il prog (Okinawa Beatles), il jazz (Livin' Off) e chamber rock (La Macchina) tra pezzi originali e altri che verrano rivisitati.



Gift or a Weapon (2003), con Venting Etiquette, ha una delle più belle e imprevedibili aperture grazie ad un invasivo groove di synth che sembra trasportarci in ambienti elettronici e invece, con l'entrata della chitarra e del clarinetto, devia lentamente verso spazi progressivi e paesaggi sonori sconfinati che potrebbero essere nelle corde dei Big Big Train. All, con le sue spire mediorientali, si collega a quel rock atmosferico che una volta era prerogativa dei Porcupine Tree. Anche Stint the Obey e Space Whore si fanno carico di altrettante suggestioni etniche con qualche intervento metal la cui presenza taglia trasversalmente tutto l'album. Se la natura massiccia e secca di alcuni riff potrebbe richiamare alla mente i Tool la componente heavy che si viene a creare non è comunque preponderante. Le peculiarità sono piuttosto i fiati delle bravissima Karen Heath e le tastiere prog di Rejmer che si inseriscono in un contesto ambient rock ravvivandolo (si ascolti la funkeggiante ASSR e Seems) con contrappunti e tappeti sonori tra il sinfonico e il new age.



Everyone Lies Alone (2004) è un'altra eccellente prova che accentua i contorni da rock alternativo intellettuale alla Dredg con tratti memorabilmente equidistanti dalle deviazioni heavy di King Crimson e Tool (Anchor Smile, Champion). Quello che fa di Everyone Lies Alone un lavoro solido e senza sbavature è la combinazione e il consolidamento tra le spezie jazz elargite dai contrappunti della Heath e il sottostrato da progressive rock che portano la band a sfiorare quasi la scuola di Canterbury (la title-track, The Cantor Dust, Mrs.T in the Morning) e a dare un nuovo significato alla definizione di art rock.

>

Nessun commento: