Se una band, nata e diventata di culto per caso, torna dopo 17 anni di distanza dal primo LP, con grande accoglienza da parte delle scena alternativa statunitense, qualche ragione ci deve essere. Gli American Football si riunirono nel 2014 per una serie di concerti al culmine di un ritrovato interesse nei confronti di quel genere elusivo (ma non troppo) che è l'emo, quando si
assistette ad un vero e proprio revival del genere, certificato da ogni rivista, come se questo fosse
tornato redivivo dagli anni '90 per riprendersi ciò che gli spettava. La cosa si palesò
con il successo di alcuni artisti indipendenti facenti capo a etichette come Topshelf Records e No Sleep Records, poi attraverso la reunion e il tour dei Mineral e, infine, con i nuovi album in studio di Braid e
Owls (che pubblicarono Two a distanza di tredici anni dal primo omonimo
album).
Per quanto riguarda gli American Football, diedero vita ad una nuova concezione dell’emocore. Esso si consolidò infatti come una scena a sé stante negli stati limitrofi dell’Illinois e del Wisconsin, nell’area di Chicago, Champaign-Urbana e Milwaukee, soprattutto grazie alle numerose band formate dai tre fratelli Kinsella: Mike, Tim e Nate. L’importante peculiarità sviluppata da questo movimento – che fu talmente caratteristico nella sua forma da meritarsi l’appellativo di “midwest emo” – fu quella di avvicinare in un unico stile l’emocore e il math rock. Tra i pionieri del midwest emo ci furono i Cap'n Jazz che realizzarono un solo album nel 1995. Da qui seguirono i satelliti Joan of Arc, Owls, The One Up Downstairs, The Promise Ring e, in particolare, gli American Football che, anche loro con un solo album omonimo nel 1999, posero le basi per una nuova tipologia di math rock che sopperiva alla rigida freddezza del genere con venature malinconico-alternative mutuate dall’emocore e dal jazz. In particolare erano assenti le sferzate di energia dirompente a cui l’emocore si lasciava andare nelle parti più aggressive e il tutto si risolveva con molta melodia crepuscolare e progressioni armoniche derivate quasi dal prog. American Football fu un album che, in tal senso, influenzò e diede un nuovo impulso sia alle generazioni successive dell’emo, sia a quelle del math rock. Steve Lamos, Steve Holmes, Mike Kinsella tennero in vita gli American Football fintanto che rimasero al college, dopodiché ognuno andò per la propria strada, ma il passaparola fece diventare quell'album un successo di culto che negli anni ha preso sempre più vigore.
Eccoci quindi al secondo LP, di nuovo senza titolo e di nuovo con un'iconica foto di una casa nella cover, dove ritroviamo Lamos, Holmes, Kinsella e l'aggiunta del fratello Nate al basso. American Football (LP2) riporta in vita quegli intrecci peculiari di chitarra tra Kinsella e Holmes, i controtempi jazz di Lamos ma, come era logico aspettarsi, non possiede quella forza seminale del primo LP. Il fatto che gli anni siano passati non ha inciso sulla caratterizzazione dai forti connotati della musica del gruppo, più che
altro è evidente che alcuni brani possono essere percepiti come un affine residuo proveniente dall'alter ego di
Kinsella, Owen (che, a proposito, se non ne aveste abbastanza, ci ha omaggiato proprio quest'anno con il nuovo The King of Whys), o come alcuni cavalchino bene l'emo revival di marca Into It. Over It. (Desire Gets in the Way). Forse non tutti i brani brillano come dovrebbero (I Need a Drink (or Two or Three), Everyone Is Dressed Up), ma la malinconia emo degli American Football è ancora lì, intatta, e quando si schiudono le dolci note arpeggiate di Where Are We Now? è impossibile non farsi venire in mente le parole del poeta "...e il
naufragar m'è dolce in questo mare". I testi di Kinsella sono tra quelli più efficaci, profondi e semplici allo stesso tempo per descrivere uno stato malinconico, una cosa che riesce a farti empatizzare con lui anche se sei di buon umore. Eppure ti ritrovi a pensare quanto ti facciano star bene le arie estremamente depressive (nelle intenzioni, ma non nel sound) di My Instincts Are the Enemy, I've Been So Lost for So Long e Give Me the Gun. Questo è l'emo, quello vero.
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