Arrivare a produrre come debutto un album di chamber pop con velleità jazz e prog non deve essere certo un’impresa da poco. Figuriamoci intensificare al massimo le potenzialità dell’aspetto compositivo in modo da includere parti per orchestra, rinunciando quasi del tutto alla classica strumentazione rock di chitarra, basso, batteria, sviluppare i brani come lunghe suite attraverso una varietà timbrica che sfrutta le varie peculiarità di ogni strumento. Tutto ciò lo si trova in star, star, opera prima della compositrice Mingjia Chen (nata a Pechino ma residente a Toronto), un doppio album che definire ambizioso sarebbe riduttivo.
Il talento multivalente di Mingjia si manifesta come cantante, strumentista, illustratrice, insegnante e infine autrice di tutto il materiale contenuto su star, star, che è il suo vero primo album, anche se è attiva in altri progetti musicali (tra cui un duo electropop con Ryan Galloway dei Crying) e ha già realizzato un paio di EP - che sembrano una prova generale per il mastodontico debutto -, uno dei quali con la partecipazione della Tortoise Orchestra, un ensemble neoclassico formato da tredici elementi da lei fondato e presente anche su star, star.
E quindi chamber pop si diceva, anche se l'incasellamento non rende giustizia all'imponente architettura dei brani. Mingjia si spinge oltre l’imbrigliamento della forma canzone, perché il suo impressionante livello compositivo allarga lo spettro alla classica moderna e al jazz della third stream in modo formalmente libero. C’è chi potrebbe confondere e catalogare la musica di star, star affine ai canoni del musical o delle colonne sonore (a tratti), ma il grado di sperimentazione l’allontana da tale paragone, poiché gli articolati contrappunti, le spericolate armonizzazioni e la propensione per l’artificio avant-garde ne legano la natura a certi ambiti prog e ai delicati equilibri melodici della scuola di Canterbury.
Nella sua ricchezza di materiale raccolto in un'estesa durata di settantasette minuti, è incredibile notare come star, star non contenga un attimo di cedimento qualitativo. Ogni traccia ha qualcosa da offrire in termini di sorpresa e meraviglia, tanto che il minutaggio non risulta mai pesante, alimentando e giocando con la nostra curiosità nell'attesa dell'inaspettato. Nel momento in cui si progetta un'opera di tali proporzioni il rischio di schiantarsi contro la stucchevolezza, eccedere nello sfoggio di virtuosismo fine a sé stesso o annegare nella pretenziosità è altissimo. Mingjia non fa nulla di tutto ciò, dalla sua musica traspare sincerità e passione che annullano i pericoli di condurre gli arditi arrangiamenti fuori controllo e in territori di sterili barocchismi.
1 commento:
Quest'album è riuscito a coinvolgermi e sorprendermi per tutto il tempo, sia a livello che cerebrale che soprattutto emotivo, come non succedeva da un po' su questo genere di sonorità (a memoria direi Bent Knee e Firefly Burning).
Grazie davvero per avermi fatto scoprire "star,star" e le sensazioni che mi ha trasmesso.
Posta un commento