C'è il progressive rock, c'è il prog metal, c'è il post rock, c'è il djent, c'è il symphonic metal e poi ci sono gli Earthside, che stanno a tutte queste cose come un cinema IMAX sta ad una normalissima sala d'essai. Un'equivalenza fatta non per affermare la loro superiorità rispetto a tutti gli altri a livello qualitativo, ma per evidenziare l'effettivo approccio unico alla materia. Agli Earthside non interessa fare sfoggio di virtuosismi per dare spettacolo, non interessa utilizzare la multitematicità per dipanare lunghe suite nel modo più complesso possibile, non interessa fondare i pezzi su graduali crescendo emozionali e infine non interessa sfruttare i barocchismi neo classici applicati al metal come scorciatoia alla magniloquenza. Il proposito degli Earthside sembra essere creare dei mondi sonori tridimensionali dove la somma delle parti è più importante del singolo, o meglio, funzionale alla visione d'insieme.
Per fare un esempio, se prendete tutti i maggiori dischi di prog metal/djent usciti quest'anno, vi accorgerete di come gli Earthside facciano parte di un'altra categoria separata, la loro musica ha un'attitudine e uno scopo che puntano anch'essa alla grandiosità, ma passando per vie alternative. Ecco perché già il termine che li descrive - "cinematic" - usato da loro stessi, non è esagerato, ciò che producono è infatti un prog in formato panoramico e Let The Truth Speak è ancora più imponente in questo del già gigantesco A Dream In Static (2015). Se prendiamo uno dei pezzi cardine del disco, The Lesser Evil, nell'incipit soave nasconde degli echi soul che poi vanno ad esplodere nei breakdown funk dettati dai sax di Sam Gendel (KNOWER). Ma ciò che viene restituito è uno strano ibrido tra incalzante commento sonoro e versatile epic metal.
Il principio sul quale si fondano le composizioni degli Earthside è simile a quello delle colonne sonore, senza comunque ricorrere all'ausilio costante di un'orchestra e senza risultare stucchevoli. Il quartetto di New Haven, avvalendosi di numerosi ospiti tra cantanti e strumentisti, vuole appagare i nostri sensi con una musica ad ampio respiro indirizzata idealmente anche a chi non ascolta metal, ma è comunque in grado di apprezzare complessità e profondità al di fuori della norma. E' proprio il caso di dire che ogni traccia di Let The Truth Speak è un'opera a sé stante che racchiude al proprio interno un microcosmo di strati emotivi, i quali vengono a galla solo se gli viene data la dovuta attenzione. Ciò che fanno gli Earthside in brani come Tyranny è pennellare un landscape musicale da supporto alla voce, alla stessa stregua di una soundtrack, ma con strumenti rock.
Nel suo avvolgente impasto non è detto che tutto coinvolga, quando la melodrammaticità è sovraccaricata da espedienti non indispensabili. In dei momenti si rischia la prolissità, specialmente quando siamo quasi arrivati alla fine, su All We Knew And Ever Loved e nella title-track, dove il gruppo pare aver voglia di strafare quando si affida alle trovate del rumorista(?) Gennady Tkachenko-Papizh. Però è anche il punto in cui si comprende la vera natura degli Earthside, proiettati verso un massimalismo espressivo con il dispiegamento di ogni mezzo. Ricordano un po' la differenza che passava tra gli Emerson, Lake & Palmer e il resto dei gruppi prog negli anni '70, non nello stile ma nello spirito, gli Earthside devono allestire uno spettacolo che ci faccia meravigliare di continuo.
Nessun commento:
Posta un commento