martedì 9 giugno 2020

Dizzy Mizz Lizzy - Alter Echo (2020)

 
Da più di 25 anni sulla scena musicale alternativa danese, il power trio dei Dizzy Mizz Lizzy non è quello che esattamente si riconosce tra i nomi più noti nel panorama prog o metal, in quanto la loro attività è stata piuttosto sporadica, anche a causa degli impegni da solista del principale compositore e frontman Tim Christensen (chitarra, voce) che si affianca a Martin Nielsen (basso) e Søren Friis (batteria). Alter Echo è infatti solo il loro quarto album in studio e, nonostante il gruppo parta da radici post grunge e power rock, il disco porta in dote anche alcuni richiami al progressive, non fosse altro per la suite in cinque parti Amelia posta in chiusura e che nell'edizione in vinile occupa l'intera seconda facciata.

Il rock di Alter Echo è quindi impostato principalmente sulle chitarre, anche se ciò non esclude l'intervento di tastiere e qualche accenno di mellotron, rock molto americano e debitore per certi versi dei Rush, ricordando pure il potente e solenne prog AOR dei coevi Dream the Electric Sleep. Il dominio chitarristico si palesa fin da subito nella stratificazione iniziale elettrica e strumentale di The Ricochet, che praticamente fa da introduzione al primo brano vero e proprio In the Blood, dotato di un cadenzato riff dall'andatura western. Il minimo comune denominatore che si fa strada anche nel brano successivo Boy Doom è un fascio elettrico compatto, che va a creare, più che veri e propri accordi, una sequenza progressiva di droni dal sapore medioreintale.

In the Middle si tinge di colori elegiaci e quasi dai toni ecclesiali, per quelle tastiere in sottofondo, futuristiche ma che ricordano le sfumature di un organo, mentre California Rain riprende la strada di un classico power rock americano. I Dizzy Mizz Lizzy firmano un lavoro tutto sommato gradevole, che non presenta grandi sussulti o chissà quali innovazioni, ma per gli amanti del power prog rock potrebbe risultare una scoperta da segnalare.

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