mercoledì 24 giugno 2020

Hum - Inlet (2020)


Per il rock alternativo americano degli anni '90 gli Hum sono una vera e propria leggenda, avendo influenzato con il loro sound spazialmente shoegaze decine di band emo, alt metal e post hardcore del nuovo millennio come The Felix Culpa, Hopesfall e Junius. Dopo il quarto album in studio del 1998 Downward is Heavenward il gruppo si è sciolto nel 2000 per poi riformarsi saltuariamente solo per partecipare ad alcuni festival. Dal 2017 gli Hum avevano reso noto di lavorare ad un nuovo album di inediti, ma da quel momento le notizie ufficiali non hanno dato più segni di vita. Fino a ieri quando all'improvviso, senza alcun annuncio preventivo, il gruppo ha pubblicato a sorpresa il quinto album Inlet.

Il lavoro segna senza dubbio un ritorno in grande stile, dato che l'inimitabile formula degli Hum non ha perso una briciola della sua intensità, al contrario le canzoni pulsano dall'infinito spazio profondo dello shoegaze e della distorsione, creando un perpetuo muro psichedelico siderale nel quale perdersi, in direzione di un viaggio verso i meandri più caleidoscopici dell'elettrificazione.

Anche la produzione appare sempre più solida, corposa e compatta rispetto al passato, dando modo a pezzi come Waves e Cloud City di muoversi con sicurezza solenne tra i droni cadenzati delle stratificazioni elettriche e i lontani echi distorti. Il sound è talmente amplificato e poderoso da sfiorare lo stoner e il doom nei trip acidi di In the Den e The Summoning. A tale proposito stupisce positivamente la scelta di dedicarsi a variazioni ad ampio respiro, i quali permettono di dilatare la ricerca sonica e regalare le tracce più lunghe della carriera della band.

In nove cadenzati minuti Desert Rambler è prima un razzo puntato verso le stelle più brillanti, poi si culla in tranquilli oceani fluorescenti di echi lontani. Folding presenta un registro chitarristico avvolgente, dove l'impasto sempre in equilibrio precario tra assonanza e dissonanza si inerisce nel filone pop dello shoegaze. La conclusiva Shapeshifter è una lunga coda che sprofonda in una malinconia siderale accompagnata ancora da chitarre elettriche affilate mai apparse così accoglienti e leggiadre. Dopo ventidue anni di assenza dalla studio di registrazione, con Inlet gli Hum mantengono altissima la reputazione che si sono conquistati, pur rimanendo costantemente un culto ai margini della musica di consumo.


lunedì 22 giugno 2020

Align in Time - On a Spiral (2020)


Il giovane chitarrista di Providence John Boles è attivo con il nome Align in Time da alcuni anni, e già nel 2011 aveva esordito con un album dal titolo Me and My Arrow. La sua è una musica strumentale sospesa tra post rock e prog, nella stessa linea del costruire paesaggi sonori simili a Tides of Man, Caspian e Vasudeva. Il seguito di Me and My Arrow arriva solo ora, a distanza di nove anni, ma On a Spiral si fregia di una consapevole maturità e una produzione ben bilanciata sulle dinamiche, un aspetto fondamentale per questa tipologia di musica.

Coadiuvato dal batterista Tyler Mahurin, Boles mette insieme una scaletta fatta di brani che al loro interno mutano equamente da introspettivi passaggi atmosferici a solenni crescendo, proprio nella miglior tradizione e lezione impartita dal post rock. Ma il senso melodico di Boles e la sua predilezione per gli accenti limpidi e riverberati della chitarra, fanno in modo che On a Spiral si accosti anche alle deviazioni più orecchiabili del math rock moderno. Il suo lavoro sullo strumento comprende infatti anche arpeggi stratificati, riff spigolosi e note legate a cascata come nel tapping.

This is Later raggruppa proprio tali caratteristiche, partendo da una cellula math rock per poi svilupparsi in un vorticoso saliscendi di arpeggi e solismi. Gli orizzonti distanti e i grandi spazi evocati da Absorb e Finish It adottano la potenza strumentale propria di band alternative art rock come Thrice e Dredg. Una caratteristica che si riflette sulle dinamiche e sulle sonorità di molto altro materiale presente nell'album, innescando una malinconia di fondo presente su Speaking, I Go Too e nelle collegate No Miracle e If There's Nothing You Can Do. Alla fine uno dei complimenti migliori che si possa fare a On a Spiral è che si lascia ascoltare più volte senza essere sopraffatti da un senso di stanchezza. La sua forza melodica e la sua carica emozionale ne fanno un gradevole ascolto di questi tempi.


martedì 16 giugno 2020

Ebonivory - The Long Dream I (2020)


Se siete ancora dopo molti anni alla ricerca di nuove leve provenienti dalla scena progressive rock australiana, quindi di conseguenza molto influenzata dall'aspetto metal e post hardcore, gli Ebonivory possono riempire quella voglia di aggiungere qualcosa alla già ricca proposta.

Dopo due EP (Ebonivory I, 2014 - Ebonivory II, 2016) e un album (The Only Constant, 2015), il nuovo The Long Dream I, pubblicato il 5 giugno, appare come un'opera che si presenta ambiziosa nello svolgimento, ovvero un concept che sarà suddiviso in due parti e incentrato sui ricordi famigliari dell'adolescenza del cantante Charlie Powlett, il quale ha fondato il gruppo nel 2014 ed in seguito si è affiancato agli amici chitarristi Jake Ewings e Louis Edwards, al bassista Connor McMillan e al batterista David Parkes. The Long Dream I è interamente autoprodotto ed è stato masterizzato dall'ormai presenza fissa nelle produzioni australiane di questo tipo Forrester Savell.

A differenza dei loro conterranei nel trovare un sound metal che li possa contraddistinguere, ma che comunque rimane ancorato ai dettami classici del genere, gli Ebonivory possiedono un'impronta stilistica molto statunitense nel preservare la linea che unisce progressive rock e post hardcore, aggiungendo una componente di epic metal alla formula. Il ricorso a sfumature djent e a ritmiche estremamente elaborate, molto evidente e prominente nell'interplay tra basso e batteria, richiama con forza gli stilemi di quella scuola, che nel tempo si è definita come experimental post hardcore o come sua deviazione nello swancore. Il risultato è un mix tra il tecnicismo melodico e hardcore degli Eidola e il power prog metal dei Caligula's Horse. Proprio per questo ad un orecchio smaliziato e ormai avvezzo a tali sonorità, gli Ebonivory forse non susciteranno un grande impatto.

sabato 13 giugno 2020

Spirit Fingers - Peace (2020)


Il pianista jazz Greg Spero e la sua creatura Spirit Fingers pubblicano il secondo album Peace, che arriva a due anni dal sorprendente esordio del quartetto, che conta Dario Chiazzolino alla chitarra, Mike Mitchell alla batteria e il nuovo arrivato Max Gerl al basso, che va a sostituire
Judi Jackson presente in quattro tracce, ricordando che Spero è stato coinvolto in passato pure nel pop mainstream quando aveva affiancato Halsey nei suoi tour, anche se qui naturalmente l'approccio è prettamente soul jazz. Inoltre abbiamo la presenza di Braxton Cook (Spirt Food) e Greg Ward (Cokes with Gregs) al sassofono, Bubby Lewis (Nolo) al basso e Jonathan Scales (Lamelia) alla batteria.

Peace è quindi in definitiva un album molto più eclettico del primo lavoro, mostrando vari aspetti della versatilità compositiva di Spero, che va dal jazz rock alla Return to Forever al soul e alla fusion degli Snarky Puppy, fino all'improvvisazione più prettamente nu jazz. Le tante anime di Peace denotano anche una velleità di spingersi verso ogni possibile declinazione del jazz contemporaneo, tentando strade differenti dove il quartetto si trova comunque sempre a proprio agio.


mercoledì 10 giugno 2020

Frost* - Others EP (2020)


Dopo aver rimesso insieme i Frost* in seguito ad una lunga pausa di riflessione, il mastermind del gruppo Jem Godfrey sembra non volersi fermare, fortunatamente aggiungiamo. Il nuovo EP Others è solo un assaggio di ciò che ci aspetta in futuro ed è compilato con brani rimasti fuori dal precedente Falling Satellites, album pubblicato ormai quattro anni fa. Ma nuove offerte sono all'orizzonte, in quanto i Frost* stanno preparando un nuovo album che se tutto va come deve andare vedrà la luce a settembre, al quale seguirà poi un'antologia con artbook dal titolo 13 Winters e conterrà anche il qui presente EP che per ora è disponibile solo in versione digitale.

Others è un perfetto compendio (o appendice) a Falling Satellites, ripercorrendo con Fathers e Clouda il percorso di quel prog rock bombastico e futuristico che caratterizzava tracce coraggiose e originali come Towerblock e Numbers. Il martellante utilizzo di percussioni elettroniche tra l'umano e l'umanoide, le inondanti tastiere sintetiche, gli effetti distorti di voce e strumenti, fanno come sempre del progressive dei Frost* un mondo a sé stante, totalmente avulso dal panorama attuale del genere. Godfrey fonde benissimo elementi pop, synthwave, techno e colto in un contesto più ampio che non stona mai, anche quando si tratta delle esagerazioni da capogiro, specie nel caso della infuocata tribal dance di Exhibit A.

Stupisce poi Eat, un pezzo che si serve dei parametri tecnologici pop del momento e dei loro conseguenti trucchi di arrangiamento, poi in un colpo solo rimette in riga popstar mainstream sopravvalutate come Billie Eilish, mostrando cosa si può fare nel medesimo ambito con giusto un margine di talento in più. Down è infine un chiaro tributo di Godfrey ai Genesis di The Lamb Lies Down on Broadway, citando, neanche troppo velatamente, l'intenzione dell'incipit della title-track adattandola all'interno di un dream prog delicato e sognante. In definitiva i Frost* continuano a non sbagliare un colpo, ormai il loro stile è riconoscibile e per fortuna non si lascia mai tentare da facili datati canoni prog nostalgici.

martedì 9 giugno 2020

Dizzy Mizz Lizzy - Alter Echo (2020)

 
Da più di 25 anni sulla scena musicale alternativa danese, il power trio dei Dizzy Mizz Lizzy non è quello che esattamente si riconosce tra i nomi più noti nel panorama prog o metal, in quanto la loro attività è stata piuttosto sporadica, anche a causa degli impegni da solista del principale compositore e frontman Tim Christensen (chitarra, voce) che si affianca a Martin Nielsen (basso) e Søren Friis (batteria). Alter Echo è infatti solo il loro quarto album in studio e, nonostante il gruppo parta da radici post grunge e power rock, il disco porta in dote anche alcuni richiami al progressive, non fosse altro per la suite in cinque parti Amelia posta in chiusura e che nell'edizione in vinile occupa l'intera seconda facciata.

Il rock di Alter Echo è quindi impostato principalmente sulle chitarre, anche se ciò non esclude l'intervento di tastiere e qualche accenno di mellotron, rock molto americano e debitore per certi versi dei Rush, ricordando pure il potente e solenne prog AOR dei coevi Dream the Electric Sleep. Il dominio chitarristico si palesa fin da subito nella stratificazione iniziale elettrica e strumentale di The Ricochet, che praticamente fa da introduzione al primo brano vero e proprio In the Blood, dotato di un cadenzato riff dall'andatura western. Il minimo comune denominatore che si fa strada anche nel brano successivo Boy Doom è un fascio elettrico compatto, che va a creare, più che veri e propri accordi, una sequenza progressiva di droni dal sapore medioreintale.

In the Middle si tinge di colori elegiaci e quasi dai toni ecclesiali, per quelle tastiere in sottofondo, futuristiche ma che ricordano le sfumature di un organo, mentre California Rain riprende la strada di un classico power rock americano. I Dizzy Mizz Lizzy firmano un lavoro tutto sommato gradevole, che non presenta grandi sussulti o chissà quali innovazioni, ma per gli amanti del power prog rock potrebbe risultare una scoperta da segnalare.

lunedì 1 giugno 2020

Altprogcore June discoveries


Emme Phyzema è una eclettica signorina e polistrumentista che ha deciso di suonare prog, o meglio ancora avant-garde e rock in opposition. Nel mese di aprile ha pubblicato addirittura due album, molto differenti, ma con il medesimo senso di ricerca e sperimentazione. A Series of Related Dreams è stato mixato da Ben Spees dei The Mercury Tree, mentre il responsabile del mix di Chronic Bronchitis è Bob Drake, giusto per dire da chi è supportata Emme.





Arrivati al quarto album con Down Through, I Gleemer si dedicano ad una musica atmosferica e melodica contaminato in modo pronunciato dallo shoegaze e dal midwest emo.



Deep Blue è l'esordio discografico di Louise Patricia Crane, prodotto in collaborazione con Jakko Jakszyk nel quale lui suona anche la chitarra. Il risultato è un dreampop fuso con il gothic che prende quasi a modello Julianne Regan e i suoi All About Eve. La Crane comunque non si è fatta mancare nulla dato che alla batteria compare come ospite Danny Thompson (Kate Bush/Peter Gabriel), inoltre Ian Anderson è responsabile di alcuni interventi di flauto, mentre al basso è stato chiamato Scott Reeder (Kyuss).



The Last Giant è un duo di musicisti provenienti dalle isole Shetland e Between Light è un nuovo singolo che percorre le strade del prog metal tecnico. Sempre con tale stile Jamie Hatchbar (chitarra/synth/batteria programmata) e Chris Cope (basso) avevano già realizzato l'EP Chronos//Kairos nel 2015 con il nome Giant.