martedì 22 novembre 2016
iNFiNiEN - Light at the Endless Tunnel (2016)
Non c'è che dire, agli iNFiNiEN non mancano di sicuro intraprendenza e coraggio, dote rara in una giovane band. Ancora più sorprendente quando si scopre che il gruppo fa musica da ben dieci anni, anche se Light at the Endless Tunnel è solo il loro secondo album pubblicato in questo lasso di tempo (più un EP nel 2006 appunto). Il principio operativo degli iNFiNiEN ricorda come filosofia quello dei Farmhouse Odyssey, altro gruppo appartenente al sottobosco prog statunitense, usciti anche loro con il secondo album all'inizio dell'anno. In pratica si tratta di brani nati come un flusso di jam session tra i quattro musicisti, ma che assumono un senso compiuto attraverso la voce della tastierista Chrissie Loftus, abbracciando una notevole varietà stilistica compresa tra jazz, fusion, psichedelia, avant-garde e progressive rock. Il fatto è che in ogni traccia si nascondono tante piccole influenze che portano a sviluppi tematici imprevisti, comunque legati dal denominatore comune di valorizzare l'interplay strumentale tra la Loftus, Jordan Berger (basso), Tom Cullen (batteria) e Matt Hollenberg (chitarra).
Nell'anno in cui Esperanza Spalding ha fatto molto parlare di sé grazie alla pubblicazione del suo album migliore, è proprio il caso di citare la moderna rilettura fusion della bassista, che non ha lesinato ingenti dosi di pop e rock, per descrivere la musica degli iNFiNiEN, solo che questi ultimi cercano di andare ancora più a fondo. Se l'apertura di Brand New e poi ancora Oasis fanno proprio pensare alla libere vibrazioni jazz e soul di cui sopra, si aggiungono alla ricettavari sapori come l'avant-garde dei Bent Knee, il crossover prog dalle complesse melodie dei The Tea Club e molta improvvisazione. Andando avanti nell'ascolto si manifestano alcune eccentricità nella lunga title-track "electro-etno-prog", in Off the Tracks, una specie di raga crimsoniano, e nel suadente ritmo iberico di Love for Yourself che riserva un bel finale alla Steely Dan. I brevi interventi nel reame del prog con la strumentale Worth the Waith e l'orchestrale (con archi e fiati) If I Were a Song si piegano verso una dimensione acustica della band anch'essa molto convincente. Comunque il meglio gli iNFiNiEN lo riservano nel finale, con la trascinate samba prog-pop di If You Were a Song - che nell'intermezzo si lancia nelle gioiose jam psych tipiche dei Phish - e poi nella festa percussiva latino-americana di Existence. Insomma un album gustoso e caleidoscopico capace di far percepire a chi ascolta la spirale vertiginosa della copertina, rappresentata dalla struttura a doppia elica del DNA.
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