venerdì 4 agosto 2023

You Win Again Gravity - Into the Dancing Blue (2023)


A volte la globalità del web, a livello promozionale, può assumere la funzione di un’arma a doppio taglio. Se da un lato ha la capacità di esporti potenzialmente ad un pubblico planetario, dall’altra può fare in modo che la tua proposta, per quanto valida, si possa perdere nell'infinito mare della Rete, in modo che alla fine a spuntarla sono i soliti nomi che si accavallano in un eccesso di esposizione mediatica. C'è sempre, per fortuna, l'altro lato della medaglia dettato dalla casualità che può farti conoscere una band della quale non avevi mai sentito parlare, anche se attiva da più di dieci anni. Sto parlando dei You Win Again Gravity, un quintetto originario di Windsor la cui formula, che si fonda nel sintetizzare progressive rock, post hardcore e math rock in un unico brillante involucro, mi ha subito conquistato. 

Come fan dei The Contortionist e Oceansize ho trovato nei You Win Again Gravity il giusto equilibrio tra complessità tecnica e melodie dal forte impatto emotivo, ingredienti che la band sa alternare in modo naturale con transizioni fluide che passano da inflessioni metal a progressioni armoniche fusion. Insomma, mi ha sorpreso che l’attitudine professionale e la qualità della proposta di Jack Jennings (voce, chitarra, tastiere), James MacKenzie (batteria), Johnny Bastable (chitarra), Andy Janson (chitarra) e Andy Mould (basso) non abbia ancora fatto circolare a dovere il loro nome, nonostante negli anni si siano esibiti dal vivo in modo costante, anche in festival inglesi prestigiosi come il Tech-Fest e il Radar accanto a nomi come Haken e Sleep Token

Dal punto di vista discografico è anche vero che i You Win Again Gravity, dopo l'ottimo esordio Anonymity datato 2017, si erano praticamente messi in ibernazione e usciti dal proprio letargo solo con cadenza annuale, pubblicando i singoli che sono andati a confluire attualmente nella seconda opera Into the Dancing Blue. In tutti questi anni il quintetto ha lavorato pazientemente e con molta meticolosità nel realizzare un album che arricchisse la loro tavolozza, dando spazio ad ogni sfumatura e stratificando i livelli sonori con tessiture elettriche, sospensioni ambient e aerei arpeggi di piano acustico, stratagemma che aggiunge un senso di freschezza all’abituale impianto prog hardcore. Degli esempi della spaziosità offerta da tale espediente sono le tracce Paper Bodies, Shadowboxing e Recursive, nelle quali vengono dispiegati insoliti ed inaspettati salti armonici che permettono a Jennings di sfruttare al meglio le sue capacità vocali e alle chitarre di applicare fantasiosi tapping di stampo math rock.     

L’affascinante apertura con Aurelian, contraddistinta dall’uso del vocoder per armonizzare la voce di Jennings, determina immediatamente un’atmosfera ultraterrena, plasmando un brano che si dipana per sezioni e che svela la sua architettura attraverso sezioni in crescendo. E' come un impasto di colori che si amalgama lentamente, poi il disco prende slancio con la prorompente Curious Fake attraverso spericolati contrappunti chitarra/basso e un chorus immediatamente assimilabile. La seguente Paper Bodies ha più l'aspetto di una ballad nel suo delicato andamento pianistico ma tale aspetto, unito ad un ritornello che si anima con chitarre elettriche, lo trasforma in un momento solenne e melodrammatico. Una peculiarità della band è che, anche nei pezzi maggiormente melodici, non rinuncia a vocalità ruvide o scream tipici del post hardcore, ma sempre bilanciate da polifonie in sottofondo. Questa scelta contrastante, per paradosso, dona ancora più vigore e appagamento all'armonia generale.

I You Win Again Gravity non escludono una scrittura con strutture formali classiche, come testimoniato dai singoli Suppression o Lights To Leave Behind, però cercando sempre una sfida per inserire brevi ma articolati contrappunti musicali tra strumenti e deviazioni avventurose. L’alternanza strofa/ritornello viene sfruttata altre volte per testare la differenza sonica tra veemenza metal e sfumature fusion, come su Shadowboxing  e Character Arc, impresse da una strumentazione più diversificata rispetto al passato con l'utilizzo della chitarra baritono. Diciamo che la varietà sonica e timbrica è un po' la grande conquista dell'album, frutto di un maturo lavoro di ricerca e arrangiamento da parte del quintetto. Un approccio che ha portato notevoli risultati in fatto di cura nei dettagli, dato che ogni strumento risalta nella sua individualità, non c'è nulla che venga lasciato sullo sfondo, in modo da permettere all'ascoltatore di cogliere ogni tonalità dinamica. 

Into the Dancing Blue si chiude con il trittico Every Scar a Brush Stroke, The Dancing Blue e Cerulean le quali, sebbene divise tra loro, sembrano formare un coerente ed articolato flusso da epica suite dove la band esplora e spinge i molteplici aspetti del suo stile in modo molto più ambizioso rispetto alla title-track che chiudeva Anonymity. A margine di quanto scritto mi permetto una riflessione finale: il pubblico della musica si lamenta spesso - soprattutto nei momenti in cui si deve tirare le somme annuali delle migliori uscite - di mancanza di una reale varietà di proposte, che le novità non ci sono e che gli artisti di cui si parla sono sempre gli stessi. L'esperienza nella gestione di questo blog mi ha insegnato che, anche se si sventola loro di fronte qualcosa di nuovo, non c'è un reale interesse ad approfondire. E sì, sto parlando anche della sfera prog, dove la gente vuole solo condividere nomi consolidati come Haken, Leprous, Opeth, Porcupine Tree, ecc. Se si devia da questo percorso è veramente dura convincere qualcuno che esistono proposte valide anche al di là della solita cerchia. Gruppi come i You Win Again Gravity sono l'esempio e la prova di una qualità che viene lasciata ingiustamente nelle retrovie per troppo tempo. Detto ciò, sarebbe il momento di dare a questi ragazzi l'attenzione che si sono stra-meritati... io la mia parte l'ho fatta e ve li ho presentati, ora sta a voi non ignorarli. 


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