martedì 22 febbraio 2022

We Used to Cut the Grass - We Used to Cut the Grass #1 (2022)


Per chi gravita assiduamente nell'orbita dei Thank You Scientist i We Used to Cut the Grass non dovrebbero rappresentare una novità. Il gruppo infatti nasce come progetto del loro bassista Cody McCorry e, anche se arriva al primo album solo adesso, ha sulle spalle circa sette anni di attività, più che altro espressa in performance dal vivo. McCorry nel tempo ha coinvolto nella band praticamente tutta la line-up dei Thank You Scientist, che poi ritroviamo nell'album, tranne ovviamente il cantante Salvatore Marrano, essendo questo un progetto esclusivamente strumentale. Di differente fino a poco tempo fa c'era il batterista Kevin Grossman che però adesso è andato pure lui a confluire tra le fila dei TYS in sostituzione della dimissionaria batterista Faye Fadem, che ha lasciato il gruppo dopo qualche mese dalla dichiarazione di essere transgender e avviare una propria attività solista.

Per descrivere la musica dei We Used to Cut the Grass si potrebbe partire già dal nome, scelta non casuale che paga omaggio a Frank Zappa, se si considera poi che anche Ike Willis ha preso parte come ospite ad alcuni concerti della band, il gioco è fatto. McCorry e soci si destreggiano tra jam fusion jazz, groove funk e avant-garde, naturalmente interpretato tutto sotto la lente della sperimentazione prog. Come le due parti di Visitors Pomp ben introducono, ci troviamo di fronte a passaggi da big band con largo spazio dedicato ai fiati (tromba, sassofono tenore, alto e baritono, clarinetto) che possono variare negli assoli rock della sempre gradita chitarra di Tom Monda. Proprio per questo delle volte non siamo lontani dalle coordinate dei Thank You Scientist dal volto meno metal e più prog fusion. 

Ma We Used to Cut the Grass #1 non guarda solo al modernismo e alle possibilità che può dare il virtuosismo jam rock. Qualche volta si respira aria retro, come su Shep's Lounge o come nel lento atmosferico Lay Down Scully, due viaggi lunghi circa otto minuti con pennellate swing, impasti tra fiati e organo da soundtrack anni '60 e archi che vanno a cementare i crescendo. Altre volte si sconfina quasi nel Canterbury sound e nel RIO (Shep's Nightcap, Shep's Enthusisasm) che si legano a territori di ricerca più smaliziati (Shep's Mishap, Shep's Fitness Assessment), dove il gruppo si sbizzarrisce ancora di più nell'assemblare ritagli musicali per ricomporli come un collage. Non c'è da negare quindi che per gli amanti di Zappa e dei Thank You Scientist è un ascolto molto consigliato.

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