domenica 1 agosto 2021

Altprogcore August discoveries

 

I Dim hanno appena esordito con l'album From Dark To Light We’ll See, un concentrato di suoni eterei e aggressivi che prendono spunto sia dai paesaggi sonori del post rock sia dalle distorsioni del post hardcore, ma tutto immerso in un'atmosfera generalmente rilassata. Anche se i Dim sono all'esordio i membri sono veterani del rock alternativo statunitense, dato che la line-up vede Matt Mulkey (Young Mountain, MOLEKEY, ex-Woe Is Me), il batterista Ben Cato (ex-The Dangerous Summer) e i chitarristi Nick Lowry e Charlie Pinkard. 

 
I Four Stroke Baron sono responsabili di uno dei crossover stilistici più imprevedibili nel panorama prog metal. Pensate ad un ibrido tra la new wave/post punk degli anni '80, con voci che ricordano i The Cure e i Tears For Fears, abbinate a riff pachidermici imbevuti di djent e shoegaze e avrete una vaga idea del peculiare mix imbastito dal duo formato da Kirk Witt (chitarra, voce) e Matt Vallarino (batteria). Il loro terzo album Classics è in uscita ad ottobre e ad occuparsi del mix e del sound design è stato chiamato Devin Townsend in persona.

 

Per ora la carriera dei What Haunts You non ha portato nessun full length album, pur essendo sulla breccia ormai da qualche anno. Di recente hanno pubblicato una serie di singoli interessanti che coprono un'area di genere che passa dall'emo e al post hardcore con richiami a Emarosa, Circa Survive e Saosin.

 
 
Band australiana che suona un abrasivo math rock misto con il metal, i Pearshaped Orange esordiscono con Vertigo or Pleasure che vede i contrasti tra le chitarre distorte e la voce, a volte suadente a volte melodrammatica, di Gabriella Patava.
 
 
Il chitarrista Gabriel Castro, originario di Belo Horizonte, Brasile, si è trasferito in Canada e nel 2014 ha iniziato il suo progetto Yūrei. A dispetto delle sue origini suamericane, Castro però non si è dedicato a bossa nova o musica latina, ma ha optato per il buon vecchio djent con innseti fusion e new age.
 
 
 
Samuel Bradley è un contrabbassista scozzese il quale, prima con la band Garden e ora a suo nome, ha composto del pregevole jazz rock che in qualche modo si ricollega a quel fascino unico della scuola di Canterbury. In a Gallery, in a Grave è un EP che comprende tre tracce e avrebbe dovuto uscire a nome Garden e con Bradley al canto. La difficoltosa impresa di aggiungere parti vocali sopra materiale così complesso, ha fatto optare il musicista a lasciare le composizioni nella loro veste strumentale.
 
 
 
Redshift è il primo album dei texani Temple Garden, una band di prog rock psichedelico la quale, in continuità con lo stile, ha prodotto un concept sci-fi dedicato e ispirato alle vecchie serie radiofoniche. Un misto di moderno e passato che mischia Pink Floyd, krautrock e i contemporanei ma oscuri Mad Lollypop, già presentati tra queste pagine.

 

Ben poco è dato sapere di questi Auric Gloom vista la pressoché assenza nei social, a parte che provegono dalla Norvegia e che avevano già sfornato un album nel 2015, Abience, e che ora dopo sei anni tornano dall'oblio con Afterthoughts, qualitativamente molto superiore all'esordio. Praticamente parliamo di un progressive rock atmosferico che finalmente non ricama i dettami del passato, ma preferisce confrontarsi con canoni pop e art rock moderni. Un po' come i conterranei MEER, ma senza l'apparato orchestrale.

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