lunedì 15 aprile 2013

DISPERSE - Living Mirrors (2013)


C'era una volta una schiera silenziosa di ragazzini chiusi nelle loro camerette che passavano il tempo a masturbarsi con la chitarra, studiando a memoria i riff sincopati e le poliritmie dei Meshuggah. Quando infine questi teenagers uscirono allo scoperto è venuto fuori che erano diventati bravi per davvero, funamboli della 7 o 8 corde, hanno formato le loro band, firmato contratti e addirittura definito un sottogenere. Leggenda vuole che fu proprio il chitarrista dei Meshuggah, Fredrik Thordendal, a battezzare questa nuova ondata di prodigi del prog metal con il nome di djent. Evidentemente si pensava che gli stilemi djent fossero talmente definiti da aver bisogno di un ulteriore appellativo che ne certificasse l'emancipazione da generi come progressive metal e tech metal.

Tra i pionieri di questo fenomeno si segnalarono gli statunitensi Periphery e gli inglesi TesseracT, che nel tempo sono divenuti anche i gruppi più famosi e rappresentativi. A testimonianza che anche il djent è diventato globale, uno dei tanti ragazzini di cui sopra si è palesato dalla sua stanzetta in Polonia, terra che ultimamente è fucina inesauribile per il progressive rock. Jakub Żytecki si esibiva nei suoi virtuosismi chitarristici caricandoli su YouTube sin dalla tenera età di 15 anni. Una volta trovati altri tre musicisti con abilità tali da poter suonare musica tanto complessa sono nati i Disperse. L'esordio avviene nel 2010 con Journey Through The Hidden Gardens dove il gruppo sembra una versione dei Marillion intenta a suonare progressive metal, tanto da non potersi considerare propriamente djent. Il salto siderale fatto adesso con Living Mirrors è impressionante.

Il primo punto a favore dei Disperse è la decisione di utilizzare la voce clean come si dice in gergo, ovvero cantare senza l'ausilio dei growl. A questo punto è bene precisare che non sopporto il cantato growl. Per quel che mi riguarda i Periphery o i Meshuggah se ne potrebbero uscire con le più belle melodie del mondo, ma nel momento che compaiono i growl per me equivale a gettare un secchio di vernice contro il quadro della Gioconda. Oltre a ciò, Żytecki dimostra di essere un fine compositore e tutto il gruppo ha una preparazione tecnica impressionante nonostante la giovane età - esecutori impeccabili di molteplici cambi formali, poliritmie al limite del macchinoso ed ogni sorta di virtuosismo. Nel gusto compositivo del chitarrista trapelano tracce di Steve Vai e Allan Holdsworth e il suo miglior pregio è quello di innestare intermezzi fusion di gran classe in un'ossatura metal troppo melodica per ricordare i Cynic, ma anche troppo complessa ed ingegnosa per ricordare i TesseracT.

Il livello di complessità, una produzione satura e le varie stratificazioni sonore candidano i Disperse a divenire l'equivalente djent dei Pain of Salvation. Le parti più aggressive sono smorzate da un costante tappeto ambient, mai invadente, creato a dovere dalle tastiere di Rafał Biernacki. Quest'ultimo contribuisce ulteriormente ad equilibrarle con la sua voce che, pur non arrivando ai toni stentorei dei colleghi, è espressiva e crea ottimi spunti melodici. Anche il chitarrismo di Żytecki sa inserirsi bene nella cornice totale senza spendersi in furiosi e sguaiati shred metallari.

La prerogativa del djent, e quindi anche dei Disperse, sembra essere quella di spingere il progressive metal a latitudini di virtuosismo inaudite. Venti anni fa ci sembravano eccelse le basi poste dai Dream Theater, ma l'arrivo di questi gruppi ha sancito un aggiornamento del genere ad una versione 2.0, tecnicamente parlando. Detto questo uno si immaginerebbe Living Mirrors come un concentrato di algidi sfoggi di tecnica e di bravura. Niente di più lontano dal vero. I Disperse sanno calibrare cuore e mente, conseguendo il non facile compito di non far sopperire la melodia sotto i colpi del tecnicismo.

Se siete dei puristi e pensate che il progressive metal non abbia bisogno di sottogeneri per esprimersi in pieno, Living Mirrors magari non vi stupirà, ma sarà sicuramente tra le cose migliori che sentirete quest'anno. Se, al contario, pensate che il djent sia un sottogenere con delle caratteristiche proprie e ben definite, allora Living Mirrors rappresenta un futuro classico da non perdere.



2 commenti:

abandoner ha detto...

Apprezzai molto il loro primo album, ma finora ho indugiato sull'acquisto di Living Mirrors temendo di avere due dischi troppo simili tra loro. La tua recensione mi è molto utile, anche se ho difficoltà a immaginare sonorità più "intricate" che in "Journey Through...": va da sè che questo è un disco da procurarsi. Magari insieme al primo, per coloro che non l'hanno. Grazie Barbagli!

P.S.: grazie anche per avermi fatto conoscere The Dear Hunter!

Lorenzo Barbagli ha detto...

Se hai qualche dubbio puoi sempre ascoltarti lo streaming dell'album che ho messo alla fine della recensione. Comunque te lo consiglio caldamente, i due album li ho trovati molto differenti stilisticamente e questo va oltre...