Anche se titolari di soli due album in studio (arrivati a tre con questo) e molto meno conosciuti di altri loro colleghi, i Discipline vengono ritenuti uno dei principali gruppi di progressive rock degli anni ’90. Questo perché si dà il caso che uno dei due album in questione -
Unfolded Like Staircase del 1997 - fu subito riconosciuto come una delle massime opere di quegli anni. Dopo questo
exploit però la band si dissolse senza neanche il tempo di una prova ulteriore che potesse confermare la propria autorità in materia. Ci si dovette “accontentare” di due album solisti del leader Matthew Parmenter e qualche live che affiorava dagli archivi.
Il primo contatto con i Discipline lo ebbi molti anni fa ascoltando proprio la registrazione dal vivo della loro esibizione al ProgDay del 1995. Quando andai a cercare informazioni discografiche sul gruppo scoprii che, tra i cinque brani selezionati nel live, solo due erano stati effettivamente registrati anche in studio. Mi domandai allora perché il gruppo non aveva deciso per una resa in studio di alcuni pezzi validissimi come
Circuitry e
When the Walls Are Down. Più avanti ho scoperto che il repertorio dei Discipline era molto ampio e andava ben oltre la manciata di brani pubblicati nei due album ufficiali.
Quindi i fan di vecchia data, leggendo la tracklist, sapranno che
To Shatter All Accord è per quasi la metà composto da brani che hanno sulle spalle almeno sedici anni. Fa un certo effetto quindi recensire un album che non è sicuramente una raccolta, ma non è neanche compilato da primizie. I Discipline, operando così, sfidano il tempo, facendo trovare finalmente spazio ad almeno tre vecchie composizioni (le altre due -
Dead City e
Rogue - sinceramente non so a quanto tempo fa risalgano), senza sottoporle a nuovi rimaneggiamenti, ma lasciandole del tutto invariate rispetto alle versioni originali. Il lungo letargo artistico comunque non ha pesato assolutamente su queste nuove/vecchie composizioni. La prova di
To Shatter All Accord, portata a termine dalla line-up storica che vede Jon Preston Bouda alla chitarra, Matthew Kennedy al basso e Paul Dzendzel alla batteria, riesce a superare persino un pezzo di storia progressive come
Unfolded Like Staircase.
Circuitry è fondamentalmente un blues rock riscaldato dal fuoco dei Led Zeppelin al quale viene aggiunto un organo genesisiano. La parte spettacolare però è l’intermezzo, infarcito di sax e tastiere provenienti direttamente dalla galassia Van der Graaf Generator. Il leader dei Discipline si è contraddistinto negli anni per essere stato uno degli autori che ha meglio introiettato nella propria poetica la lezione espressionista di Peter Hammill. La stima di Parmenter nei confronti del musicista inglese la ritroviamo puntualmente nel melodramma di
When the Walls Are Down, brano interpretato con sentita passione, quasi come fosse un
kammerspiel rock. La ritmata
Dead City, che è il pezzo più breve del lavoro e trattiene un’atmosfera più distesa, funge quasi da break nella inesorabile instaurazione del caratteristico clima tetro che contraddistingue le suite dei Discipline. Poi tocca infatti al primo tour de force dell’album:
When She Dreams She Dreams in Color avanza sinuosa e circospetta nella prima parte per poi esplodere nell’intermezzo. La lunga coda finale (già comparsa nel DVD
Live 1995), che occupa più della metà del brano, si trascina lentamente su accordi reiterati, dando spazio ai solismi del mellotron e del violino elettrico.
Alla fine arriva il piatto principale. Quella
Rogue capace di far venire l’acquolina in bocca ad un prog fan medio già nel leggere la sua durata. E non delude.
Rogue non possiede propriamente i connotati di una suite divisa in movimenti, ma, come concezione, si avvicina di più ad un unico pezzo lungo 24 minuti. Certo, esso vive e si articola in più momenti, ma è tutto così ben collegato assieme che la divisione tra le parti scompare e diventa totalità.
Rogue è un perfezionamento del catalogo delle lunghe pellegrinazioni hammilliane di
Unfolded Like Staircase. Oltre a ciò è un saggio di poetica elegiaca alla Van der Graaf Generator dalla quale tenta di distaccarsi solo nell’estesa parte strumentale dove si innesca un crescendo psichedelico che raggiunge l’apice in un climax segnato dalla urlante voce trasfigurata di Parmenter. Impressionante. Un'opera notevole che non può mancare tra i CD dei fan di Genesis e Van der Graaf Generator.
Tracklist:
1. Circuitry (6:16)
2. When the Walls are Down (7:29)
3. Dead City (5:15)
4. When She Dreams She Dreams in Color (13:40)
5. Rogue (24:04)
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