martedì 2 marzo 2010

PORCUPINE TREE - The Incident (2009)


The Incident è una suite di cinquantacinque minuti (abbinata ad un EP dove trovano spazio quattro brani più brevi) suddivisa in quattordici movimenti e segna per la prima volta con precisione e chiarezza la nuova direzione musicale di Wilson. Come una versione più convinta di In Absentia, il brano, generalmente, si avvicenda ancora tra fragorose chitarre metalliche (The Blind House, Octane Twisted) e indolenti ballate (Drawing the Line, Kneel and Disconnect) con l’aggiunta di brevi intermezzi strumentali (The Yellow Windows of the Evening Train, Degree Zero of Liberty e Circle of Manias), quasi superflui nella loro banalità.

La psichedelia è ora pressoché abbandonata del tutto e gli interventi strumentali appaiono come degli omologati e patinati esercizi di stile. Time Flies ad esempio - una classica ballad malinconica con chitarra acustica con l'aggiunta di eterei ricami di chitarra elettrica e il miglior pezzo della band dai tempi di Lightbulb Sun - è rovinata da una parte centrale ricalcata sui riff gilmouriani di The Wall che spezza la continuità e francamente pleonastica. In pratica Time Flies dimostra che, se Wilson vuole scrivere ancora qualcosa di memorabile, deve incondizionatamente volgere lo sguardo ai Pink Floyd (in questo caso un po’ di Dogs, un po’ di Hey You e il finale di Sheep).

Encomiabile è lo sforzo di Wilson nell’ostinarsi ad inserire forzatamente farraginose parti metal che non appartengono ai Porcupine Tree, un elemento provato dal fatto che sostanzialmente le caratteristiche compositive della band sono rimaste immutate nell’arco di dieci anni. Wilson in sostanza mostra in questo album tutta la sua insicurezza e la sua ipocrisia, evidenziate da due sentimenti musicali contrastanti: il primo (e più pubblicizzato) che vorrebbe essere il predominante nel tentare nuove strade sonore (come nei virulenti suoni elettronici alla Nine Inch Nails di The Incident); il secondo che, al contrario, non ha il coraggio di osare tanto, ritornando puntualmente su binari sicuri e collaudati (I Drive the Hearse). Difficile fare peggio di Deadwing, ma ad ogni nuovo album Wilson ci sta provando con tutte le sue forze.

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