martedì 8 ottobre 2024

Guitar and Video Games - Tracce di Progressive Rock nel Post Emo 2018-2024



Dopo otto anni sono tornato a scrivere un libro e non credevo che avrei rimesso mano alla carta stampata, soprattutto in questo periodo, nel momento in cui altprogcore ha perso il suo slancio originario e l'interesse verso nuove forme di musica non ha mai veramente attecchito dalle nostre parti. Non credevo insomma di trovare un nuovo argomento che valesse la pena raccontare, dato che ormai a livello musicale sembra che sia stato provato di tutto. Se ciò è avvenuto è perché qualcosa, al contrario, si è mosso nel panorama odierno e dopo anni di ascolti disparati l'unico sussulto di innovazione l'ho trovato nel genere più improbabile: il post emo. Con questo non voglio dire che il resto della musica non abbia più nulla da dire o che abbia esaurito le idee, ma che ormai la maggior parte si aggrappa a degli schemi che un ascoltatore esperto sa interpretare e riconoscere. Nel post emo, anche detto "quinta onda emo", ho invece ritrovato un certo parallelismo con quell'impulso vitale e attivamente libero da barriere che ormai più di venti anni fa si prefigurò con il connubio tra post hardcore e prog ed è l'unico sottogenere in cui abbia riscontrato una vera progressione in termini di sviluppo e commistioni.

Dato che per quanto riguarda il rock la saggistica ad esso dedicata tende comprensibilmente a concentrarsi su nomi noti e argomenti popolari, il mio pensiero è sempre stato quello che, se si deve scrivere qualcosa in proposito, è meglio farlo dedicandosi a soggetti che ancora nessuno ha preso in esame e che, ovviamente, su tale questione ci sia abbastanza materiale per poterne parlare con cognizione. Purtroppo tale scelta impopolare non facilita la divulgazione di ciò che scrivo, però il solo fatto di poter offrire una visione alternativa e avere la possibilità di far conoscere nomi e artisti altrimenti poco conosciuti è una gratificazione sufficiente. 

Questo è quanto riportato in quarta di copertina:
"Al di là dei cliché e dei pregiudizi che il termine “emo” può suscitare, legati soprattutto all’estetica della sua sottocultura, dal punto di vista musicale il genere emo è stato uno dei più imprevedibili, divisivi e incompresi, soprattutto per aver mostrato solo la punta dell’iceberg nel momento della sua massima popolarità tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, con il successo di band come My Chemical Romance, Paramore, Fall Out Boy e Jimmy Eat World. Ancora oggi la sua influenza viene citata da star di grande successo tra cui Olivia Rodrigo, Taylor Swift, Demi Lovato. 

In realtà il suo lato più alternativo e indie ha raccontato una storia differente e ben più articolata. A 40 anni dalla sua nascita l’emo è passato finora attraverso cinque onde, ognuna delle quali frazionata in tanti piccoli rivoli concentrati nel dare risalto ad aspetti e stilemi diversificati. Arrivati alla cosiddetta “quinta onda emo”, il genere ha metabolizzato e incorporato tutte quelle influenze incontrate durante il suo cammino: math rock, chiptune, bedroom pop, post rock, power pop e le ha capitalizzate in una variante massimalista di se stesso. Proprio per questo si è giunti a parlare di “post emo” nel momento in cui alcune band come Glass Beach, Topiary Creatures, Adjy, The World Is a Beautiful Place e Foxing hanno iniziato ad includere forme e suoni più ampi, complessi ed ambiziosi nel proprio sound. Le conseguenze di questa rivoluzione ha portato l’emo a mostrarsi come qualcosa di molto simile al prog rock e "Guitar and Video Games" racconta come ci siamo arrivati."

Il libro è disponibile ai seguenti link nelle due versioni indicate. Come per tutti i miei altri testi c’è anche la possibilità di acquistarlo ad un prezzo scontato tramite il blog utilizzando la colonna di destra. Grazie in anticipo per la fiducia. 


venerdì 4 ottobre 2024

Geordie Greep - The New Sound (2024)


L'annuncio improvviso lo scorso agosto della fine dei black midi penso abbia colto di sorpresa quasi tutti coloro che li conoscono. Altrettanto sorprendente è stata la velocità con cui il frontman Geordie Greep ha pubblicato il suo primo album da solista, registrato per la maggior parte in Brasile con musicisti trovati in loco per un totale di una trentina di persone coinvolte, oltre alle ospitate degli ex black midi Morgan Simpson e Seth Evans. The New Sound è contemporaneamente il titolo dell'album, il nome della band e una dichiarazione di intenti. Il distaccarsi dal suono originario dei black midi era quindi già prefigurato, ma in tutta sincerità non sapevo quale indirizzo avrebbe potuto prendere la carriera solista di Greep, ma di sicuro niente che potesse accostarsi a tale livello. 

Se questo deve essere ciò che la dissoluzione dei black midi ha generato, allora ben venga la loro morte. Tutto ciò per dire ancor più chiaramente che The New Sound in termini di risultati supera di gran carriera quanto prodotto da quella band nell'arco di tre album. Magari non sarà giusto fare paragoni, ma Greep è stato pur sempre un membro fondatore dei black midi ed un confronto con il repertorio che ha contribuito a scrivere è inevitabile. La maturazione di Greep come direttore artistico e principale motore del progetto è impressionante e a questo punto è lecito sospettare che la band fosse per lui un freno, il che è paradossale visto che il trio inglese aveva fatto della libertà sperimentale il proprio cavallo di battaglia. Eppure The New Sound sa percorrere strade ancor più avventurose e avvincenti. Senza mezzi termini, qui siamo di fronte ad una resa grandiosa: lo spettro sonoro coperto, la visione musicale di Greep, l'esecuzione musicale dell'insieme, l'organizzazione strumentale, sono qualcosa di impressionante se si pensa poi alla giovane età dell'autore.

Su The New Sound Greep costruisce un ensemble dai forti connotati musicali latino-americani, per ciò che riguarda le ritmiche (salsa, samba, rumba) e certe armonie estratte dalla bossa nova. Questo ultimo aspetto si arricchisce da sprazzi jazz, fusion e prog, che riprendono le pirotecniche linee math rock e sperimentazioni avant-garde dei black midi, ma con un gusto di profondità melodica e strumentale degna della maniacalità degli Steely Dan. La componente cabarettistica che nei black midi era accentuata proprio dall'istrionismo canoro di Greep in questo caso lascia spazio ad un crooning da big band in un connubio, come anche il cantante sottolinea, tra Frank Zappa e Frank Sinatra

Sinceramente stupisce come Greep abbia orchestrato e concepito un disco del genere, così sontuosamente ricco negli arrangiamenti e nelle stratificazioni. In ogni passaggio o cambio di direzione sono nascosti tanti particolari timbrici che formano un corto circuito tra sonorità lounge jazz/funk anni '70 e lo sfoggio di tecnicismo moderno, non indirizzato però al virtuosismo ma all'accrescere le potenzialità della prospettiva sonora e timbrica. Forse a descrivere ogni brano si fa un disservizio alla sorpresa che ognuno di questi può suscitare, anche perché non ce n'è uno che risalti sopra ad un altro, l'eccellenza in questo caso trabocca nella totalità di tutte le tracce. Un esordio di tutto rispetto, forse anche di più. I black midi sono morti, lunga vita a Geordie Greep.