In questi anni dominati dalla velocità della rete, dal download libero e gratuito, dall'incertezza sul futuro del mercato discografico, sempre più band indipendenti si sciolgono. Magari per frustrazione, magari perchè non riescono proprio ad avere un'adeguato seguito. (BTW l'argomento non è affatto scontato, leggetevi anche questa intervista a Mike Vennart).
Oggi purtroppo è toccato agli As Tall As Lions e la notizia è veramente triste. Quale che sia la motivazione di questa decisione è davvero un peccato che il mercato musicale finisca per penalizzare sempre le piccole, ma talentuose band e promuova al contrario musica senz'anima, facendo guadagnare soldi a gente alla quale di sicuro non interessa nulla della musica e dell'arte, ma solo del calcolo e del profitto.
Dopo tale sfogo voglio dare il mio simbolico addio (o meglio "arrivederci" come dicono loro) agli As Tall As Lions postando alcune canzoni di seguito. E ricordate che solo l'anno scorso ci avevano regalato un bellissimo album come You Can't Take It With You. Quindi se vi piace ciò che ascoltate compratelo e non scaricatelo!
No, non è un nuovo album, ma semplicemente un best of che uscirà il 25 ottobre e conterrà un unico inedito intitolato Do You Love It che potete ascoltare di seguito.
Tracklist:
1. Am I Wry? No 2. Snow Brigade 3. Introducing Palace Players 4. Beach 5. Silas the Magic Car 6. Wheels Over Me 7. Saliva (New Mix) 8. She Came Home For Christmas 9. Sometimes Life Isn’t Easy 10. Do You Love It 11. Eight Flew Over, One Was Destroyed 12. 156 13. Special 14. The Zookeeper’s Boy 15. Comforting Sounds
Tra le tante nuove proposte musicali offerte dagli Stati Uniti, a Boston in particolare si è andata a creare una scena underground di tutto rispetto. Una scena così florida tanto che alcune band hanno formato tra di loro una comunità solidale, partendo dalle stesse coordinate musicali, ma perseguendo strade e diramazioni differenti.
Le più interessanti tra queste citano non a caso tra le loro maggiori influenze gli At the Drive-In e i Fugazi, cioè i gruppi che a loro tempo hanno gettato le fondamenta del post hardcore e dell'emocore (che non ha nulla a che vedere con la parodia da circo contemporanea), palesando così il loro retaggio.
Per fortuna le band odierne ci aggiungono molto del loro come i già citati su questo blog Vending Machetes. Questi ultimi, assieme ai Supervolcano, hanno trasportato il post hardcore in lidi inediti, attingendo da generi come il jazz e il funk, ingredienti sinora ignorati da tale stile. Come se alla cifra progressiva si aggiungesse anche un tocco di Rage Against the Machine.
I Vending Machetes e i Supervolcano (che hanno in comune il batterista Jesse Weiss e il bassista/chitarrista Mike Thomas) affrontano con destrezza partiture camaleontiche piene zeppe di ritmiche incalzanti, dissonanze armoniche e imprevedibili richiami alla black music e al progressive rock. I primi hanno prodotto solo un EP reso disponibile in download proprio pochi giorni fa (di cui abbiamo già dato testimonianza), i secondi l'anno scorso se ne sono usciti con un fulminante esordio omonimo e a luglio hanno pubblicato l'EP Insides Out. Due prove assolutamente imperdibili, caldamente consigliate (si trovano facilmente su iTunes).
Altre due band già comparse ultimamente su questo blog sono i The Dirty Dishes e gli Art Decade. I Dirty Dishes, che hanno esordito con l'EP In the Clouds, sono quelli che più si allontanano dai sentieri avventurosi fin qui descritti, ma non per questo meno meritevoli. Il loro è piuttosto uno shoegaze (che il titolo dell'EP sia un tributo agli All About Eve?) molto variopinto e non privo di sorprese che ricorda vagamente gli irlandesi Scheer.
Gli Art Decade (con due EP all'attivo: Innocence/Experience e Royalty) applicano al post hardcore (molto melodico in verità) un tocco di glam progressivo e ploifonie tanto che The Queen e Infant Joy possono apparire come un incrocio tra i Queen e i Coheed and Cambria.
Infine ci sono i KID:NAP:KIN che, con le loro contorsioni musicali e vocali (meritodell'incredibile talento di Daniel Ellis), danno corpo, nei loro due EP (Touring the Riot Scene e Hush Now), ad un'assillante tour de force in linea con i furiosi attacchi di Mars Volta e At the Drive-In, ma i KID:NAP:KIN ci aggiungono anche calorosi groove. E' notizia recente però della decisione di sciogliere la band a temp indefinito. Davvero un peccato.
Al di fuori di questa cerchia c'è un'altra band propriamente progressiva della quale ho già parlato, i Tea Club il quale secondo album dal titolo Rabbit è previsto per il 9 ottobre.
Vending Machetes - Same EP Supervolcano - SuperVolcano Supervolcano - Insides Out EP The Dirty Dishes - In The Clouds EP Art Decade - Royalty EP KID:NAP:KIN - Hush Now EP The Tea Club - General Winter's Secret Museum
La band norvegese Antdepressive Delivery ha deciso di pubblicare il nuovo album - che nonostante il titolo non è una raccolta - in due versioni: una scaricabile gratuitamente tramite il sito ufficiale (e solo per questo ci sarebbe da ringraziarli), l'altra in vinile sempre ordinabile tramite web.
Tracklist:
1.In Pine 2.Glasses 3.Lifekeeper 4.Goodbye 5.True Love 6.Alive
P.S. A margine di questa notizia un pensiero riguardo il music business. Sempre più band, soprattutto indipendenti, realizzano la loro musica in modo gratuito, cosa che, se da un lato fa felice il fruitore, di certo dall'altro qualcuno ha fatto dei sacrifici per arrivare a tali risultati. C'è da chiedersi quanto possa ancora andare avanti tale situazione per i piccoli gruppi meno conosciuti.
Proprio in questi giorni i Radiohead stanno decidendo in quale modo realizzare le loro nuove canzoni. Forse questa degli Antidepressive Delivery potrebbe essere un'idea, anche se vicina alla concezione di In Rainbows.
L'ottima band alternative post-hardcore di Boston Vending Machetes, ha debuttato con l'omonomo EP di 6 tracce che potete ascoltare di seguito e, in caso, scaricarlo con un'offerta libera tramite la loro pagina bandcamp.
I Biffy Clyro hanno reso disponibile esclusivamente tramite il loro sito il CD Lonely Revolutions, raccolta di tutte le b-sides dei singoli tratti dall'album Only Revolutions. In un primo momento l'album era uscito in un'edizione in vinile limitata a 500 copie. Prevedibilmente scomparse in pochissimo tempo, la band ha deciso di pubblicarne una versione in CD. Sarà strano ma personalmente preferisco queste b-sides ai pezzi presenti sull'ultimo album dei Biffy Clyro. Alcune di queste canzoni le potete ascoltare qui, qui e qui.
Tracklist:
01. Little Soldiers [02:46] 02. Paper Friend [04:06] 03. Robbery [01:54] 04. Prey Hey [03:12] 05. Eye Lids [03:31] 06. Time Jazz [02:50] 07. Help Me Be Captain [04:52] 08. Once An Empire [02:41] 09. Party On [03:04] 10. Toot Toot Toot [04:14] 11. Lonley Revolutions [02:30] 12. Creative Burns [02:32] 13. Sad Sad Songs [02:55] 14. Hiya [03:20] 15. Street Love [02:47] 16. Hawkwind [03:00] 17. 10 Bodies [02:23] 18. 51 Trumpets [02:46]
16 anni fa veniva pubblicato uno dei migliori album degli anni '90. Quando uscì Timothy's Monster i Motorpsycho erano insieme da appena un lustro e per la quarta prova in studio puntarono su un doppio CD (o triplo vinile) che spaziava tra noise pop, lo-fi, psichedelia, metal, folk pop, dimostrando già un'autorevole maturità. Un calderone di stili che manteneva salda anche l'identità di un gruppo che non era né americano nétantomeno inglese, ma bensì norvegese. I Motorpsycho degli anni '90 sono stati tra le migliori incarnazioni del rock indipendente: quelli dei concerti-fiume, quelli di Vortex Surfer e Hogwash, quelli dei rituali psichedelici, spaziali e progressivi.
Ora la StickmanRecordsha deciso di celebrare giustamente l'album chiave della loro discografia, facendolo diventare ancora più imponente (da doppio a quadruplo), aggiungendoci rarità e b-sides con annesso l'immancabile booklet (24 pagine di foto, anedotti e curiosità) e con un CD dedicato a come Timothy's Monster era stato in realtà concepito, cioè in disco unico. Alla fine non c'è che da gioire per l'autoindulgenza del trio di Trondheim che optò per la dimensione doppia...altrimenti cosa ne sarebbe stato di The Wheel?
Tracklist CD 1 (Part 1): 1. Feel 2. Trapdoor 3. LeaveitLikeThat 4. A Shrug & A Fistful 5. Kill Some Day 6. On MyPillow 7. BeautifulSister 8. WearingYrSmell 9. Nowit´s Time toSkate 10. Giftland 11. Watersound
CD 2 (Part 2): 1. The Wheel 2. Sungravy 3. Grindstone 4. The Golden Core
CD 3 (Part 0, The UnreleasedFirstEdition): 1. LeaveitLikeThat 2. A Shrug & A Fistful 3. Very 90's, VeryAware 4. On The ToadAgain 5. Nowit's Time toSkate 6. Watersound 7. Innersfree 8. Giftland 9. Trapdoor 10. Kill Some Day 11. Sungravy 12. Grindstone 13. The Golden Core
CD 4 (Part 4, The OnesThatGotAway: b-sides & outtakes): 1. PresidentBlock 2. Jr 3. Birds 4. LeaveitLikeThat (edit) 5. On MyPillow (edit) 6. The Wheel (edit) 7. New Day Rising 8. Seethe 9. Shock Me 10. Workin' forMCA 11. Space CadetBoogie 12. Walking On The Water (alt. version) 13. Mr. ButterclutGoesTo The Fair, Meets The Viscount, andThat's WhereWeLeaveHimat The End ofThisEpisode... 14. Celestine 15. Sinking 16. The Entertaining Ape 17. GiftlandJam 18. SonnyboyGaybar (orig. version)
Quando comparve il punk, nella seconda metà degli anni Settanta, tutti vedevano la morte del progressive rock come un dato di fatto. Questa osservazione era - oggi lo si può dire - molto superficiale. Infatti il progressive rock non solo continuò, come sfida, su strade molto più complesse (penso all'avant-garde europeo con Univers Zero o alla "new wave prog" americana con Thinking Plague e 5uu's), ma in alcuni casi, senza volerlo, si fuse con il post-punk, nel quale caso il miglior esempio furono gli emarginati e sempre più dimenticati Cardiacs.
Quello che agli occhi di molti può risultare sacrilego - e cioè l'unione di progressive e punk - agli occhi di altri privi di preconcetti può risultare esaltante. So che ancora c'è qualcuno che si ostina a non reputare tali i Mars Volta, oppure a sminuire come semplice alternative rock gli Oceansize. Insomma per molti anche il progressive contemporaneo deve suonare necessariamente come Genesis, Yes e Marillion. Allora mi chiedo: come si dovrebbe catalogare l'opera prima dei Knifeworld (ovvero Kavus Torabi) se non come progressive rock? La storia ha infatti voluto che fosse proprio un discepolo di Tim Smith e compagni a regalarci una delle opere progressive più esaltanti degli ultimi anni.
Il poliedrico chitarrista e cantante Kavus Torabi, oltre ad essere membro effettivo dei Cardiacs dal 2003 e dei defunti The Monsoon Bassoon, è coinvolto in molteplici progetti tra i quali Guapo, Chrome Hoof e North Sea Radio Orchestra. Nei Knifeworld ha deciso però di prendere le redini e attribuirsi il ruolo di leader nonché di compositore.
Su Buried Alone: Tales of Crushing Defeat mostra tutta la sua abilità in questa veste, regalandoci brani dal respiro eclettico e singolare, dalle direzioni totalmente imprevedibili, mischiando ogni sorta di genere, dall'avanguardia all'hard rock, dal folk alla psichedelia fino al Rock In Opposition.
L'opera è aperta dall'andamento quasi raga di Singled Out for Battery, con i suoi reiterati cori, che finisce in un'incredibile jam chitarristica finale. L'influsso indiano ritornerà più avanti nella placida e vagamente floydiana An Arrival.The Wretched Fathoms alterna un riff hard rock a linee vocali mutuate dai Pink Floyd e intermezzi orchestrali. Ma il primo colpo di genio è Corpses Feuding Underground che in meno di tre minuti frulla un complesso multistrato di sonorità e tracce strumentali (chitarre, fiati e ritmiche) da sembrare indipendenti l'una dall'altra e creare dissonanze quasi melodiche.
Il folk sbilenco di Severed of Horsehoof rappresenta un capolavoro senza compromessi, vi si ritrova la malinconia del prog scandinavo dei White Willow con in più arrangiamenti orchestrali non scontati. A proposito di queste influenze classiche si può osservare come No More Dying prenda avvio da una cellula tematica improntata sul minimalismo per poi svilupparsi come sempre in un delirante hard rock da camera. Poi c'è Unwreckaged che è forse la traccia più incredibile dell'album, con la sua notevole componente R.I.O. E' qui che scatta la sorpresa, perché mai si crederebbe di sentire in un album del genere un connubio pressoché perfetto tra Henry Cow e Dave Kerman. Non solo, ma si assiste al simbolico sgretolamento del muro che divide il prog punk dei Cardiacs con l'avant-prog dei 5uu's. Pissed Up On Brakefluid è un prototipo di canzone progressive punk barocca, Me to the Future of You chiude il tutto in quasi nove minuti di space rock con tanto di organo Hammond e intarsi psichedelici. Semplicemente celestiale.
Se qualcuno si chiedesse chi potrebbero essere oggi gli eredi dei Mars Volta (anche se ancora è presto per parlare di eredi) i Knifeworld avrebbero buone possibilità. E se in caso vi piacessero non esitate ad ascoltare anche I Dig Your Voodoo (1999) dei The Monsoon Bassoon.
I Dirty Dishes sono di Boston e fanno shoegaze. Già quel tipo di musica nata in Inghilterra. Cmunque, hanno pubblicato il loro primo EP l'ottobre scorso. Deer in Headlights mi è piaciuta e quindi ve la giro (come tutto l'EP). Punto.
E' una questione di equilibri. Da un estremo all'altro. Ed ogni sua estremità è affascinante e bellissima allo stesso modo, vista da prospettive opposte ma confluenti.
Se fino ad ora gli Oceansize ci avevano stupito con brani intensi e dilatati, ora, con Self-Preserved While the Bodies Float Up, il materiale si fa più compresso e diretto. Il bello è che gli stilemi principali del gruppo non solo sono rimasti invariati, ma hanno potenziato i loro aspetti: in pratica questi sono gli Oceansize in versione "overdrive".
Se prima per esprimersi la band cercava la dilatazione temporale e le divagazioni multiformi, ora è l'essenzialità a predominare. Inoltre mai un album degli Oceansize si era spinto così oltre nell'accoppiare devastanti tappeti sonori con melodie epiche e quasi (ho detto quasi) orecchiabili.
Un'altra caratteristica è che si possono tracciare facilmente due tipologie di brani: quelli pesanti e aggressivi contro languide e lente ballate. Quest'ultima categoria è un po' il proseguimento del percorso intrapreso con l'EP Home and Minor.
Usando una metafora cinematografica è come se lo stesso regista passasse dal film d'autore, dove utilizza lunghi piani sequenza e intense inquadrature, ad esprimere gli stessi concetti con una sceneggiatura più diretta e senza fronzoli, che va dritta al sodo per intenderci. Che poi è ciò che fa Part Cardiac, partendo subito in quarta con i suoi riff cadenzati e funerei - tra Soundgarden e Cog - mentre Mike Vennart si adegua, urlando il titolo dell'album che inaugura il testo. Come a dire "Pronti? Si parte".
SuperImposer e Build Us A Rocket Then... sono la quintessenza di quanto anticipatamente scritto: potenti melodie, controtempi a non finire e chitarre deflagranti in un gioco di contrasti semplicemente estasiante. Cambierebbe qualcosa se dicessi, per rendere l'idea, che vale più l'ultimo minuto e mezzo di Build Us A Rocket Then... che tutta la discografia dei Metallica (per fare un nome a caso)? No, non cambierebbe la realtà, cioè che questo pezzo è incredibile, uno dei migliori del gruppo. Come lo è It’s My Tail and I’ll Chase it if I Want To dove viene emulato il muro di suono del riff di Amputee, ma moltiplicandone la velocità, come un passaggio da 33 a 45 giri. Ho già detto che Mark Heron alla batteria è un gigante? No? Beh, lo è.
Le uniche canzoni che superano gli 8 minuti sono due. La prima, Oscar Acceptance Speech, ha un che di Mew nel cantato di Vennart che in seguito lentamente svanisce, avvolto dalle spire pianistiche ed elettriche delle variazioni del brano che sfociano in una coda cameristica. La seconda, Silent/Trasparent, parte da una cellula ipnotica di basso e si culla su questa ritmica per quasi tutta la sua durata fino al sopraggiungere del crescendo finale di chitarre. La linea vocale è dolce e suadente e le sperimentazioni sonore disseminate qua e là ne fanno una strana e moderna ballata psichedelica.
Dall'altra parte ci sono pezzi come Ransoms e Pine che rappresenano l'ala gentile e malinconica della band, fatti di scarni arpeggi e archi in crescendo, mentre A Penny's Weight sembra la colonna sonora di un sogno caleidoscopico grazie ai suoi cambi armonici vertiginosi. SuperImposter è invece una torbida ballad che richiama l'atmosfera dei racconti hard boiled.
Magari, per chi è avvezzo agli Oceansize, questo album farà breccia più velocemente del solito, nascondendo, a suo modo, meno insidie e meno sottostrati da decifrare. Chi invece si avvicinerà per la prima volta al quintetto mancuniano con quest'opera avrà comunque il suo bel da fare. Il livello qualitativo rispetto ai lavori precedenti rimane invariato, quindi altissimo, ma rimane sempre quell'impercettibile sensazione che gli Oceansize possano fare di più e arrivare a regalarci finalmente il capolavoro definitivo. Ma forse non lo fanno per rispetto a tutte le altre band del pianeta, perché il confronto sarebbe impietoso.
1. Fight Fire (04:29) 2. Black Mourning (05:00) 3. Patriarch (04:18) 4. Last Man, Last Round (04:45) 5. Valour (04:46) 6. Over The Top (04:41) 7. Never Divide (04:48) 8. Blitzkrieg (05:34) 9. Open Insurrection (07:20) 10. Armistice (06:15)
Bonus DVD - Live concert in London 2010 (41:01):
1. Les Malheurs 2. Black Mourning 3. Apogee 4. Deus Ex Machina 5. Victorious Cupid 6. Fight Fire 7. Chimeras 8. AVO
Il 18 ottobre uscirà il terzo album dei Pure Reason Revolution dal titolo Hammer & Anvil. Il CD avrà due versioni: quella normale e quella con un bonus DVD. A questo punto la domanda è: sarà brutto come il secondo? A giudicare dai samples ascoltabili di seguito forse anche di più!