sabato 9 novembre 2024

Il massimalismo math rock e folk barocco di Pete Davis

Dato che tra queste pagine non ne ho mai parlato e anche in generale sul web viene troppo poco citato, vorrei porre l'attenzione su un musicista poliedrico come Pete Davis, il cui corpus artistico merita di essere scoperto. Inizialmente conoscevo Davis solo per il suo progetto math rock Invalids, ma in seguito ho scoperto che questo era solo una parte di una più composita discografia con varie sfaccettature. Davis nei primi anni 2000 si sposta tra New Jersey e Oregon collezionando un gran numero di demo che poi re-inciderà più professionalmente nell'intimità della propria casa. Tra le prime cose a cui Davis dedica attenzione ci sono dei brani post hardcore/prog punk che vanno a finire nel 2011 nell'unico omonimo album dei Surface Area, registrato con il batterista Jon Lervold e poi una più ampia collezione di canzoni dal carattere folk, un lato che il polistrumentista sviscererà in modo del tutto personale partendo dal primo album a suo nome Passing It Off as Art del 2003. Su questa costola solista Davis si destreggia in esperimenti bizzarri come Hapax Legomena (2023), nel quale la scommessa è comporre solo canzoni della durata di un minuto, oppure con stratificazioni a cappella e di molteplici strumenti che concorrono ad aumentare le proprie abilità di home recording come una sorta di virtuosismo aggiunto.

 

L'EP False Friends e la sua traccia di apertura Everyone Felt Each Other Felt Fine può servire da buona introduzione per comprendere come Davis giunga ad una visione finale armonica che ha sviluppato in completa solitudine. Questo folk barocco che ricopre un raggio dal minimale all'orchestrale raggiunge lo zenit nell'album The Pottsville Conglomerate (2011), un'opera mastodontica da quasi 100 minuti nella quale il musicista si occupa di tutti gli strumenti, particolare da non sottovalutare visto che si parla di brani che si allargano fino a 8-9 minuti con piglio orchestrale e multitematico. Per l'ambizione messa in campo basti dire che siamo dalle parti di Sufjan Stevens, The Dear Hunter e Adjy, ovvero quel territorio poco battuto in cui il folk tradizionale amricano incontra l'emo, il bedroom pop e il prog.

Negli Invalids invece Davis mette sul tavolo un math rock ipertrofico e frenetico, imbevuto di tapping e ritmiche indiavolate, come una versione sotto steroidi dei TTNG. Finora con gli Invalids Davis ha prodotto tre album, l'ultimo dei quali Permanence del 2022 è come una summa dei suoi vari progetti: un incontro massimalista di math rock, armonie vocali a quattro parti e una complessa rete ritmica che vanno a completare una collezione di tracce estremamente satura di sovraincisioni la cui intricata architettura le rende affascinanti e disorientanti. L'impatto è alquanto singolare, ma questo album degli Invalids riunisce una serie di qualità da farsi apprezzare nell'uso della polifonia stordente ad ampio raggio utilizzata sia a livello strumentale che vocale.

domenica 3 novembre 2024

Notes from the Edge of the Week #12

  • I Gladiolus sono una band australiana che ha deciso di esordire non con un EP ma con un imponente album di 73 minuti. Inertia presenta un solido prog metal che spazia dal melodico all'aggressivo, accompagnando tale scelta con l'alternanza di voci clean e harsh. Data la sua lunghezza, dentro ad Inertia si trovano le tante sfumature di metal che possono andare dall'atmosferico al djent, fino ad arrivare alla fusion con brani che quasi sempre presentano una durata estesa (ad esempio i due tour de force di oltre 10 minuti della title-track e di Flicker). I riferimenti possono essere rintracciati nei Tool, Karnivool e Opeth, però i Gladiolus sono abbastanza accorti da non risultare delle copie carbone senza guizzi. Album notevole, soprattutto nella seconda parte, se si ha la pazienza di arrivarci.  



  • i Häxa è il nome di un collettivo guidato dalla cantante Rebecca Need-Menear (del duo art rock Avanae e qui potete vederla in azione come backing vocalist di Martin Grech) e dal produttore Peter Miles (TesseracT, Martin Grech, Cestra, Architects, FIZZ). L'omonimo album che viene adesso realizzato nella sua interezza è la somma di quattro EP pubblicati durante il 2024 al cadere dei solstizi ed equinozi. Da questo indizio si capirà che anche il concept dietro al progetto è rilevante e la musica si indirizza verso un dark folk elettronico che richiama l'esoterismo e i rituali pagani degli Sleep Token, anche se musicalmente qui siamo dalle parti di una versione gotica e rarefatta di Julie Christmas e Marjana Semkina. A tratti sperimentale, a tratti art pop sofisticato e atmosferico, i Häxa è un esperimento abbastanza affascinante. 

 
  • Devo ammettere che non ero molto ansioso di ascoltare il nuovo album dei riuniti Beardfish anche perché, dopo averli scoperti, apprezzati e seguiti a partire da The Sane Day, da Mammoth in poi li ho visti perdersi in un manierismo ripetitivo che li aveva progressivamente intrappolati in una formula poco interessante. Songs for Beating Hearts invece li riporta ad una buona ispirazione, soprattutto nella prima parte con la suite Out in the Open


  • Uno dei tanti misteri delle dinamiche del mercato musicale è come mai gli Amarionette non godano di un pubblico più vasto. Non dico che debbano sfondare nel mainstream, ma il genere di musica accattivante che producono - una specie di post hardcore imbevuto di funk, nu soul, RnB, disco e synthwave - sembrerebbe fatto apposta per i tempi che stiamo vivendo, dominati da mode retro futuriste con un occhio ai social, dove in genere questi ibridi hanno un appeal privilegiato. C'è chi ha cavalcato questi crossover da molto meno tempo degli Amarionette ed è divenuto comunque più noto di loro. Il nuovo EP AMVIRI II non fa altro che ribadire il potenziale pop-core del gruppo. 

venerdì 1 novembre 2024

Isbjörg - Falter, Endure (2024)


Da ormai più di un anno e mezzo fa i danesi Isbjörg avevano iniziato la marcia che ha portato a questo secondo album, che arriva dopo Iridescent del 2019, cominciando con il pubblicare il primo singolo Ornament (di cui qui abbiamo un'intervista) e con l'occasione presentare anche il nuovo cantante entrato in formazione Jonathan Kjærulff Jensen. Arrivati adesso a Falter, Endure i sei mostrano tutta la potenzialità di quello che loro chiamano "math-stadium rock", qualità che già risplendevano nei cinque singoli usciti in anteprima.

La peculiarità degli Isbjörg è quella di porre il riflettore del loro sound sul piano acustico suonato da
Mathias Bro Jørgensen e, nonostante ciò, il gruppo consiste anche di due chitarre ad opera di Dines Dahl Karlsen e Lasse Gitz Thingholm. Quindi niente trucchi con tastiere o sintetizzatori, ma solo un forte senso di pop pianistico amplificato su grande scala. Questo si traduce in un suono corposo e stratificato, che magari l'imperante supremazia del prog metal di oggi potrebbe far erroneamente includere gli Isbjörg all'interno della sua sfera. Invece le melodie cristalline e gli impasti elettroacustici sognanti concorrono a donare una proposta del tutto personale alla musica del sestetto. Per l'epica e solennità del sound è come se fossero una versione prog rock dei conterranei Mew votati però ad un indirizzo AOR. 

La componente che fa auto-definire il prog della band come "stadium rock" è presto spiegato dalle altisonanti e cristalline armonie (vocali e strumentali) del primo brano Ornament, ma tutta l'estetica dei brani è indirizzata verso una resa grandiosa attraverso ampie e ariose melodie che si dispiegano oltre con Homeward Bound, l'avvolgente finale di Under Your River (il cui ultimo inciso anticipa il chorus della conclusiva The River of You) e Afterglow, non perdendo tale caratteristica neanche quando i riff di piano e chitarra si incontrano in intrecci dal sapore melodrammatico come su Am I the Sinner Now?.

Il fatto di rendere i brani accattivanti non impedisce agli Isbjörg di costruirci sopra intermezzi, articolazioni e sviluppi con poliritmie in cui una costante e sottile sensazione di uno scopo sinfonico-avventuroso si possa applicare ad una musica così emotiva ed avvincente. Ad esempio i saliscendi dinamici di Solitaire o la multipartita mini suite Dressed in White Lies sono due picchi espressivi dell'album dove il gruppo espone una gran competenza per un linguaggio prog moderno che non guarda affatto al passato, anzi, nella seconda si stagliano persino echi della teatralità dei The Dear Hunter. Ben vengano quindi album come Falter, Endure piantati nella contemporaneità del prog e che cercano di ritagliarsi un posto senza rifarsi per forza a stilemi precedenti ormai riconoscibili, ma provando a trovarne uno proprio. 

domenica 27 ottobre 2024

Notes from the Edge of the Week #11


  • I Tigerwine sono uno dei gruppi più sottovalutati dell'attuale scena post hardcore americana. Dopo aver avuto la sfortuna di pubblicare una bomba di album come Nothing is for You in piena pandemia, senza alcun modo di promuoverlo, la scarsità di comunicazione mi aveva fatto temere si fossero definitivamente sciolti. Invece eccoli di nuovo con Toil & Spin, un lavoro asciutto, molto meno sperimentale e dilatato di Nothing is for You  ma altrettanto efficace nel tradurre in musica tutto l'appeal del composito psych doomgaze del gruppo. I pezzi di Toil & Spin appaiono più diretti e con divagazioni psichedeliche ridotte all'essenziale, ma vi è riversata una potenza di fuoco sonica incentrata su distorsioni chitarristiche lambite da costanti interventi spaziali, doom e riverberi infiniti di una espressività avvolgente. L'amalgama ha un impatto pesante e astrale allo stesso tempo da far posizionare i Tigerwine tra post grunge e doomgaze in una maniera che, se adorate Soundgarden e Thrice, non potete perderli. 


  • Gli Hey, ily! fanno parte di quella frangia bedroom pop della quinta onda emo la quale ha preso piede dopo la pandemia e che comprende progetti come Lobsterfight, Your Arms Are My Cocoon, Weatherday e Asian Glow. Dopo alcuni EP realizzati con l'etica lo-fi il qui presente album Hey, I Loathe You! capitalizza tutte le caratteristiche estetiche portate avanti dal sottogenere post emo, frullando dentro i suoni più disparati tra cui post hardcore, metalcore, easycore, chiptune e power pop. Insieme ad altre grandiose uscite del 2024 in campo post emo, tra cui Glass Beach, Topiary Creatures, Origami Angel e Stay Inside, l'album degli Hey, ily! testimonia l'ottimo stato di salute di un sottogenere ignorato da chiunque, ma tra i più originali del panorama rock moderno.


  • Dopo Everbloom il chitarrista Greg Almeida con The Impermanent Amber firma un altro capitolo del suo progetto Secret Gardens. Questo album è sicuramente il suo più accessibile, poiché nella varietà con cui incastra prog, metal, fusion, emo, post rock e post hardcore, ogni brano trattiene un alto tasso di orecchiabilità melodica e atmosferica. Alla batteria ritorna il mai troppo lodato Joseph Arrington (A Lot Like Birds, SianvarRoyal Coda, Gold Necklace), il cantato compare con molta più presenza e non viene disdegnato l'utilizzo di una produzione che include orchestrazioni e il gusto per stratificazioni che danno un senso di grandiosità e pienezza. In definitiva un album stilisticamente eclettico ma che fonde bene i propri generi fino a renderlo omogeneo. 


  • Un altro chitarrista che si occupa di metal fusion, il canadese Gabriel Silva Castro, con i suoi Yūrei pubblica l'EP di quattro tracce Our Dreams Were All For Everything. A differenza dei passati lavori che vedevano un approccio interamente strumentale, in questo EP Castro cambia volto al suo progetto e aggiunge alla formazione la voce femminile di Katie Thompson, oltre ad una cura per le progressioni armoniche fusion maggiormente marcata. In questo modo i pezzi respirano un'aria di djent atmosferico trascendentale e ultraterrena che potrà essere apprezzata da chi ama The Contortionist, Karmanjakah e Tetrafusion.


  • Dopo sette anni dal primo album tornano a farsi vivi anche i Mad Lollypop, duo di Indianapolis formato da Andy Irwin e Sean Hilton. Lo stile rimane più o meno quello di Party with Imaginary Friends, ovvero un prog rock moderno condito di elettronica pesante, utilizzata in modo da amplificare la sensazione di trip psichedelico ma ancora più ambizioso, come testimonia il folle e autoindulgente viaggio di 18 minuti di The Abduction. Come avevo scritto a suo tempo, uno dei paragoni più immediati rimane quello con i Porcupine Tree della prima fase, vale a dire quelli di Up the Downstairs e Voyage 34, il fine di sballarsi creando un parallelismo tra psych prog e acid house è lo stesso. 


  • I Lobby Boxer sono una di quelle band che suonano indie rock ma per fortuna con una propria personalità senza allinearsi ad una formula abusata. Infatti se il punto di partenza dei brani è aderente a quello stile, non si può mai prevedere quale piega o direzione possa prendere il gruppo per rendere l'andamento costantemente interessante. Head Shoulders Knuckles Floor è una collezione di pezzi ad alta energia che fonde indie, emo, math rock, post hardcore e prog, ognuno di questi usato a basse dosi per mantenere le canzoni su una soglia equilibrata non troppo sperimentale e abbastanza accattivante. 

martedì 8 ottobre 2024

Guitar and Video Games - Tracce di Progressive Rock nel Post Emo 2018-2024



Dopo otto anni sono tornato a scrivere un libro e non credevo che avrei rimesso mano alla carta stampata, soprattutto in questo periodo, nel momento in cui altprogcore ha perso il suo slancio originario e l'interesse verso nuove forme di musica non ha mai veramente attecchito dalle nostre parti. Non credevo insomma di trovare un nuovo argomento che valesse la pena raccontare, dato che ormai a livello musicale sembra che sia stato provato di tutto. Se ciò è avvenuto è perché qualcosa, al contrario, si è mosso nel panorama odierno e dopo anni di ascolti disparati l'unico sussulto di innovazione l'ho trovato nel genere più improbabile: il post emo. Con questo non voglio dire che il resto della musica non abbia più nulla da dire o che abbia esaurito le idee, ma che ormai la maggior parte si aggrappa a degli schemi che un ascoltatore esperto sa interpretare e riconoscere. Nel post emo, anche detto "quinta onda emo", ho invece ritrovato un certo parallelismo con quell'impulso vitale e attivamente libero da barriere che ormai più di venti anni fa si prefigurò con il connubio tra post hardcore e prog ed è l'unico sottogenere in cui abbia riscontrato una vera progressione in termini di sviluppo e commistioni.

Dato che per quanto riguarda il rock la saggistica ad esso dedicata tende comprensibilmente a concentrarsi su nomi noti e argomenti popolari, il mio pensiero è sempre stato quello che, se si deve scrivere qualcosa in proposito, è meglio farlo dedicandosi a soggetti che ancora nessuno ha preso in esame e che, ovviamente, su tale questione ci sia abbastanza materiale per poterne parlare con cognizione. Purtroppo tale scelta impopolare non facilita la divulgazione di ciò che scrivo, però il solo fatto di poter offrire una visione alternativa e avere la possibilità di far conoscere nomi e artisti altrimenti poco conosciuti è una gratificazione sufficiente. 

Questo è quanto riportato in quarta di copertina:
"Al di là dei cliché e dei pregiudizi che il termine “emo” può suscitare, legati soprattutto all’estetica della sua sottocultura, dal punto di vista musicale il genere emo è stato uno dei più imprevedibili, divisivi e incompresi, soprattutto per aver mostrato solo la punta dell’iceberg nel momento della sua massima popolarità tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, con il successo di band come My Chemical Romance, Paramore, Fall Out Boy e Jimmy Eat World. Ancora oggi la sua influenza viene citata da star di grande successo tra cui Olivia Rodrigo, Taylor Swift, Demi Lovato. 

In realtà il suo lato più alternativo e indie ha raccontato una storia differente e ben più articolata. A 40 anni dalla sua nascita l’emo è passato finora attraverso cinque onde, ognuna delle quali frazionata in tanti piccoli rivoli concentrati nel dare risalto ad aspetti e stilemi diversificati. Arrivati alla cosiddetta “quinta onda emo”, il genere ha metabolizzato e incorporato tutte quelle influenze incontrate durante il suo cammino: math rock, chiptune, bedroom pop, post rock, power pop e le ha capitalizzate in una variante massimalista di se stesso. Proprio per questo si è giunti a parlare di “post emo” nel momento in cui alcune band come Glass Beach, Topiary Creatures, Adjy, The World Is a Beautiful Place e Foxing hanno iniziato ad includere forme e suoni più ampi, complessi ed ambiziosi nel proprio sound. Le conseguenze di questa rivoluzione ha portato l’emo a mostrarsi come qualcosa di molto simile al prog rock e "Guitar and Video Games" racconta come ci siamo arrivati."

Il libro è disponibile ai seguenti link nelle due versioni indicate. Come per tutti i miei altri testi c’è anche la possibilità di acquistarlo ad un prezzo scontato tramite il blog utilizzando la colonna di destra. Grazie in anticipo per la fiducia. 


venerdì 4 ottobre 2024

Geordie Greep - The New Sound (2024)


L'annuncio improvviso lo scorso agosto della fine dei black midi penso abbia colto di sorpresa quasi tutti coloro che li conoscono. Altrettanto sorprendente è stata la velocità con cui il frontman Geordie Greep ha pubblicato il suo primo album da solista, registrato per la maggior parte in Brasile con musicisti trovati in loco per un totale di una trentina di persone coinvolte, oltre alle ospitate degli ex black midi Morgan Simpson e Seth Evans. The New Sound è contemporaneamente il titolo dell'album, il nome della band e una dichiarazione di intenti. Il distaccarsi dal suono originario dei black midi era quindi già prefigurato, ma in tutta sincerità non sapevo quale indirizzo avrebbe potuto prendere la carriera solista di Greep, ma di sicuro niente che potesse accostarsi a tale livello. 

Se questo deve essere ciò che la dissoluzione dei black midi ha generato, allora ben venga la loro morte. Tutto ciò per dire ancor più chiaramente che The New Sound in termini di risultati supera di gran carriera quanto prodotto da quella band nell'arco di tre album. Magari non sarà giusto fare paragoni, ma Greep è stato pur sempre un membro fondatore dei black midi ed un confronto con il repertorio che ha contribuito a scrivere è inevitabile. La maturazione di Greep come direttore artistico e principale motore del progetto è impressionante e a questo punto è lecito sospettare che la band fosse per lui un freno, il che è paradossale visto che il trio inglese aveva fatto della libertà sperimentale il proprio cavallo di battaglia. Eppure The New Sound sa percorrere strade ancor più avventurose e avvincenti. Senza mezzi termini, qui siamo di fronte ad una resa grandiosa: lo spettro sonoro coperto, la visione musicale di Greep, l'esecuzione musicale dell'insieme, l'organizzazione strumentale, sono qualcosa di impressionante se si pensa poi alla giovane età dell'autore.

Su The New Sound Greep costruisce un ensemble dai forti connotati musicali latino-americani, per ciò che riguarda le ritmiche (salsa, samba, rumba) e certe armonie estratte dalla bossa nova. Questo ultimo aspetto si arricchisce da sprazzi jazz, fusion e prog, che riprendono le pirotecniche linee math rock e sperimentazioni avant-garde dei black midi, ma con un gusto di profondità melodica e strumentale degna della maniacalità degli Steely Dan. La componente cabarettistica che nei black midi era accentuata proprio dall'istrionismo canoro di Greep in questo caso lascia spazio ad un crooning da big band in un connubio, come anche il cantante sottolinea, tra Frank Zappa e Frank Sinatra

Sinceramente stupisce come Greep abbia orchestrato e concepito un disco del genere, così sontuosamente ricco negli arrangiamenti e nelle stratificazioni. In ogni passaggio o cambio di direzione sono nascosti tanti particolari timbrici che formano un corto circuito tra sonorità lounge jazz/funk anni '70 e lo sfoggio di tecnicismo moderno, non indirizzato però al virtuosismo ma all'accrescere le potenzialità della prospettiva sonora e timbrica. Forse a descrivere ogni brano si fa un disservizio alla sorpresa che ognuno di questi può suscitare, anche perché non ce n'è uno che risalti sopra ad un altro, l'eccellenza in questo caso trabocca nella totalità di tutte le tracce. Un esordio di tutto rispetto, forse anche di più. I black midi sono morti, lunga vita a Geordie Greep.

martedì 24 settembre 2024

Paul Hanson and Raze The Maze - Calliope (2024)


Ci voleva un fagottista per concepire uno degli album prog più avventurosi di quest'anno. Proprio così, Calliope è stato realizzato da Paul Hanson in collaborazione con i Raze The Maze, ovvero il duo formato dagli ex MoeTar Moorea Dickason (voce) e Tarik Ragab (basso) che, se già conoscete, potrete avere un'idea dello stile che crea un crossover tra fusion e pop matematico, qui condotto su confini ulteriormente avanzati. Hanson ha ovviamente una formazione classica, ma il suo impegno a far sconfinare il proprio strumento nei reami del jazz lo ha portato a collaborare con leggende del calibro di Jon Batiste, Wayne Shorter, Béla Fleck e Billy Cobham, il quale è qui presente come ospite in un brano.

Come è chiaro fin dalle prime due tracce - When is Enough? e KDB (Kithairon Deluxe Band)Calliope si cimenta in un frenetico funk jazz con venature math rock ma che, nonostante premesse cervellotiche, si dipana in molteplici sentieri abbastanza orecchiabili, non disdegnando quindi sensibilità art pop caratterizzato dal cantato in contrappunto della Dickason. Il risultato può essere paragonato ad una versione moderna dei Bruford (nella prima incarnazione con Annette Peacock) o, se volete paragoni più attuali, come una spettacolare fusione tra il fusion prog dei Finneus Gauge (band di breve vita creata dal tastierista Chris Buzby degli echolyn) e i Knower (per questo si ascolti l'ultima traccia Doorknocker).

Per capire ulteriormente quali coordinate imbocca l'album, nella title-track siamo dalle parti della Canterbury school più evoluta (quella dei National Health per intenderci) che poi si è propagata negli USA con However e Happy The Man, cioè quella frangia che non si tirava indietro nel dare spazio a strumenti classici inusuali prestati al rock. Se siete familiari e apprezzate i riferimenti, Calliope è un disco da non perdere e che ha molto da offrire anche dopo molteplici ascolti.