lunedì 27 maggio 2019

Origami Button - Button Season EP (2019)


Il quintetto di Chicago Origami Button si affaccia sulla scena math rock con l'EP Button Season e a quanto pare è un piacevole ibrido che innesta anche influenze che vanno dal funk prog degli Eternity Forever e Zelliack all'alternative degli RX Bandits. Il proclama che si può leggere nella loro pagina Bandcamp annuncia "math rock for people that don't like math rock" ed è tutto qui il riassunto del sound degli Origami Button. Se del math rock vengono riprese le caratteristiche essenziali, che possono essere gli intrecci di chitarre intercalati da ritmiche sempre pronte a spezzarsi irregolarmente, il resto è puro divertimento pop punk prog che si dedica sottotraccia a groove mutuati dalla musica black come emerge dall'RnB di Penance Permission e al soul di Another Life. Ottimo e incoraggiante esordio.

sabato 25 maggio 2019

Knekklectric - Maskinelt Utbeina EP (2019)


Dopo due ottimi lavori in studio, di cui l'ultimo in ordine di tempo è For Mange Melodia (2017), i norvegesi Knekklectric pubblicano un EP acustico con tre tracce registrate dal vivo come preambolo al terzo album di prossima pubblicazione. La genesi di Maskinelt Utbeina EP risale in realtà all'estate scorsa quando il gruppo decide di riunirsi nel salotto del chitarrista Edvard Brøther e improvvisare uno studio mobile di registrazione per provare nell'arco di una sola giornata alcune versioni acustiche dei brani a cui stanno lavorando.

Tre di questi sono andati a finire nell'EP il quale risalta bene le caratteristiche vagamente jazzate del prog rock delicato e bucolico dei Knekklectric. Altra particolarità della band originaria di Bergen è quella di cantare adottando il dialetto usato nella cittadina di Ålesund (a qualche chilometro più a nord) che, unito all'indirizzo sonoro dato ai brani, rafforza un certo legame con atmosfere da folk nordico, senza escludere una tappa tra le parti di Canterbury.


mercoledì 22 maggio 2019

IZZ - Don't Panic (2019)

A dieci anni dall'album The Darkened Room, che iniziò una trilogia conclusasi con Everlasting Instant nel 2015, gli IZZ pubblicano ora il suo successore e album n.7 della discografia del gruppo, se non si contano i due volumi antologici di Ampersand e il live al NEARfest. Concentrandosi sul titolo dell'album e su quello del relativo brano cardine 42, che è una suite dalla durata di 18 minuti, si può intuire una natura parzialmente concept di Don't Panic che tira in ballo Douglas Adams e la sua opera Guida Galattica per Autostoppisti. In questo caso 42 è un pretesto per il bassista/chitarrista e paroliere John Galgano per parlare anche di altre cose terrene (dato che 42 nei romanzi di Adams rappresenta filosoficamente la "Risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto"), esternare la sua passione per il baseball e celebrare la maglia numero 42 Jackie Robinson che negli anni quaranta fu il primo giocatore afroamericano ad essere incluso nella Major League Baseball.

Come mi è capitato di sottolineare anche in passato gli IZZ, insieme agli Echolyn, sono tra le migliori realtà del prog rock americano contemporaneo, quello classico per intenderci con tanto di synth e polifonie vocali, anche se di loro non se ne è mai accorto nessuno, restando una band altamente sottovalutata. I due brani posti in apertura e chiusura, la title-track e Age of Stars rispettivamente, sono una vetrina di quello di cui gli IZZ sono capaci nella breve e nella lunga distanza al fine di distaccarsi da ogni possibile paragone e creare il solito impasto personale di voci (senza dimenticare quelle femminili di Anmarie Byrnes e Laura Meade), deviazioni tematiche ben orchestrate e arrangiamenti stimolanti che sottolinenano l'interplay tra ogni strumento.

42 forse non avrà lo stesso respiro epico di Deafening Silence (altra suite contenuta su My River Flows), ma nei suoi movimenti tende ad essere più coeso, come un lungo brano senza cesure nette e qualche ammiccamento agli Yes, da sempre un punto di riferimento per i fratelli Galgano, non fa che arricchire l'impasto sonoro. Nella strumentale Moment of Inertia, gli IZZ fanno sfoggio della propria tecnica con un pezzo che ben pochi esponenti del prog sinfonico saprebbero mettere in musica con la stessa capacità di evitare le trappole dei cliché, nei suoi passaggi spigolosi, a tratti crimsoniani, ma sempre saldamente ricomposti nella melodia. In questo Don't Panic rinnova lo stimolo e l'ispirazione degli IZZ sancendo un passo artistico in avanti rispetto a Everlasting Instant.

martedì 21 maggio 2019

Narco Debut - Strange and Ever-Changing Depths (2019)


I Narco Debut non sono una novità da queste parti, il loro secondo EP Garden Dreams era già entrato nei radar di altprogcore ai tempi della sua uscita nel 2016. Con Strange and Ever-Changing Depths il quartetto di Detroit arriva al debutto alla cui produzione ci ha pensato Kevin Dye dei Gates. Già questa è una sorta di garanzia in quanto se è palese che i Narco Debut abbiano qualche debito stilistico con band come Coheed and Cambria e Circa Survive, è anche da notare come si distinguano per calibrare sonorità più leggere e oniriche provenienti dal post rock e dallo shoegaze.

I groove chitarristici di This Feels Just Like Heaven e Omniscience Verses sono vicini per intensità alla band di Claudio Sanchez, ma i Narco Debut di loro sanno aggiungere delle efficaci svolte psichedeliche (nella prima delle due) che sfociano nel lisergico e che talvolta si sposano con atmosfere elettroacustiche, tipo su Wading Strange and Ever-Changing Depths, High Beam Composure o la bella introduzione Lck+10 che si collega direttamente alla suggestiva Wanderlush. Capace anche di tirate drammatiche come Azulita, in cui viene fuori la loro attrazione per il post rock, l'album offre altri punti di vista più solari come Yukon e i delicati paesaggi sonori immersi nei riverberi di Dandelion Kids. Soltanto per ribadire che le somiglianze con altre band sono solo dei punti di partenza dai quali iniziare, in quanto i Narco Debut, spaziando, hanno la possibilità di soddisfare il gusto anche dei meno avvezzi al post hardcore.


domenica 19 maggio 2019

Biffy Clyro - Balance, Not Symmetry (2019)


All'indomani di Ellipsis avevo messo una pietra sopra ai Biffy Clyro con il proposito di non interessarmi più a loro in quanto da anni avevano per me intrapreso un percorso artisticamente in declino, sempre meno avvincente e coinvolgente. E' stato l'entusiasmo di Mike Vennart per questo nuovo album a farmi tornare sui miei passi e dare ancora una possibilità al trio scozzese. La pubblicazione di Balance, Not Symmetry però credo non abbia colto di sorpresa soltanto me, o meglio, era noto che i Biffy Clyro stavano lavorando ad una colonna sonora di un film indipendente del quale il frontman Simon Neil è co-sceneggiatore insieme al regista Jamie Adams, ma la sua uscita è stata annunciata a sorpresa soltanto un giorno prima senza nessun preambolo durato mesi. Quindi avete capito bene, il nuovo progetto dei Biffy Clyro non è propriamente l'ottavo tassello della discografia (che comunque stanno al momento preparando), ma bensì la colonna sonora del film omonimo (descritto dagli autori come "una storia alla Giulietta e Romeo raccontata dalla prospettiva di Giulietta") che sarà presentato in anteprima a giugno all'Edinburgh International Film Festival, seguito a luglio dalla release dell'album in formato fisico.

Tornando pertanto al contenuto musicale, Balance, Not Symmetry non è, come ci si potrebbe aspettare, una sequenza di brani strumentali (a parte gli interludi Pink, Navy Blue e Yellow), ma un album di canzoni vero e proprio che raccoglie 17 tracce (per la durata di oltre un'ora) le quali rappresentano forse la miglior prova dei Biffy dai tempi di Infinity Land. Naturalmente Balance, Not Symmetry non si spinge così avanti con il post hardcore, i Biffy sono ancora quelli che hanno mietuto successi negli ultimi anni, ma come si capisce ascoltando la title-track questa volta osano un po' di più e lo fanno con un album eterogeneo dove ogni brano è diverso dall'altro, riportando a galla in parte lo spirito anticonvenzionale che gli apparteneva.

Se infatti già dalla seconda traccia All Singing and All Dancing si pensa di essere tornati nei binari dei classici Biffy che mostrano il loro lato più commerciale, a partire da Sunrise e Colour Wheel avviene il miracolo e riemergono reminiscenze sepolte fin dai tempi di Puzzles, piccoli twist e accorgimenti applicati alla solita formula, ma che si arricchiscono con ritmiche che tornano a battere tempi spezzati e chorus che finalmente non hanno più quel retrogusto da indie adolescenziale (la seconda parte di Colour Wheel è delziosa con le sue delicate polifonie vocali che si inseguono). Da qui ogni pezzo è una scoperta, dal soul di Plead al potente crescendo orchestrale di Touch che certifica uno dei migliori incisi del gruppo da diverso tempo. Ma anche i restanti Tunnels and Trees e The Naturals che strizzano l'occhio ad un pop rock mainstream sanno racchiudere piccole sorprese negli intermezzi e nei break, nella strumentazione utilizzata, nelle dissonanze che spuntano quasi per gioco.

Forse il fatto che Balance, Not Symmetry è considerato come un progetto collaterale ha persuaso i Biffy ad includervi materiale un po' più audace che per alcuni risulterà di seconda scelta nell'ottica di un'involuzione per il percorso della band - sarà un'impressione ma il trittico finale mi sembra un velato tributo ad altrettante figure storiche: Jasabiab (The Beatles), Following Master (Lou Reed), Adored (Pink Floyd) - , ma avercene di Biffy Clyro sempre così in forma!

sabato 18 maggio 2019

Holding Patterns - Endless (2019)


Chi si ricorda dei Crash of Rhinos? Quella band inglese che nel 2013 con il secondo album Knots raccolse consensi incondizionati nell'ambiente emo math rock per sciogliersi immediatamente dopo? Ebbene, tre dei cinque membri originali, Jim Cork, Ian Draper e Oli Craven, nel 2016 hanno iniziato a lavorare ad un nuovo progetto musicale dal nome Holding Patterns e Endless è il frutto di tale rinnovato sodalizio. Forse un inevitabile confronto con la loro vecchia band sarà da mettere in conto ma, a parte il fatto che i tre hanno deciso di percorrere la strada da un'angolazione leggeremente diversa rispetto alla complessità di Knots, c'è subito da rilevare che Endless è un esordio di grande impatto.

Se il post hardcore e l'emo rimangono ancora saldamente tra i principali interessi degli Holding Patterns, la quota math rock cala leggermente in favore di una collezione di canzoni più dirette e legate in modo indissolubile all'estetica statunitense con un riferimento particolare ai Braid e a quella capacità del midwest emo di fondersi con il pop punk (At Speed, No Accident). Siamo di fronte quindi ad un album molto curato negli arrangiamenti i quali non si limitano ad una resa scarna ed essenziale, ma ad un vero e proprio sound corale che colpisce per intensità e sentimento, come This Shot Will Ring che risulta uno dei pezzi migliori del lotto per la sua dinamica versatile.

Gli Holding Patterns ci spiegano così che la visceralità non deve necessariamente provenire da aggressione fine a se stessa o essere trasmessa da un impianto strumentale ridotto all'osso che sputa power chords a random, ma che essa può venire anche costruita con pazienza certosina (nel caso di House Fire e Long Dead) o con tensione crescente e imprevedibile (si veda First Responder, Centered at Zero). Nel complesso Endless è un album sorprendentemente fresco e piacevole, ma soprattutto un nuovo capitolo imperdibile se siete fan anche solo di uno dei generi sopra menzionati.

giovedì 16 maggio 2019

Envy on the Coast - Alive After All (2019)


Nella cerchia del post hardcore americano del decennio scorso gli Envy on the Coast erano considerati un culto, ma nel loro breve arco di carriera non fecero in tempo a diventare più conosciuti per il prematuro scioglimento nel 2010 con solo due album all'attivo. Come già sintetizzato in precedenza, i due quinti della band, ovvero il cantante Ryan Hunter e il chitarrista Brian Byrne, si sono rimessi insieme nel 2017 per un EP e una serie di concerti coadiuvati nella formazione da Gray Robertson (basso), Bill Rymer (batteria) e Matt Fazzi dei Rare Futures alle tastiere e alla chitarra.

Alive After All è una specie di celebrazione di ciò che sono stati e di quello che sono oggi gli Envy on the Coast. Registrato dal vivo il 21 novembre 2018 al Paramount di New York il concerto riporta l'intera esecuzione degli album Lowcountry (2010) e Lucy Gray (2007) in una definizione esecutiva e sonora che non fa perdere un briciolo dell'energia e della carica esplosiva originale dei due lavori, stilisticamente molto differenti tra loro: una collezione di memorabili riff rock blues il primo e un manifesto emocore il secondo. Avendo in mente questo tipo di repertorio è automaticamente logico ottenere uno dei migliori album live dell'anno.

mercoledì 15 maggio 2019

Thrice - Deeper Wells (2019)


L'EP Deeper Wells è stato pubblicato dai Thrice in occasione del Record Store Day di quest'anno (ovvero il 13 aprile) che, come prevede la consuetudine, ha avuto un'edizione limitata rigorosamente in vinile bianco e contenente quattro tracce poste su un unico lato. I brani in questione provengono dalle sessioni del loro ultimo album in studio e, a giudicare dalla qualità, non hanno nulla da invidiare alle prime scelte che alla fine sono state incluse su Palms. Se la title-track è un veloce e tagliente missile hardcore, i rimanenti tre A Better Bridge, In This Storm e Stumbling West ritrovano la potenza di scrittura della band con la quale da anni riesce a tratteggiare nello stesso ambito malinconia e aggressività, divenendo di diritto nuovi classici con cui confrontarsi. 

giovedì 9 maggio 2019

Twin Pyramid Complex - Regression Toward The Mean (2019)


Se c'è una band che non ha timore di spostare i propri confini al limite del paradosso quella corrisponde al nome di Twin Pyramid Complex. Reduci dall'assurdo tour de force Jinx Equilibria, che li presentava come degli eredi dei The Mars Volta in versione avant-garde spinto, questa volta il quintetto svedese aggiusta il tiro con la seconda prova Regression Toward The Mean. Per quanto si potessero rintracciare nell'esordio delle influenze, pur nella sua coraggiosa originalità, provenienti dal nuovo prog hardcore, Regression Toward The Mean appare come un'opera forse più personale. Oltre a questo, l'album segue un differente percorso stilistico che risalta immediatamente all'attenzione: non più lunghe digressioni multitematiche, ma un formato contenuto che comunque non rinuncia alla continua ricerca e deviazione dei percorsi musicali meno confortevoli e senza compromessi.

L'atmosfera esoterica che si riversa in tutti i brani è quasi da rituale live con strumenti impazziti in un apocalittico flusso di coscienza. Le ritmiche disarticolate che deviano incessantemente la loro traiettoria accompagnano chitarre space rock incalzate da groove matematici che sembrano prelevati dagli anni '60, mentre le voci psicotiche attraversano altrettanti registri al limite del parossismo, spingendo all'eccesso il carattere singolare delle composizioni. Ecco, di sicuro i Twin Pyramid Complex non covano velleità compromissorie per farsi compiacere facilmente, ma piuttosto mettono di continuo alla prova l'ascoltatore con il consueto assalto sonoro. Il fatto poi che Regression Toward The Mean contenga la bellezza di quindici tracce serve a rendere ancor più variegato l'universo della band, aggiungendo altri frammenti al quadro già difficoltoso e composito introdotto dalle spericolate elucubrazioni di Jinx Equilibria.

martedì 7 maggio 2019

The Physics House Band - Death Sequence (2019)


The Physics House Band fino ad ora erano un trio composto da Sam Organ (chitarra/tastiere), Adam Hutchison (basso/tastiere) e Dave Morgan (batteria), con il nuovo EP da poco pubblicato Death Sequence si è aggiunto al trio il sassofonista Miles Spilsbury e, a giudicare dal risultato, la scelta si è rivelata più che felice. Death Sequence si risolve fondamentalmente in un unico pezzo di quasi quindici minuti suddiviso in tre parti e la sua natura assomiglia molto al jazzcore affrontato dai The Mars Volta nel periodo Amputechture/The Bedlam in Goliath, un risvolto che poi diede vita al supergruppo di breve durata T.R.A.M. il quale, volendo, si può accostare a tale indirizzo.

Death Sequence segue quelle orme tra urgente improvvisazione e furiosa composizione, mostrando ancora una volta come possano convivere prog, hardcore e jazz in un vortice di caos organizzato, almeno nelle prime due sequenze. La terza si dipana con un mood ipnotico e psichedelico, reso ancora più estraniante dallo spoken word dell'ospite Stewart Lee, fino a poco prima della chiusura quando l'andamento apocalittico ritorna dinamicamente a ricollegarsi al quadro generale. Dopo Mercury Fountain i The Physics House Band crescono ancora nella speranza che in futuro sviluppino in un album che dia più spazio al percorso appena iniziato e accennato con Death Sequence.

lunedì 6 maggio 2019

I Tool presentano due nuovi brani dal vivo


Lo avevano anticipato e lo hanno fatto. Per la nuova serie di concerti (che toccherà anche l'Italia il 13 giugno a Firenze) Adam Jones e Maynard James Keenan qualche giorno fa avevano annunciato che i Tool, per la prima volta in quasi dieci anni, avrebbero suonato nuovo materiale, il che si è materializzato puntualmente nel concerto di sabato sera di Rockville a Jacksonville. I due brani inediti, Descending (in precedenza presentata sempre live in una versione strumentale non definitiva) e Invincible, faranno parte dell'ormai mitologico nuovo album che dovrebbe uscire entro l'estate e, anche se sono tuttora in molti a dubitare che ciò possa accadere visto i precedenti della band, questi due nuovi pezzi sono la prova che qualcosa di nuovo in casa Tool si sta effettivamente muovendo. Le testimonianze dal vivo emerse in Rete confermano anche che il prossimo album sarà composto da pezzi molto lunghi. Questa la setlist completa eseguita dal vivo:

1. Ænema
2. The Pot 
3. Parabola
4. Descending (First time with lyrics) 
5. Schism
6. Invincible (New song, name seen on setlist) 
7. Jambi  
8. Forty Six & 2
9. Sweat
Ions (-)
10. Stinkfist

edit 08/05: la band ha confermato via Twitter che il nuovo album sarà pubblicato il 30 agosto
https://twitter.com/Tohtps://twitter.com/Tool/status/1125992825756233729ol/status/1125992825756233729
 htps://twitter.com/Tool/tatus/112599282575623372
Descending


Invincible

sabato 4 maggio 2019

Snooze - Familiaris (2019)


C'è musica che nasce per essere fissata e scritta su uno spartito e poi c'è n'è un'altra, talmente fuori dagli schemi che non può che essere stata sognata, vagheggiata, immaginata. Quella degli Snooze appartiene senz'altro a quest'ultima categoria. Lo splendido EP d'esordio Actually, Extremely, pubblicato due anni or sono, faceva cadere immediatamente gli Snooze nella categoria math rock, ma l'album Familiaris, ripartendo da quelle coordinate, fa molto di più. Esso affina, perfeziona e aggiunge piccoli concetti e li trasforma in grandi idee, il che ad un primo distratto ascolto farà sembrare che gli Snooze non si siano allontanati molto dall'EP, ma in realtà le cose stanno diversamente.

Familiaris, inizialmente programmato per l'anno scorso poi un imprevisto cambio di cantante ha  dilungato i tempi per permettere di registrare ex novo le parti vocali, mette assieme tanti minuscoli tasselli presi in prestito da altri generi e li assembla in una veste ibrida che comunque rimane fedele al math rock. Il risultato è una montagna russa che ad ogni curva nasconde un risvolto estetico inaspettato, calandosi però molto bene nello stile degli Snooze, come le mitragliate di grancassa tipiche del thrash metal, le armonie vocali prelevate dal dream pop, gli intermezzi psichedelici imparentati con il prog rock, incontrandosi in un melting pot idealmente collegato a quanto fatto dagli Astronoid nel demolire certe barriere tra generi distanti.

L'ascolto di Familiaris si trasforma quindi in un'esperienza che spiazza le nostre attese e che va goduta tutta d'un fiato, dato che i suoi trentacinque minuti, nell'associare le tracce senza soluzione di continuità, scorrono via con grande leggerezza. La stessa mutabilità di ogni pezzo trasmette addirittura la sensazione di trovarsi di fronte ad un'unica suite, rendendo virtualmente difficoltoso individuare il suo inizio o la sua fine se non abbiamo di fronte la divisione della tracklist. Familiaris è una risposta a chi pensa che il math rock si stia dirigendo verso territori stagnanti, al contrario gli Snooze lo affrontano con originalità consegnandoci uno dei migliori album degli ultimi anni all'interno del genere.

venerdì 3 maggio 2019

Altprogcore May discoveries


Gli Edge of Reality nascono nel 2012 come progetto di Joey Frevola, chitarrista dei Kyros, i cui membri si sono stabilizzati ultimamente dopo tre album in studio. Il 31 maggio uscirà il quarto In Static che è il primo lavoro a vedere alla voce Jesse Brock dei Lines in the Sky che si è unito alla band nel 2016. Lo stile è un prog rock con venature metal e altri elementi bizzarri come l'influenza dei Cardiacs che emerge dal singolo Puzzle Man.




A dispetto del nome john makay non è un musicista solista, ma in realtà un duo francese che suona math rock come fosse una band completa, fatta e finita. Nell'EP crom si trovano grandi momenti come l'ultima traccia Corail.



The Biology of Plants è un quartetto australiano entrato da poco a far parte della sempre stimolante etichetta Art As Catharsis, con la quale pubblicherà il secondo album Vol.2 il 14 giugno. Il gruppo offre un bello squarcio di neo-classica, fusion ed elettronica senza tralasciare poliritmie tipiche del math rock.




Creazione del tastierista Eitan Kenner, l'album 8Ball City (in uscita il 23 maggio) si appresta ad essere una delle sorprese prog rock del 2019. Datato di un arsenale di tastiere pronte ad immergersi nelle declinazioni più avventurose del prog, dal jazz alla classica, all'elettronica fino all'etnico, Kenner, a giudicare dalla title-track che anticipa l'album, si dimostra legato sia alla tradizione (in questo caso Gentle Giant) sia alle nuove espressioni prog fusion vicine a Project RnL e Anakdota.




Un EP di debutto di grande effetto questo Plastic Jazz del quartetto math rock Le Grand, proveniente da Kansas City. Il gruppo si è garantito una buona fama grazie a numerosi live show locali che hanno affinato il loro stile funambolico. Come il titolo Plastic Jazz lascia intuire, la materia sonora viene maneggiata dai Le Grand con grande fluidità e flessibilità, mettendo in risalto le loro abilità.



Gruppo o singolo musicista non è dato sapere, si sa solo che questo progetto dal nome Gentle Robot proviene dal Pakistan, ma suona una musica dal respiro internazionale con canzoni imprevedibili che partono dal cantautorato art pop e si dimostrano piuttosto eclettiche nel loro sviluppo: dal prog al jazz, dal folk all'avant-garde.

mercoledì 1 maggio 2019

Arch Echo - You Won't Believe What Happens Next! (2019)


A distanza di due anni esatti dall'omonimo esordio il quintetto strumentale Arch Echo è già pronto con il secondo sforzo You Won't Believe What Happens Next!. E in questo caso la parola sforzo non è usata a caso poiché traccia dopo traccia gli Arch Echo danno l'impressione di spingere (e spingersi) sempre al massimo delle proprie possibilità di preparati strumentisti, a partire dal singolo Immediate Results! accompagnato da un video altrettanto adrenalinico. Ciò che stupisce di tale abilità sono la coesione e la compattezza con le quali i cinque membri si misurano, sempre pronti ad imporsi con i rispettivi strumenti a prescindere da chi sia sotto i riflettori solistici in quel momento. E ciò permette ad ognuno di brillare in pezzi corali come Bocksuvfun e Iris oppure, dimenticandosi della dinamica intesa come tale, impostarla tutta su spasmi (Daybreak, Mukduk) e strappi continui che trasformano i brani in tanti piccoli segmenti (Stella) che si susseguono con la stessa velocità di un treno in corsa.

Se gli Arch Echo fossero dominati dalle sole chitarre di Adam Bentley e Adam Rafowitz staremmo qui a parlare dell'ennesimo gruppo metal/djent abile nel mostrarsi contiguo a certi stilemi prog e jazz. Invece la massiccia presenza delle tastiere  di Joey Izzo infonde un'aura fusion prelevata a mani basse dall'estetica stilistica dei synth anni 80 (tra le altre cose più lampanti gli esempi sono l'intermezzo di Tempest e l'intro di Aurora). Queste più o meno costituiscono le caratteristiche che emergevano con incisività dal primo album e che la band ha indubbiamente mantenuto e preservato anche perché, ormai abbiamo capito, è lì che risiede la sua identità. You Won't Believe What Happens Next! persegue benissimo quella strada e mantiene alto il livello qualitativo, oltre che il volume di prog fusion suonata in Caps Lock.

www.archecho.com