Considerando il suo passato come membro dei Grizzly Bear, il primo album da solista di Daniel Rossen ne costituisce non tanto una continuazione declinata su larga scala, ma un esatto step successivo speculare, rivolto ad una visione ampliata del concetto chamber folk. Se nei migliori lavori del suo gruppo di origine si percepiva un attaccamento al retaggio della tradizione americana rivisitata in chiave indie rock hipster del nuovo millennio - un po' in continuità con quanto fatto dal Sufjan Stevens del periodo Illinois o dal carattere rurale dei Fleet Foxes -, You Beleng There si presenta invece come un complesso e tortuoso viaggio nella ricerca di elevare la canzone folk-tradizionale al livello di una suite da camera. Ad esempio Keeper and Kin è uno spazioso viaggio nei meandri acustici prog dei Genesis abbinati alle suggestioni psichedeliche della band di Robin Pecknold, però l'album si spinge ancora oltre.
Rossen qui si trasforma in un esecutore di musiche da un lato con un'intenzione ad ampio respiro e dall'altro con un'ispirazione raccolta e meditativa, centrando quel crossover tra folk, pop e prog che negli ultimi tempi è stata battuta anche da Joanna Newsom, Ryley Walker e da alcuni lavori di Jim O'Rourke, il riferimento a quest'ultimo in particolare lo si può percepire su It's a Passage. Rossen si certifica, in special modo su questo album, il chitarrista classico col proprio stile che è sempre stato, ma in questo caso il suo virtuosismo è ancora più funzionale e messo al servizio della musica barocca da lui vagheggiata. Quando entra in scena il personale arpeggio sbilenco e asimmetrico che punteggia l'accompagnamento, Rossen si muove quasi in modo slegato dal tempo, riflettendo parallelamente anche il dipanarsi libero di alcuni brani maggiormente impostati sul sinfonico (come la title-track, Celia e Tangle) facendoli passare attraverso un trattamento free form che in questo campo era prerogativa del Tim Buckley più sperimentale.
In pezzi come Shadow in the Frame, Unpeopled Space e I'll Wait for Your Visit utilizza i linguaggi acustici di prog, jazz e classica e ammanta tutto con una ricca e variegata strumentazione orchestrale, per lo più suonata da lui in prima persona (oltre a chitarra troviamo fiati, piano, contrabbasso, violoncello, synth) coadiuvato solo dal batterista Christopher Bear, ricavandone dei mini concerti in continua evoluzione. E' ovvio che il ruolo di primaria importanza rivestito dall'arrangiamento lussureggiante è l'essenza stessa dell'album, aumentando quel senso di dinamica multi-tematica che permea lo sviluppo dei brani. Proprio per questo You Beleng There non è un album immediato e di facile assimilazione in alcuni punti, però nel suo insieme possiede un fascino degno di quelle opere intellettuali e sperimentali che ad ogni ascolto regalano sorprese e senso di appagamento.