Ultimamente ho notato come alcuni siti o pagine Facebook dedicati al progressive rock e zone limitrofe, nati anche dopo il qui presente, riescano ad ottenere in poco tempo un considerevole numero di "like" o "follower" sulla corrispettiva pagine social, quando invece quella di altprogcore ha faticato a superare il centinaio, nonostante sia attiva ormai da qualche anno. Ora, non fraintendete, questo non è un discorso sulla competizione a chi possiede più "like", né una polemica con gli altri siti o pagine Facebook ma, confrontando gli argomenti trattati, cominci a chiederti se il tuo lavoro serva a qualcosa o se la gente possa farne tranquillamente a meno.
I siti prog di cui sopra, naturalmente, riescono ad ottenere una popolarità più vasta recensendo o parlando dei soliti artisti ormai noti a chi segue quel tipo di musica. Altprogcore, al contrario, fin dalla sua nascita si è presentato con lo scopo di promuovere artisti che, nella maggior parte dei casi, sono sconosciuti ai più, ma rimanendo sempre attento alla qualità e soffermandosi sulle nuove forme e deviazioni che ha imboccato il genere.
Fino a poco tempo fa non ci avevo fatto caso, ma se notate bene e andate a controllare nelle classifiche dei migliori album, altprogcore ha quasi sempre ogni anno eletto al primo posto delle opere di artisti emergenti. Ciò che mi rende particolarmente felice e orgoglioso è che quest'anno, in tal senso, non ha fatto eccezione e vi assicuro che la cosa non è mai stata voluta. Ed è qui che arriviamo al cuore del mio discorso e dei miei dubbi. La gente è davvero interessata al nuovo, a scoprire inedite ed eccitanti musiche, oppure le va bene di cullarsi nella sicurezza di artisti ormai affermati e di cui tutti parlano (l'esempio più lampante oggigiorno è Steven Wilson). Ha davvero senso focalizzarsi su band che nessuno ancora conosce e che, con tutta probabilità, neanche conoscerà, oppure è meglio omologarsi e scrivere l'ennesimo articolo su Dream Theater, Rush, Flying Colors, Neal Morse o su artisti impantanati da 10 anni su album che non esistono ancora (Tool)? E mentre nei social network c'è chi condivide allo sfinimento brani di Yes, Genesis, Jethro Tull e Pink Floyd, il mondo va avanti.
Un'altra cosa che non capisco è perché, se alcuni sono spinti a commentare e dire la loro quando qui si pubblica una recensione su Steven Wilson, al contrario tutto tace se viene presentato un album di qualcuno meno noto. Le opinioni non dovrebbero essere espresse in base al grado di celebrità.
Non so, forse dovrei iniziare anche io a recensire artisti già noti? Nel dubbio vi lascio con la solita lista di sconosciuti. Tornando a noi, questo è stato un anno particolarmente florido di uscite di qualità, se andrete a scavare ce ne sono molte e alcune in più le trovate come sempre nella mia pagina RYM. Con questo discorso non voglio dire che le mie scelte siano le migliori, sono come sempre solo opinioni personali che considero degli stimoli in più per coloro che saranno condannati a vedere in tutte le classifiche prog del 2015 lo scontato trionfo di Hand.Cannot.Erase. E per favore, basta con questa storia da critici con la puzza sotto il naso che le "classifiche di fine anno non servono a niente", che "odio le classifiche di fine anno", che "sono un esercizio inutile", ecc. Più che non servire, non vanno prese come valore assoluto, come qualcuno avrebbe la presunzione di farle passare. Se invece si ha l'intelligenza di osservarle per quello che veramente sono, cioè un'opinione tra le tante, servono eccome! Quando vado a consultare una determinata testata o un autore, lo faccio perché la sua direzione è affine ai miei gusti e perché lo stimo, so che potrò incontrare delle divergenze, ma la sua classifica sarà uno strumento utilissimo per prendere spunti di ascolto. Chi con riluttanza pubblica classifiche di fine anno, affermando che però non servono, è perché in cuor suo sa che la sua proposta non si distaccherà dai soliti titoli delle riviste più fighe, come sempre limitandosi ai dischi più cool del momento, divenendo quindi solo un'altra voce nel coro. Per certe testate o personaggi è quasi prevedibile, non l'ordine, ma quali artisti saranno inseriti nelle loro classifiche.
Per ora è tutto, meglio fermarsi qui. Altprogcore vi saluta e vi augura un buon 2016. Se mi cercate mi troverete su Twitter o su Facebook a condividere Comfortably Numb dei Pink Floyd e Firth of Fifth dei Genesis.
20.Time King
Suprœ
Come la fusion e il funk si possano integrare nel post hardcore moderno ce lo spiegano i Time King con il loro primo album. Loro sono tutti strumentisti d'alta classe e si presentano con brani che risaltano le loro doti, però senza esagerare con virtuosismi cervellotici, non dimenticando il coinvolgimento emotivo dato da delle belle linee melodiche, groove avvolgenti e ritmiche che ti fanno battere i piedi.
19.Strawberry Girls
American Graffiti
L'ex chitarrista dei Dance Gavin Dance con il suo nuovo gruppo si avventura in un progcore per lo più strumentale influenzato dalle infuocate jam dei The Mars Volta e dalla fusion contemporanea, inventandosi riff propulsivi e virtuosismi dinamici. Un po' jazz e un po' hardcore, American Graffiti contiene la giusta miscela per capire quanto le band progressive di oggi debbano all'influenza di Cedric Bixler e Omar Rodríguez-Lopez.
18.Tricot
A N D
Tre ragazze giapponesi che producono dell'ottimo math pop vi sembra una formula assurda? AND, tra polifonie vocali e ritmiche irregolari e talvolta selvagge, consegue questo miracolo avvicinandole ai Biffy Clyro di una volta con un più spiccato senso per il ritornello dalle belle melodie.
17.Caspian
Dust and Disquiet
E' difficile che un album post rock per lo più strumentale, oltre che a trasmetterti impressioni, emozioni o sentimenti comunque astratti, possa farti anche pensare e a colpirti nel profondo. I Caspian ci sono riusciti con un pugno di brani che parlano al cuore, complice anche la loro empatia infusa nella musica a causa della tragedia che li aveva colpiti di recente, sembrando più vivi che mai.
16.Caligula's Horse
Bloom
Ciò che ho trovato rigenerante in Bloom è che mostra una band tecnicamente eccellente, che poteva permettersi il lusso di tirare fuori di nuovo un album imponente come The Tide, The Thief and River's End, ma che ha deciso di limitarsi con un album di prog metal senza eccessi di qualsivoglia natura. Il che oggi sembra quasi in controtendenza verso la voglia di stupire e l'ostentazione delle proprie doti che hanno altre band. E comunque basterebbe la costruzione epica che si eleva dal dittico Bloom/Marigold per certificarne la grandezza.
15.Chaos Divine
Colliding Skies
I Chaos Divine hanno prodotto un album una spanna sopra rispetto al loro catalogo del passato. E' vero che non aggiungono niente di nuovo al panorama prog metal, però Colliding Skies ha delle belle soluzioni melodiche, Landmines è uno dei migliori brani dell'anno ed inoltre questi ragazzi mi sembrano una versione meno complessa dei loro conterranei australiani Karnivool. Il che non guasta affatto.
14.VOLA
Inmazes
A chi mastica progressive rock i Vola potranno sembrare indigesti. Il loro è un crossover senza compromessi tra le sonorità aggressive del post metal e l'elettronica spinta senza lesinare abbondante uso di strumenti sintetici. Inmazes è proprio che osa dove altri non arrivano ed è per questo che si lascia dietro le spalle chi ancora non è pronto per questa specie di progressive cyberpunk. Al confine tra Dredg e Röyksopp.
13.Motorpsycho and Ståle Storløkken
En Konsert for Folk Flest
Da una stesura di musica per commissione da eseguire con tanto di coro e organo nella cattedrale Nidaros di Trondheim, i Motorpsycho hanno tirato fuori uno dei loro album più progressive. In realtà si tratta appunto di una registrazione live, ma la musica è completamente inedita. I testi completamente cantati in norvegese fanno pensare ad un incredibile connubio tra Magma e RiO.
12.Town Portal
The Occident
La potenza e la scioltezza con le quali i Town Portal affrontano le impervie strade del post rock è encomiabile. Lo fanno con una buona dose aggiunta di math rock e non sbagliano praticamente niente nelle otto tracce di The Occident. E nonostante per sua stessa natura questo tipo di musica richieda attenzione, esso rimane un album che potresti ascoltare e riascoltare distrattamente e rimanerne comunque colpito.
11.Vennart
The Demon Joke
Essendo il sottoscritto un grande ammiratore degli Ocenasize questo primo album solista del loro ex frontman Mike Vennart è pura acqua fresca che arriva dopo il loro scioglimento. Logicamente Vennart si presenta in una veste meno cervellotica e quasi più cantautorale, ma quella scintilla geniale tipica delle contorsioni prog-post-core degli Oceansize è ancora ben presente su pezzi come Infatuate, Operate e A Weight in the Hollow.
10.Hiatus Kaiyote
Choose Your Weapon
Choose Your Weapon è stato l'unico album che mi ha accostato in modo intelligente a forme musicali a me distanti come lounge, hip hop, R&B e beat elettronica. Il segreto degli australiani Hiatus Kaiyote è suonare il tutto con un'impostazione da jazz progressivo ricco di deviazioni tematiche e poliritmie, in più c'è la voce calda e avvolgente della giovane frontwoman Nai Palm che ricorda le più classiche cantanti black di soul.
9.Agent Fresco
Destrier
Destrier è la quintessenza di quello che definisco altprogcore. Gli Agent Fresco hanno fuso in un unico suono tutti gli stilemi che hanno contribuito negli anni a sviluppare un nuovo e moderno linguaggio progressive rock: math rock, post hardcore e metal. Il loro primo album si addentrava con più coraggio all'interno di questi territori, mentre qui, intorno alla fine, si tende a percepire un po' di stanchezza, anche se pezzi come Howls, la title-track, Pyre, Citadel, The Autumn Red e la bonus track digitale Stillness, valgono davvero oro. Inoltre un plauso e una menzione per Þórarinn Guðnason che ha creato un suono di chitarra molto personale e riconoscibile, tra punk industriale e djent.
8.The Dear Hunter
Act IV: Rebirth in Reprise
In questo notevole e velleitario sforzo artistico l'evoluzione di Casey Crescenzo come autore è coerente con ciò che ha fatto in passato. In pratica su Act IV Crescenzo riassume tutto quello che ha scoperto musicalmente da dopo Act III in poi e lo inserisce nel contesto progressive della sua saga. L'album eccede in arrangiamenti sinfonici, è a tratti esaltante anche se nell'ultima parte perde un po' di mordente. Comunque sia si rimane nell'ottica straripante degli Act e non del suo cantautorato recente, e ciò è un bene, anche se la compiutezza del secondo capitolo è lontana.
7.Eidola
Degeneraterra
In ambito post hardcore non viene speso questo termine: "monumentale", ma pensando a Degeneraterra non si può che accostarglielo. Nella sua lunga durata le trame sono dense, intricate e complesse. In altre parole era tanto che in ambito post hardcore non si sentiva un album di tale spessore, sia per ambizione che per realizzazione. Testi impegnati e musica da hardcore intellettuale. Gli Eidola hanno preso l'eredità di Circa Survive, Coheed and Cambria, Children of Nova e Tides of Man e le ampliano con sviluppi math rock, progressive e post rock come dei consumati professionisti. E questo è solo il loro secondo album.
6.Kaddisfly
Horses Galloping on Sailboats
Con questo album i Kaddisfly concludono una trilogia iniziata ben dieci anni fa. Dopo una pausa durata quasi sei anni il gruppo non ha perso quel gusto di ricercare una specie di spiritualità nella musica. Quello di Horses Galloping on Sailboats è un alternative rock che tocca varie corde emozionali, i Kaddisfly partono dall'ultima ondata di prog hardcore, ma è inutile azzardare dei paragoni dato che le loro canzoni sono abbastanza personali.
5.Hidden Hospitals
Surface Tension
La formula degli Hidden Hospitals è semplice quanto non scontata. Mettendo in pratica il motto "addizione per sottrazione", producono brani dalla durata fulminea nei quali lo sviluppo scardina la forma canzone e da lì in avanti tutto può succedere. Ancora più minimali dei Damiera (qui ci son 2/4 di quel gruppo), che avevano fatto di questa peculiarità il loro cavallo di battaglia, gli Hidden Hospitals puntano sulle dinamiche, sui crescendo e controtempi emozionali. La produzione certosina di J Hall fa il resto, esaltando anche la più piccola sfumatura sonora di modo che nulla rimanga sfuocato e relegato sullo sfondo.
4.Gatherer
Heavy Hail
Non mi sarei aspettato dai Gatherer, dopo il primo album, un passo avanti così deciso. Heavy Hail è un album solido con canzoni impregnate di metal elettronico e alquanto cyberpunk si direbbe, se questo termine fosse ancora di moda. Neozelandesi che hanno imparato la lezione da tutto il meglio che hanno da offrire i loro connazionali e i vicini australiani. Quindi, se vi piacciono Shihad, Karnivool, Dead Letter Circus e Cog, Heavy Hail è sicuramente da non perdere.
3.TesseracT
Polaris
Ho letto le cose più contrastanti su questo album, chi lo ama e chi lo odia. Io faccio parte della prima categoria. Polaris reinventa il djent in modo radicale: originariamente partito e impostato dai grugniti primordiali delle chitarre a 7-8 corde, i Tesseract si rivolgono ad un diverso aspetto del "djenere", aumentando in modo esponenziale le tessiture ambientali di sottofondo e plasmano una nuova frontiera di metal new age, la quale, a ben vedere, era già presente in altri album djent, ma il gruppo inglese (al quale si è riunito Daniel Tompkins) finalmente libera quell'intuizione dalle catene e gli dona ampio risalto, dimostrando che in fondo questa ennesima deviazione da sottogenere del progressive metal un qualche senso ce l'ha.
2.The Velvet Teen
All is Illusory
I The Velvet Teen sono uno di quei pochi gruppi la cui sensibilità indie rock travalica l'ovvietà del pop. Judah Nagler e compagni scrivono canzoni come fossero poemi musicali e non per quanto riguarda la complessità, ma l'amore che viene sprigionato dagli arrangiamenti mai banali. All is Illusory è come fosse una greatest hits dei The Velvet Teen interamente composta da brani inediti che attraversa temporalmente tutti gli stilemi affrontati nei loro tre album precedenti. La musica dei The Velvet Teen può anche sembrare semplice ad orecchie distratte, ma con Elysium ci insegnarono che se la percepisci a livello empatico e profondo non puoi farne più a meno e All is Illusory ripete quella magia.
1.Earthside
A Dream in Static
Impossibile rimanere indifferenti di fronte al primo album (anzi, pseudo primo album dato che sono la continuazione dei Bushwhack) del quartetto Earthside. Fondamentalmente A Dream in Static non aggiunge nulla di nuovo al genere prog metal/djent, ma è il modo in cui lo realizza che colpisce. Gli Earthside non si fermano ad uno stile ben determinato, ma mescolano post rock, metal sinfonico e djent ambient, costruendo attorno ad ognuna delle otto tracce un'identità ben definita. La produzione è sontuosa e ogni dettaglio curato a livelli maniacali, in più i quattro cantanti ospiti sono al top della loro forma con una menzione particolare per Daniel Tompkins nella title-track: un trionfo.