domenica 13 dicembre 2020

Vulkan - Technatura (2020)


Anche se non c'è bisogno di ribadirlo la Svezia si conferma fertile terra di talenti per quanto riguarda il progressive rock. Dopo aver dato atto della loro competenza in tale ambito con due album, i Vulkan con Technatura superano qualsiasi aspettativa e si vanno a collocare senza problemi accanto a nomi ben più osannati di loro come Haken, Mastodon, Opeth e Pain of Salvation (ai quali tra l'altro fecero da spalla nel tour del 2018), band a cui potrebbero essere accostati. Si sarà capito che l'ambito specifico dei Vulkan è il prog metal, ma privo di quei richiami al passato e maggiormente piantato nel presente. L'unica traccia dello scontro tra i due piani temporali è dato dall'utilizzo delle tastiere vintage di Olle Edberg, il quale sceglie di tessere con basso profilo (ma essenziale nell'economia sonora) una rete di Hammond piuttosto che di synth, e la chitarra metal di Christian Fredriksson. La particolare miscela di aggressività metal e cerebralità prog fa venire in mente un'altra band norvegese, oscura ed illuminata, di nome Anti-Depressive Delivery.

Dai tempi di Observants (2016) i Vulkan dimostrano di avere fatto un grande passo di maturità verso ogni direzione: 1) arrangiamenti, che risultano più stratificati e ricchi; 2) produzione, con una grande cura per dare risalto ai vari strumenti utilizzati ed alle finezze che rifinuscono il sound; 3) abilità specifiche dei membri, a cui un particolare plauso va a Jimmy Lindblad per aver saputo lavorare sulla propria voce che in questo album brilla più del solito, decidendo oltretutto di cantare sia in lingua inglese che svedese, riuscendo a mantenere una fluidità metrica associata alla musica veramente encomiabile.

Su Technatura il risalto dato alla sezione ritmica, basso e batteria a cura di Oscar Pettersson e Johan Norbäck rispettivamente, attraverso vari tribalismi o richiami arcaici, può far venire in mente certe soluzioni alla Tool o Karnivool. Le atmosfere oscure e minacciose che troviamo in apertura con This Visual Hex ci introducono in un viaggio tortuoso e complesso, ma anche capace di racchiudere efficaci distensioni melodiche, come le contrapposizioni tensive di Redemption Simulations e Bewildering Conception of Truth, che navigano tra il selvaggio aggressivo ed il prog alternativo. Spökskepp ridefinisce in modo perfetto quest'ultimo aspetto, mentre negli oltre dieci minuti di The Royal Fallacy il gruppo mette in tavola le proprie doti di edificatore di trame strumentali multipartite, tornando alle intricate massicce radici progressive dell'esordio Mask of Air (2011). Non che con gli altri due album, che vi consiglio di riscoprire, i Vulkan non avessero dato prova di sollevarsi sopra la media di molti gruppi prog contemporanei più pubblicizzati, ma Technatura li consacra tra gli interpreti contemporanei più illuminati per portare avanti la fiamma del prog meno scontato.

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