mercoledì 13 maggio 2020

Shiner - Schadenfreude (2020)


A cavallo del vecchio e del nuovo secolo gli Shiner hanno pubblicato una serie di album molto influenti, ma di culto, per la scena math rock e post hardcore, primo fra tutti Lula Divinia (1997). Per risalire all'ultimo capitolo discografico della band di Kansas City bisogna tornare indietro di addirittura diciannove anni. A distanza di tutto questo tempo, la stessa formazione che ci lasciò con The Egg (2001) torna adesso con Schadenfreude, un album che tiene conto delle trasformazioni del rock alternativo americano degli ultimi quindici anni. In molti hanno paragonato gli Shiner agli Hum e ancora in effetti risplende quella scintillante elettrificazione sonica di chitarre lisergiche e rallentate, ma gli Shiner vanno a scavare anche nel post grunge e nell'emocore, sembrando una sublimazione tra Soundgarden e Sunny Day Real Estate.

Come gli Hum, gli Shiner danno sfogo ad acide cavalcate space hardcore, arrivando a tracciare percorsi shoegaze che avvolgono la materia con tutto il loro calore su In the End. L'intento degli Shiner infatti non sembra quello di spingere ad ogni costo sulle dinamiche emozionali e sulla ruvidezza abrasiva ma, come nel singolo Life as a Mannequin e Low Hanging Fruit, dare origine a delle atmosfere lente ed inesorabili nelle quali sprofondare. Poi compaiono anche pezzi più energici tipo Nothing, Genuflect e Paul P Pogh che pongono in risalto la sezione ritmica e il pulsare incessante del basso. La distorsione rimane come sempre la protagonista negli album degli Shiner e anche su Schadenfreude assume un ruolo preponderante, ma la loro non è alimentata da propellente heavy rock, ma è più simile ai vortici nebulosi dello shoegaze, come se risucchiasse lo spazio intorno a sé. Bentornati Shiner, ce n'era bisogno.




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