venerdì 1 febbraio 2019

Altprogcore February discoveries


UMÆ è una nuova prog band internazionale con base logistica in Islanda. Il sound prodotto da Anthony Cliplef,  Guðjón Sveinsson e Samy-George Salib in Lost in the View si ricollega al più classico prog moderno di discendenza Neal Morse e Mike Portnoy ed ospita in alcuni brani John Wesley (Porcupine Tree) alla voce, il tastierista Adam Holzman (Miles Davis, Steven Wilson) e il bassista Conner Green (Haken).



Il rinomato batterista danese Anton Eger (tra l'altro membro dei favolosi JazzKamikaze) fa il suo esordio da solista con Æ, un coacervo di elettronica, jazz, avanguardia, IDM e glitch music mescolate in modo esuberante e a tratti esaltante. Tra i vari musicisti che hanno preso parte al progetto anche Matt Calvert dei Three Trapped Tigers alla chitarra.


Terzo EP per il trio Zephyranthes, una folle digressione nel math rock avant-garde, i quali fanno di tutto per apparire spiazzanti e originali con un robusto utilizzo di noise rock, progressive, psichedelia e anche un tocco di dadaismo.



Il trio SAWCE proveniente dal New Jersey sarà tra i gruppi che accompagneranno i Thank You Scientist nel loro tour primaverile in sostegno del nuovo album in uscita. Anche i SAWCE hanno un lavoro pronto per essere pubblicato il 22 febbraio, ovvero l'EP Bedtime Stories. La musica strumentale del gruppo si ispira, come loro stessi dichiarano, al math rock di band come CHON, Polyphia e Vasudeva.



Originariamente anche loro una band strumentale, ma i Find Yourself hanno da poco realizzato il singolo Manticore cantato da Isaac Wilson e il loro stile si tinge di Sianvar, Eidola e Kurt Travis.



Mythopoetry è l'album di debutto dei Mythopoeic Mind, band formata dal sassofonista Steinar Børve, uno dei membri fondatori dei Panzerpappa, il quale ha raccolto attorno a sé altri musicisti della scena prog norvegese. In questo caso Børve lascia da parte il RIO della sua band di origine e si dedica ad un più classico progressive con influenze jazz.


Gli inglesi Jouis si descrivono come una band canterburiana, ma nel loro sound compaiono anche influssi West Coast nelle voci e tastiere prog alla maniera del rock gentile dei Syd Arthur che aggiunge al tutto un tocco retrò.



Come dice il nome la band The Death Of Pop produce pop, ma almeno cerca di renderlo interessante con soluzioni non scontate. Ancora sono leggermente acerbi, ma si intuisce che vorrebbero muoversi nei territori art pop di XTC, Dutch Uncles e Field Music.

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