domenica 18 giugno 2017

Elder - Reflections of a Floating World (2017)


Partiti come una heavy stoner band, gli americani Elder hanno dato dimostrazione di una notevole evoluzione del proprio sound nell’arco di soli tre album, arrivando nel 2015 a quella pietra grezza di psichedelia e doom che fu Lore, lavoro apprezzatissimo da pubblico e critica. Possibile fare di meglio per superare quella prova? Il nuovo Reflections Of A Floating World equivale ad un’affermazione positiva senza compromessi a tale quesito. Gli Elder crescono ancora e lo fanno su vari fronti: prima di tutto allargando la propria line-up che da power trio diviene quintetto (con l'aggiunta Michael Risberg alla seconda chitarra e Michael Samos alla pedal steel) e poi, di conseguenza, raffinando il proprio sound attraverso l’aggiunta strumenti che donano più corpo e struttura al già poderoso muro sonoro creato.

I brani mantengono una durata elevata ma, nonostante questo, il fluire degli stessi non risulta mai pesante. Non si pensi ad un parallelo con il prog metal, poiché qui non si trovano suite multi-tematiche, ma delle lunghe jam che si dipanano tra interscambi di riff heavy metal, assoli lisergici, e arpeggi elettrici, dove gli Elder sanno come mantenere desta l’attenzione con un controllo encomiabile delle dinamiche e delle variazioni. Soprattutto Nicholas DiSalvo e compagni si dimostrano abili manipolatori di un genere che ha esplorato e abusato in ogni declinazione le possibilità della sei corde nel tessere stratificazioni elettriche, mettendo sul piatto idee ancora fresche e mai monotone. Inoltre, al di là della potenza delle chitarre, quello che stupisce è l’uso attento e oculato di Mellotron e Fender Rhodes, interventi mai così pertinenti neanche in un album di prog sinfonico contemporaneo. La coda finale da brividi di The Falling Veil, sospesa tra King Crimson e Motorpsycho, acquisisce prestigio proprio grazie all’aggiunta unificante del Mellotron, ma tutta la sua cavalcata sfiora l’epica mitologica zeppeliniana di un pezzo come Achilles Last Stand.

Tra i lunghi vortici di Blind e Thousand Hands c’è anche lo spazio per la digressione strumentale quasi floydiana di Sonntag che, nella sua staticità post rock, spezza la tensione di un album monolitico dall’inizio alla fine. La riuscita di un lavoro come Reflections Of A Floating World la si può cogliere in una semplice constatazione: se prima gli Elder potevano essere riconosciuti come una nuova promessa circoscritta ad una nicchia metal e stoner rock, adesso, mantenendo comunque quel retaggio, certificano la propria grandezza avvicinandosi sempre di più al progressive e alla psichedelia. Un ampliamento dei propri orizzonti che permetterà loro di accogliere nuovi adepti.

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