sabato 3 gennaio 2009

DAMIERA - Quiet Mouth Loud Hands (2008)

Flagellati dai cambi di formazione, i Damiera sono arrivati con qualche intoppo a questo secondo album. Il chitarrista e cantante David Reymonds è rimasto, negli anni, l'unico punto fermo attorno al quale si sono avvicendati vari musicisti.
Naturalmente anche l'indirizzo musicale ha subìto qualche variazione, semplificando le composizioni e finendo così per snaturare quel progressive alternativo che aveva reso M(US)IC tanto speciale.
I Damiera sono dei campioni di sintesi: brevi sono i loro album e brevi sono le loro canzoni, ma questo non gli impedisce di frantumare la struttura delle composizioni come si farebbe con un pezzo di vetro. L'effetto musicale suscitato infatti è del tutto frastornante, come guardare in uno specchio rotto un'immagine che si riverbera in tanti piccoli pezzi.
Se in passato alcuni gruppi progressive erano stati classificati con l'appellativo di flash rock (vedi Yes, ELP, ecc.), il termine può essere oggi utilizzato per definire il math rock alternativo dei Damiera. Forse anche con più ragione dato che la velocità è la loro prerogativa. Alla band non interessano preamboli o divagazioni, Reymonds e compagni arrivano immediatamente al cuore del brano con rimarchevoli proprietà dinamiche. In tre minuti e mezzo le canzoni dei Damiera sono attraversate da una marea di fraseggi chitarristici, gli accordi cambiano in continuazione e la batteria è costantemente sotto sforzo.

M(US)IC partiva da queste promettenti premesse che Quiet Mouth Loud Hands ha molto limato, puntando su melodie più immediate ed una più accentuata varietà sonora che, se non altro, cerca di muoversi oltre l'omogeneità del sound del primo album.
La scelta di dare una virata stilistica si palesa con la title track che non è altro che un canonico indie rock con tendenze rap, o con la più orecchiabile Weights for the Waiting. Ma la pietra dello scandalo si abbatte come un macigno sul funk soul di Teacher, Preacher che sembra scritta da dei Maroon 5 qualsiasi, anche se leggermente più bravi. Per fortuna ci sono tracce come Nailbiter, Chromatica e Blinding Sir Bluest che si distinguono per una vicinanza più marcata all'identità dei Damiera.
E' sempre un bene che un gruppo abbia la volontà di rinnovarsi, però i continui cambi di formazione devono aver disorientato non poco il povero Reynolds, poiché la direzione intrapresa non sembra adatta a coloro che avevano apprezzato M(US)IC.
Il rischio è infatti che molti possano trovare Quiet Mouth Loud Hands un tentativo di ingraziarsi e ampliare i consensi attorno alla band, affacciandosi pericolosamente ad un percorso che non gli appartiene.

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