venerdì 29 maggio 2015

Escursioni tra new jazz e neo soul: Hiatus Kaiyote e Kamasi Washington

 
Dopo aver percorso le strade degli Snarky Puppy poco tempo fa, vorrei tornare un attimo a battere dei sentieri non propriamente prog, ma che comunque possono stimolare in tal senso degli ascolti meno scontati del solito. Lo faccio poiché, casualmente, questo mese ha visto la pubblicazione di due album eccellenti che, in modi differenti, partono dal jazz, dal soul e dal funk, e li rielaborano in modo personale. Entrambe sono opere imponenti, ambiziose e, forse, autoindulgenti, ma spesso non è questo il bello di molta musica avventurosa che cerca di rinnovarsi?  
 
Il primo è Choose Yuor Weapon degli australiani Hiatus Kaiyote. Pieno di acrobazie sonore e ritmiche e incredibili progressioni funk jazz, il lavoro è un caldo, colorato e avvolgente tour de force di 70 minuti che non perde un colpo e non stanca, in pratica non c'è un pezzo fuori posto. Forse i quattro di Melbourne sono troppo ansiosi di fare sfoggio della loro tecnica, ma ciò è comunque un peccato veniale che si fa perdonare dalla pirotecnica carrellata di idee. Gli Hiatus Kaiyote si insinuano in quel R&B e soul che oggi vorrebbe andare oltre il sottofondo muzak da lounge jazz (già provato da artiste come Kimbra e Janelle Monae), gonfiandoli con virtuosismi da manuale. Il gruppo è riuscito già con il primo album Tawk Tomahawk a ricevere una nomination ai Grammy Awards del 2013 come miglior performance R&B per il brano Nakamarra (vinto poi dagli Snarky Puppy).
Un'ottima risposta a chi crede che Kendrick Lamar sia un genio. Se non altro qui c'è gente che uno strumento lo sa suonare.



E, a proposito di Kendrick Lamar, arriviamo a parlare del secondo disco che è l'opera prima, e ambiziosissima, del sassofonista californiano Kamasi Washington. Con l'appropriato titolo di The Epic, Washington ci presenta tre ore di musica spalmate su altrettanti CD per un debordante riassunto di quello che potrebbe essere il jazz contemporaneo reinventato dopo anni di stasi. (Il brano che apre The Epic si intitola Change of the Guard, che anche questo sia un messaggio che ci vuole inviare Washington?) E se non è ambizione questa... Il bello è che funziona, senza risultare stucchevole o didascalico. A grandi linee il linguaggio jazz di Washington rimane ancorato alla tradizione dell'esposizione del tema, o più di uno, seguito dagli assoli dei musicisti, ma il sassofonista, da vero artista visionario, ci aggiunge cori spaziali tra Sun Ra e Magma e orchestrazioni sinfoniche degne di Gil Evans.

Con un background di collaborazioni molto assortito nell'ambiente black che vanno dal soul, hip hop e jazz, Washington ha suonato con Wayne Shorter, Herbie Hancock, Lauryn Hill, Snoop Dogg, Chaka Khan, Flying Lotus, Kendrick Lamar e molti altri. Con The Epic realizza un monumento che un altro musicista avrebbe vagheggiato solo a carriera inoltrata, lui invece ha avuto l'ardire di catapultarsi subito nell'universo jazz con il primo album i cui numeri sono impressionanti: 172 minuti di musica per 17 brani, un coro di 20 persone, un'orchestra di 32 elementi e una band stellare con musicisti pescati tra il meglio del nuovo jazz: Thundercat e Miles Mosley al basso, Tony Austin e Ronald Bruner Jr. alla batteria, Brandon Coleman alle tastiere, Cameron Graves al piano e Ryan Porter alla tromba.


mercoledì 27 maggio 2015

VENNART - The Demon Joke (2015)


Spero che la maggior parte di quelli che si apprestano a leggere queste righe sappiano chi sia Mike Vennart. In caso contrario dovreste ovviare a questa lacuna, poiché questa mancanza vi ha fatto perdere una delle migliori band degli ultimi quindici anni: gli Oceansize. Mike Vennart ne era il frontman e motore vitale che, subito dopo la fine prematura del gruppo, si è dato da fare con l'amico Richard Ingram (aka Gambler) nel progetto British Theatre. Insomma, se mi chiedeste chi sono i tre gruppi fondamentali degli anni Zero vi risponderei: Oceansize, The Mars Volta e The Dear Hunter. Questo per chiarire che venerazione ho nei confronti di qualsiasi cosa provenga dal geniale universo Oceansize.

The Demon Joke è il primo album da solista di Mike Vennart, nato dopo un processo di lunga gestazione, nel mezzo della quale ci sono scappati anche molti tour con gli amici Biffy Clyro in veste di seconda chitarra e due EP a nome British Theatre, appunto. Vennart ha quindi coinvolto nella produzione della sua opera prima (lanciata con una campagna PledgeMusic e ufficialmente in uscita il 22 giugno per l'etichetta Superball Music) gli ex compagni di avventura negli Oceansize, Steve Durose e Gambler, nonché il giovane talentuoso batterista Dean Pearson appartenente ai Young Legionnaire.

Tra citazioni di progressive rock e Black Sabbath i primi due pezzi 255 e Doubt, con strappi da electro rock, parentesi lo-fi e chitarre spaziali, fanno quasi da preambolo al piatto forte che viene servito da Infatuate e Rebirthmark. Quest'ultima è un delizioso capolavoro di arrangiamento, minimalismo e orchestrazione, un po' come se gli XTC si fossero uniti al primo David Sylvian. Il carburante che fa da propellente a Infatuate è invece un basso lanciato come una locomotiva da un fuzz penetrante e una batteria marziale che ne incentiva l'incedere sciolto.



Duke Fame e Don't Forget the Joker sono due pezzi che a loro modo stupiscono: il primo per la prova vocale di Vennart che, nella sua versatilità camaleontica messa già in mostra con gli Oceansize, non aveva mai provato ad avvicinarsi con così tanto garbo a due dei suoi miti come Mike Patton e Ozzy Osbourne; la seconda perché è una ballata indolente tra le cose più lineari mai scritte dal chitarrista. L'altalena delle atmosfere continua con la diretta asciuttezza di Retaliate, ancora pervasa da un groove di basso lancinante, alla quale segue A Weight in the Hollow che ricalca le delicate e sognanti arie di A Penny's Weight (dall'ultimo album degli Oceansize).

Tanto inevitabile quanto ininfluente arriva il paragone con gli Oceansize. Inevitabile perché la voce e la chitarra di quel gruppo sono qui di fronte a noi, vive e riconoscibilissime, così come i giochi ritmici scanditi per disorientare il più possibile, nonostante le canzoni siano volutamente molto più accessibili di una volta, tanto che con Operate e il suo chorus solenne ci potrebbe scappare un singolo di successo (buono anche come soundtrack per qualche pubblicità). Inifluenete perché The Demon Joke non fa davvero rimpiangere la singolarità degli Oceansize anche se è un oggetto diverso e sembra un'appendice creata apposta per chiudere i conti con il passato (sintetizzata benissimo nel sentito inno Amends), come a dire che gli Oceansize sono un capitolo chiuso e che la nostalgia non appartiene a questi luoghi. Quindi mai come in questo caso sarebbe giusto affermare "il re è morto, lunga vita al re!".

 



http://mikevennart.tumblr.com/

martedì 26 maggio 2015

Town Portal - The Occident (2015)

 
Personalmente ritengo che il post rock sia morto da un pezzo e, anche se non lo fosse, è un genere che non ha saputo rinnovarsi a causa di troppi artisti fotocopia e ad un perimetro musicale limitato, ripetitivo e rinchiuso in un campionario di poche idee. Ecco perché, senza esagerare, definirei il secondo album in studio del trio danese Town Portal, The Occident, spettacolare. La sua potenza è pari solo alla sua variegata freschezza con la quale un album strumentale può dirsi riuscito.

Non è facile iniettare tanto vigore e fermento in un album di questo tipo, ma i tre musicisti spingono al massimo sulle loro peculiarità - Christian Henrik Ankerstjerne con i suoi arpeggi elettroacustici sbilenchi, Morten Ogstrup Nielsen dal basso distorto, rotondo e tagliente come una lama di machete, Malik Breuer Bistrup che spinge nei tamburi con forza calorosa - e ricavano da The Occident un monumento alla dinamica e alla potenza. Raramente mi faccio coinvolgere da album di questo genere, però i Town Portal affascinano proprio perché non danno niente per scontato. Riff asciutti, ma imprevedibili e collegati a ritmiche complesse sono la cifra stilistica del gruppo: troppo complessi per essere post rock, troppo lineari per rinchiuderli nel math rock. Sono solo i Town Portal.


lunedì 25 maggio 2015

Intervista con i Bent Knee (italian + english version)

 
di Francesco Notarangelo e Lorenzo Barbagli 
 
I Bent Knee sono un sestetto di Boston formato da giovani musicisti molto attenti e preparati che, nella propria interpretazione di moderno art rock, sono riusciti a creare una sfumatura dal sound originale e riconoscibile, permettendo così di elevarsi nell'attuale panorama musicale grazie ad una ricerca tesa ad aggiungere qualcosa di nuovo. Con il secondo lavoro Shiny Eyed Babies (miglior album del 2014 secondo altprogcore) i Bent Knee si sono fatti notare riscuotendo molte critiche positive, riuscendo ad emergere nel panorama alternativo americano e varcare anche i confini nazionali arrivando come un'ammaliante eco qua da noi in Europa. Shiny Eyed Babies è un'opera a suo modo variegata che contempla sperimentazione e accessibilità con la stessa cura e passione, che mostra aspetti musicali virtuosi, ma non ansiosi di mettersi in mostra.
 
Altprogcore è stato, credo, l'unico sito web italiano a credere in loro e un'intervista al gruppo era quasi un dovere per me. Ci scrive la cantante Courtney Swain che ha suddiviso le domande tra i vari membri - Vince Welch (Production, Sound Deisgn), Jessica Kion (Bass, Vocals), Gavin (drums), Chris Baum (violin), Ben Levin (guitar) - per dare una visione più generale e collettiva.
 

Puoi dirmi com'è nato il gruppo? Vi siete incontrati al Berklee College a Boston?

Vince Welch: Si, vero.. ci siamo incontrati al Berklee College a Boston. I Bent Knee erano originariamente una collaborazione elettronica tra Courtney e Ben. Il gruppo si formò seriamente quando dovemmo registrare una canzone per un corso musicale che dovevamo sostenere. Il resto, come spesso dicono: è storia.

Qual è il significato del vostro nome?

Vince Welch: Il significato del nostro nome è un segreto. Se i nostri fans lo scoprono, potrebbero non pensare mai più lo stesso di noi..

Le vostre canzoni sembrano equamente divise da elementi di musica sperimentale ed altra musica molto più tradizionale, ad esempio l'indie rock e l'arte. A livello compositivo cercate di favorire uno o due aspetti o viene tutto naturale?

Jessica Kion: Durante la fase di composizione lasciamo che la storia di ogni singola canzone detti l'atmosfera della canzone. Stiamo costantemente cercando suoni nuovi e non vogliamo assolutamente ripeterci con la forma della canzone, la sua forma dinamica o il suo sentire. Quindi, questo, spesso ci porta a nuovi luoghi sconosciuti. Non siamo mai entrati in sala d'incisione pensando: “forza, mescoliamo un po' di funk e prog insieme”, ma non è una buona idea! Ciò che le canzoni diventano, sono il risultato dei nostri esperimenti con tonnellate di idee e, soprattutto, di mantenere quello che più ci piace.

Quali sono i temi che hanno ispirato Shiny Eyed Babies?

Jessica Kion: I temi che hanno ispirato Shiny Eyed Babies sono tutti piuttosto oscuri: dipendenza, depressione, disperazione, vergogna. Abbiamo voluto scavare il mondo nella sua disperazione e abbiamo trovato un sacco di roba lì attraverso le nostre esperienze personali e l'immaginazione.

Come avviene il vostro processo compositivo? Scrivete tutti insieme o ognuno porta le proprie idee?

Gavin Wallace-Ailsworth: Solitamente qualcuno porta una sezione di una melodia o un demo completa di un brano intero. L'intera band poi aggiunge o sottrae le sezioni o le stesse idee fino a quando non siamo tutti soddisfatti. Alcune canzoni si formano insieme più rapidamente di altre.. ricordo che Way Too Long fu un processo molto veloce, mentre Battle Creek ha richiesto molto tempo. Questo è quando successo per quasi tutte le canzoni di Shiny Eyed Babies.

Ho notato che Shiny Eyed Babies ha trovato spazio e visibilità in alcuni siti prog europei. Vi sentite legati a questo tipo di musica o è solo una coincidenza essere associati al prog?

Gavin Wallace-Ailsworth: Personalmente ho un grande legame con la musica progressive, sono cresciuto ascoltando gruppi prog classici come Rush, King Crimson, Genesis, Jethro Tull. All'inizio ero sopreso che la gente ci reputasse una band prog, perché ero abituato all'idea del prog come se fosse solo una questione di tempi dispari e acrobazie. Ma se guardiamo le band classiche che sono state etichettate come prog, si vede un gruppo di artisti che è voluto andare oltre al concetto di musica cercando nuovi suoni. Sento che è la stessa strada intrapresa con i nostri suoni, con la nostra musica!

State pensando ad un tour europeo?

Chris Baum: Shiny Eyed Babies è stato accolto molto bene in Europa, soprattutto in Germania, e stiamo pensando di attraversare l'Atlantino nel 2016.

Avete gia presentato alcune nuove canzoni dal vivo come Leak Water e state anche lavorando al terzo album, giusto?

Chris Baum: Sì, stiamo scrivendo e suonando un po' di materiale nuovo soprattutto nel nostro prossimo tour in Nord America. Usciremo col terzo album il prossimo anno che sarà molto diverso, quindi aspettatevi un significativo allontanamento da Shiny Eyed Babies e non vediamo l'ora d'iniziare.

Quali sono le tue / vostre canzoni / band preferite?

Ben Levin: Mi piace la musica che si collega profondamente con chi la scrive. Le persone sono complesse e più di guardi dentro, più diventi profondo. Quando la musica è molto personale, mi sento molto vicino a toccare quel qualcosa che rende la musica così magica. Amo Surfjan Stevens, Kendrick Lamar, e Nick Cave per molti motivi. Ognuno di loro ha un modo talmente diverso di esprimere i loro mondi più profondi.

I membri dei Bent Knee sono coinvolti in altri gruppi musicali. Quali sono le differenze principali tra questi progetti?

Ben Levin: I Bent Knee fanno parte parte di un collettivo chiamato Secret Dog Brigade(www.secretdogbrigade.com). All'interno del collettivo abbiamo i Justice Cow, un gruppo folk, un ensemble di rock prog, i Ben Levin Group, una band pop rock chiamata One Eyed Kid ed un ultimo un gruppo rock chiamato Mr Gavin's Meat Farm. Courtney Swain dei Bent Knee ha anche diverso materiale solista che viene pubblicato attraverso il collettivo.





ENGLISH VERSION:



Can you tell us how was born the group? Did you meet attending at the Berklee College in Boston?

Vince Welch: We all met at Berklee College of Music in Boston. Bent Knee was originally as an electronic music collaboration between Courtney and Ben. The band started when we put together a live band so that we could record one of the songs for a music production class I was taking. And the rest, as they say; is history…

Which is the meaning of your name?

Vince Welch: The meaning of our name is top secret. If our fans ever found out, they would never think of us the same…

Your songs seem equally divided by elements of experimental music and other more traditional like pop music, indie and art rock. At compositional level are you trying to favor one or two aspects or everything comes naturally?

Jessica Kion: When composing we let the story of each song dictate the feel of the song. We are constantly attempting to sound new and to not repeat ourselves in terms of having songs with the same form, dynamic shape, or feel. So, this often leads us to new places. We have never gone into a writing session thinking "Let's mix some funk and prog together", but that's not a bad idea! What the songs turn into is a result of us experimenting with tons of ideas and keeping what we like.

What are the themes that inspired the lyrics of Shiny Eyed Babies?

Jessica Kion: Themes that run through the lyrics of Shiny Eyed Babies are all pretty dark: addiction, depression, hopelessness, shame. We were exploring in the world of hopelessness and found a whole lot of stuff there through our personal experiences and imagination.

Can you explain what is the process of composition? Do you write all together or everyone brings their own ideas?

Gavin Wallace-Ailsworth: Typically someone will bring in a section of a tune, or a completed demo of an entire tune. The whole band would then add and subtract sections and ideas until we were all happy with it. Some songs fall together quicker than others, I remember Way Too Long happening very fast, but Battle Creek took a long time. Thats how most of the stuff on Shiny Eyed Babies was written.

I noticed that Shiny Eyed Babies had space and view in some prog European sites. do you feel linked to this kind of music or it is only a coincidence to be associated with the prog?

Gavin Wallace-Ailsworth: I personally have a huge link to progressive music, I grew up listening to classic prog bands like Rush, King Crimson, Genesis, and Jethro Tull. At first I was surprised that people thought of Bent Knee as a prog act, because I had become used to the definition of prog music as just having lots of odd times and acrobatics. But if you really look at the classic bands that have been labeled as progressive, you see a bunch of artists that were all looking for new sounds and new places to take their music, I feel that we are trying to do the same with our tunes.

Are you considering an European tour?

Chris Baum: Most definitely. Shiny Eyed Babies has been doing well in Europe, especially in Germany, and we’re hoping to cross the Atlantic at some point in 2016.

You have already presented some new live songs as Leak Water, are you working on the third album?

Chris Baum: Yes! We’re actively writing and will be playing quite a bit of new material on our soon-to-be-announced North American tour this summer. Expect album number three to drop next year — it’s a significant departure from Shiny Eyed Babies sonic landscape, and we’re excited to start trying out the new songs on the road.

What is your favorite music/what bands do you like?

Ben Levin: I like music that is deeply personal to the person writing it. People are complex and the further inward you look, the larger you become. When music is very personal I feel like it gets closer to touching on that spark that makes music so magical. I love Sufjan Stevens, Kendrick Lamar, and Nick Cave for those reasons. They each have a totally different way of expressing their deepest worlds.

The members of the Bent Knee are also involved in other parallel bands. What are the music differences between these projects?

Ben Levin: Bent Knee is part of a collective/label called Secret Dog Brigade (www.secretdogbrigade.com). Within the collective, we have a comedic folk trio called Justice Cow, a progressive rock ensemble called Ben Levin Group, a pop rock band called That One Eyed Kid, and a twisted rock band called Mr. Gavin's Meat Farm. Courtney Swain of Bent Knee also has a bunch of beautiful solo material that gets released through the collective.

www.bentkneemusic.com




domenica 17 maggio 2015

A.M. Overcast - Beauty Ave. (2015)

 
Dopo avere presentato gli straordinari Grand Beach, è tempo di occuparsi del progetto collaterale A.M. Overcast di Alex Litinsky, polistrumentista canadese (di Winnipeg) che è impegnato anche qui in veste solitaria. La sigla dietro alla quale si nasconde Litinski ha prodotto sinora sette EP, uno meglio dell'altro e che vi consiglio di ascoltare senza indugi (il tempo che vi prenderanno non sarà molto). Beauty Ave. è il suo ottavo colpo da maestro, rimanendo nella media dei dieci/quindici minuti che caratterizza ogni uscita targata A.M. Overcast. Ma, anche se la durata rimane stringata, le miniature sonore di Litinski hanno il respiro di un album completo da quanto sprigionano idee a getto continuo e la vitalità colorata dei fuochi d'artificio.

In questo caso il discorso non è ristretto a Beauty Ave. ma esteso ad ogni pubblicazione a nome A.M. Overcast. Quelli di Litinski sono dei motivi che vorresti cantare come una pop song, ma che sono troppo complessi per essere memorizzati subito. Se ci fosse un posto vacante al trono di Re del math pop, Litinski sarebbe di sicuro il miglior contendente: le sue micro-composizioni non solo stimolano il nostro desiderio di musiche elaborate, ma si ascoltano con piacere come fossero delle semplici canzoni rock.

venerdì 15 maggio 2015

The Receiving End of Sirens - The Lost Tape documentary

La Triple Crown Records ha caricato su YouTube la prima parte di The Lost Tape, il documentario sui The Receiving End of Sirens la prima band di cui fece parte Casey Crescenzo (The Dear Hunter). Enjoy!

mercoledì 13 maggio 2015

Idlehands - Dena Mora (2015)

 
Dopo un buon EP uscito nel 2013 di cui abbiamo parlato qualche tempo fa, gli Idlehands sono stati notati e messi sotto contratto dalla Equal Vision Records (ormai un'etichetta che possiamo definire storica per questo tipo di musica, che ha contribuito a lanciare le carriere di Coheed and Cambria e Circa Survive) e esordiranno il 19 maggio con Dena Mora, primo album che comprende anche il singolo Mellow Christ che aveva fatto parte di uno split single con la band Ghost Parade, il cui frontman Justin Bonifacio compare come ospite alla voce. Dena Mora è stato inoltre prodotto da Kris Crummett, altro nome importante all'interno del genere, avendo alle spalle produzioni con A Lot Like Birds, Closure In Moscow e Kaddisfly.

Se siete dei fan delle band appena menzionate (soprattutto Circa Survive e HRVRD) Dena Mora vi sorprenderà positivamente per la sua fluidità d'ascolto: le canzoni hanno arrangiamenti oculati e raffinati ed in più scorrono benissimo. Una trovata molto piacevole è il collegamento tra un brano e l'altro senza soluzione di continuità che sembra quasi studiato apposta per godersi l'album tutto d'un fiato. La cosa funziona e davvero si arriva alla fine senza stancarsi o perdere attenzione, anche perché più ci si inoltra in Dena Mora più i brani aumentano esponenzialmente di qualità. Direi che gli Idlehands, insieme agli Eidola e agli Hidden Hospitals, hanno tirato fuori dal cilindro i tre album di area post hardcore, alternative rock e prog più interessanti dell'anno fino ad ora.






mercoledì 6 maggio 2015

Introducing: Time King - Suprœ


Al momento in cui sto scrivendo non so molto a proposito dei Time King in quanto sono relativamente degli esordienti. Tutto ciò che posso dirvi è che sono un quintetto di Long Island, preparati musicalmente, hanno alle spalle un gustoso EP dal titolo Watson e si stanno apprestando a pubblicare uno stellare disco d'esordio. Per ora Suprœ è stato presentato su Bandcamp per metà, cioè cinque tracce su dieci, ma credo che queste siano più che sufficienti per accendere l'entusiasmo di molti appassionati (o almeno il mio).

Tra le trame post hardcore dell'album filtrano influenze funk, jazz e fusion che nobilitano, in un certo senso, le aggressività dei riff più grezzi. Nei Time King tutto funziona alla perfezione per diventare una nuova stella del progressive hardcore: dall'intonazione vocale di Kalvin Rodriguez, all'interplay delle chitarre tra arpeggi melodici e assoli torrenziali (ooooh, il finale di Compromise!) di Brandon Dove e Shayne Plunkett e la sezione ritmica trascinante di James Meslin (basso) e Matthew Nazario (batteria). Insomma, si sente che sono ragazzi con degli studi musicali seri alle spalle. Vorrei scomodare un paragone con i Thank You Scientist (senza l'apporto dei fiati), perché la musica scorre con la stessa energia, perché i risvolti prog jazz sono sulla stessa lunghezza d'onda e per quell'affinità di divertirsi e divertire suonando rock in modo più complesso del solito. Esordio dell'anno? Probabilmente sì.



http://timekingofficial.com/


InMe - Trilogy: Dawn (2015)


Il nuovo album degli InMe, pubblicato lunedì scorso dopo una riuscita campagna attraverso PledgeMusic, è la prima parte di una trilogia (come suggerisce il titolo) i cui successivi capitoli sono previsti per il prossimo ottobre e (la conclusione) nell'aprile 2016. Esattamente come l'EP The Destinations, l'album si concentra su canzoni maggiormente concise quasi come un pop prog metal che lascia intuire la buona tecnica del quartetto e si adagia su melodie che possono far presa facilmente.

In passato gli InMe avevano sfoggiato degli album (Herald Moth, The Pride) di prog metal tecnico, puntando non tanto su trame complesse, ma piuttosto su riff e ritmiche intricate che dimostravano l'ottimo livello di virtuosismo del gruppo. Questo Trilogy: Dawn attenua leggermente tali tendenze, forse cercando di poter arrivare a conquistare un pubblico più vasto, e credo che gli InMe abbiano trovato la via per un giusto compromesso tra orecchiabilità, durezza e la giusta dose di accorgimenti tecnici.



http://inmeofficial.co.uk/

martedì 5 maggio 2015

EIDOLA - Degeneraterra (2015)

 
Dopo un'attesa un po' più lunga del previsto, gli Eidola hanno pubblicato il loro secondo sforzo discografico, sancendo oltretutto l'unione con la quasi neonata etichetta Blue Swan Records, fondata da Will Swan dei Dance Gavin Dance e Sergio Medina degli Stolas. Ciò che non può passare inosservato ascoltando Degeneraterra è che sia un album ambizioso dai contorni velleitariamente epici, che presenta una band giovane e affiatata che non ha paura di mettersi in gioco, spingendo sulle proprie potenzialità ed esplorare le strade meno battute del post hardcore progressivo. Partendo infatti dall'eredità lasciata da gruppi come Circa Sirvive e Coheed and Cambria, gli Eidola pongono le basi per dei brani altamente complessi e strutturati e allo stesso modo coinvolgenti, che potrebbero fare di Degeneraterra un nuovo classico del progcore per le generazioni future, da accostare ad opere come Juturna e The Second Stage Turbine Blade.

A sancire la riuscita di Degeneraterra sono le sue costanti dinamiche, le trame e sottotrame strumentali e le armonie vocali, tutti elementi tesi ad una versatilità che riassumono in loro dieci anni di hardcore progressivo. Naturalmente questo è un lavoro che si prospetta di essere ascoltato molteplici volte per trovarne l'essenza, all'inizio la sua abbondanza può disorientare, ma l'energia che sprigiona è motivante nel continuare nell'esplorazione dei vari dettagli tracciati da Degeneraterra.
A voi l'ascolto completo:

domenica 3 maggio 2015

Quiet Child - If Only You Had Seen Me (2015)

 
Piccoli Steven Wilson crescono è ciò che viene in mente ascoltando l'ultima fatica dei Quiet Child, che poi sarebbe un progetto portato avanti dal solo Peter Spinker, aiutato sporadicamente da qualche altro musicista. Medesima intraprendenza per la registrazione "fai da te" come era d'uso nel primo Wilson, medesima voglia di mettersi alla prova nell'immaginare una musica "larger than life" prodotta da un singolo musicista artigiano del suo studio di registrazione personale e stessa incontenibile prolificità artistica (cinque album in sei anni). If Only You Had Seen Me è un'opera estremamente eterogenea che mischia atmosfere e umori antitetici.

Le composizioni di Spinker abbinano laceranti parti di chitarra che sembrano provenire dal doom metal dei maudlin of the Well a malinconici passaggi di piano che ricordano le ballate degli Anathema (la title-track, Und Gott Lachte). Altre volte, nei brani più estesi, a Spinker piace dedicarsi all'avant-garde (Neighbour) e alla psichedelia metal (Shells on Qusayr), ma tutte queste sfaccettature le possiamo trovare in ogni parte di If Only You Had Seen Me. Un'altra particolarità che non guasta è la voce duttile ed espressiva di Spinker che si libra tra le note di Shehada, vero pezzo di punta di tutto l'album, e nella romantica Water Rushing Through The Reeds, che se, ad esempio, Steven Wilson la avesse aggiunta in chiusura di un suo album vedremmo gente stracciarsi i vestiti, gridando al capolavoro. Noi lo diciamo sommessamente invece che questo ragazzo australiano ha dalla sua del talento non indifferente.