giovedì 18 settembre 2014

Kayo Dot - Coffins on Io (2014)

 
Devo essere sincero, il loro ultimo osannato album Hubardo, l'ho trovato alquanto deludente. Dato però che ripongo molta stima nei confronti di Toby Driver, so che da lui c'è da aspettarsi sempre qualche sorpresa. E infatti il nuovo lavoro dei Kayo Dot Coffins on Io, in uscita il 16 ottobre, dovrebbe sancire un nuovo cambio di rotta nel loro stile che sarà, a detta dello stesso Driver, vicino ad un sound post apocalittico tra la colonna sonora di Blade Runner e una combinazione sexy tra Type O Negative, Peter Gabriel, Sisters of Mercy.

Ecco in anteprima l'album in streaming




www.kayodot.net

venerdì 5 settembre 2014

Piano - Salvage Architecture (2014)


Sono abbastanza curioso di ascoltare il primo album di questo gruppo. La curiosità nasce dal fatto che i Piano sono la band incui ha militato il cantante Daniel Tompkins prima di diventare un po' più famoso grazie a TesseracT, Skyharbor e In Colour. I Piano hanno prodotto due EP, uno nel 2005 e l'altro nel 2008, e ora si apprestano a pubblicare il loro primo full length, Salvage Architecture, il 17 settembre attraverso l'etichetta giapponese Zestone Records. Il principale compositore Chris Haywood parla di un lavoro che li ha tenuti in costante sperimentazione con influenze che vanno dai Glassjaw agli Isis, dalla musica classica a quella jazz. L'impianto strumentale del gruppo rimane un solido e moderno emocore con un lieve accento sul prog metal ed in più la voce melodica (e sempre clean) di Tompkins.

STREAM FULL ALBUM HERE:
https://soundcloud.com/pianoband/salvage-architecture-full

Tracklist:

01. INSPIRE
02. EXPIRE
03. DISAPPEARING INK
04. SCALENE
05. FORENSICS
06. DUST TO DUST
07. NEPTUNE
08. NOSTALGIA IS A WEAPON
09. RUIN ETHICS
10. IN MEMORIAM

In anteprima ecco Disappearing Ink:

   

Bonus: qui potete ascoltare il secondo EP dei Piano, molto stimolante:



http://www.pianoband.com/

giovedì 4 settembre 2014

The Mercury Tree - Countenance (2014)

 
Nelle nuove proposte postate nel mese di luglio avevo segnalato un EP dei The Mercury Tree, anticipando l'uscita di questo album. Countenance è il terzo full length del trio proveniente da Portland, Oregon e si rivela come il loro lavoro più maturo fino ad ora. The Mercury Tree si imbarcano in un complesso progressive rock con ritmiche, armonie e riff che uniscono jazz, fusion e math rock, senza disdegnare l'uso delle harsh vocals. Se potete immaginare un punto di incontro tra una versione meno cervellotica dei Bubblemath e più oscura di Mike Keneally, forse vi avvicinerete al tipo di musica suonata dai The Mercury Tree. Gli arzigogoli di piano elettrico e chitarra creano un'atmosfera singolare che si trova a metà strada tra la psichedelia e l'hard rock. Il gruppo comunque si diverte a giocare con le geometriche strutture delle canzoni, testandovi sopra anche melodie orecchiabili.



http://mercurytree.net/

mercoledì 3 settembre 2014

Hail the Sun - Wake (2014)


Avevo accennato agli Hail the Sun quando, all'inizio di quest'anno, parlammo del supergruppo Sianvar e del loro EP. Un paio di anni fa gli Hail the Sun avevano prodotto l'EP Elephantitis, un po' folle e già ambizioso, dove fondevano la frenesia dei The Fall of Troy e dei The Mars Volta con le melodie dei Circa Survive. Ora è tempo dell'esordio e il 23 settembre sarà la volta del loro primo full length Wake che promette altrettante scorribande sonore e uscirà per la Blue Swan Records, la stessa etichetta degli Stolas e Icarus the Owl. I primi due pezzi tratti dall'album li potete ascoltare di seguito e sono Human Target Practice e Missed Injections.





www.facebook.com/hailthesun

martedì 2 settembre 2014

SEVEN IMPALE - City of the Sun (2014)


Da Bergen arrivano questi sei giovani norvegesi con un esordio dal titolo in pieno contrasto con la fama della loro città natale, essendo una delle più piovose al mondo. Ma non importa, perché i Seven Impale con City of the Sun sono destinati ad andare fuori dalle convenzioni e, per quello che ci riguarda, dalle regole commerciali. Intanto suonano prog, quello vero, con riferimenti ai grandi maestri del passato, ma con i piedi ben piantati nel presente, escludendo facili ammiccamenti al prog metal o all'art rock pseudo sinfonico. I Seven Impale, che avevano firmato l'ottimo EP Beginning/Relieve lo scorso anno, ci vanno giù pesante e si presentano con un biglietto da visita di sole cinque tracce, lunghe e tortuose, che si inoltrano nei coltissimi meandri del jazz rock e negli esoterici e lividi orizzonti progressivi dei Van der Graaf Generator.

Oh My Gravity! presenta subito le peculiarità dei Seven Impale che utilizzano chitarra, basso, sax e organo come un'unità compatta all'unisono, creando suoni rocciosi e levigati come una lastra di granito. L'impianto sonoro generale e il canto di Stian Økland, simile a quello di Matthew Parmenter, farebbero pensare anche ad un paragone con gli americani Discipline che si incontrano con il post jazz dei Jaga Jazzist. Le chitarre Erlend Vottvik Olsen e Økland si occupano di riff circolari e massicciamente crimsoniani, mentre Håkon Vinje usa le sue tastiere elettriche per aggiungere colori caldi e avvolgenti, oppure, all'occorrenza, gelidi come una lama.

Wind Shears si muove cauta da principio, lambendo dei territori più rilassati e fusion, alterandoli a bollori improvvisi di jazz metallico, mentre Extraction, se non fosse immerso nella solita aria elegiaca, sembrerebbe quasi un lamento blues. Eschaton Horo disegna gentili paesaggi con soffici accordi che si trasformano repentinamente in un caos magmatico di suoni elettrici. Il sassofono rauco e spigoloso di Benjamin Mekki Widerøe intesse i propri assoli e, quando non lo fa, detta la cadenza ritmica insieme alla batteria di Fredrik Mekki Widerøe e al basso di Tormod Fosso. In questi repentini salti di atmosfera la sezione ritmica è straordinaria nell'adeguarsi a swing leggeri o ad assalti tribali.

Le contrapposizioni tra le dinamiche piano / forte colpiscono all'improvviso, ma in questo clima altalenante che pervade ogni pezzo il crescendo è una costante che si espande in ogni caso, non importa a quale picco acustico sia arrivato in precedenza. Inoltre, le divagazioni strumentali sono ampie e potenti, strutturate per dare spazio all'improvvisazione. In chiusura arriva God Left Us for a Black Dressed Woman, un epico brano di 14 minuti che, tra suggestioni psichedeliche alla Motorpsycho e intricati percorsi hammilliani, ci scaraventa in un ipnotico viaggio in continua tensione fino alla liberazione del gran finale. Finalmente un gruppo che, tra le nuove leve del progressive rock, si afferma come una nuova speranza per il genere.