venerdì 29 ottobre 2010

AA.VV. - Leader Of The Starry Skies - A Tribute To Tim Smith. Songbook 1 (2010)


Uscirà il 6 dicembre ma è già disponibile in pre-ordine Leader Of The Starry Skies - A Tribute To Tim Smith. Songbook 1, una raccolta di brani dei Cardiacs coverizzati da molti artisti - tra i quali Oceansize, Steven Wilson, Julianne Regan e Rose Kemp - che hanno accettato e aderito gratuitamente nel partecipare a questo tributo dedicato al leader dei Cardiacs Tim Smith.

Smith è infatti attualmente in ospedale in una lunga convalescenza dal 2008 dopo aver avuto un ictus. I soldi ricavati dalle vendite del CD andranno totalmente devoluti per venire incontro alle cure necessarie per far tornare Smith a casa. Il tutto è stato organizzato e portato avanti dal chitarrista dei Cardiacs e leader dei Knifeworld Kavus Torabi.

Oltre che consigliare l'acquisto di quest'opera al fine di sostenere tale causa (ricordo che il pre-ordine comprende anche un CD aggiuntivo) facciamo i migliori auguri a Tim Smith.
Potete preordinare il CD sul sito www.thegenepool.co.uk a questo indirizzo.

La tracklist (con relativi artisti) è la seguente:

Savour ~ William D. Drake
Big Ship ~ Ultrasound
Fear ~ Oceansize
Let Alone My Plastic Doll ~ Mark Cawthra
Day Is Gone ~ The Trudy
Foundling ~ Stars In Battledress
Will Bleed Amen ~ Max Tundra featuring Sarah Measures
Shaping The River ~ Julianne Regan
The Stench Of Honey ~ Knifeworld
Is This The Life ~ mikrokosmos
March ~ North Sea Radio Orchestra
Victory Egg ~ Sidi Bou Said
Wind And Rains Is Cold ~ Rose Kemp Vs Rarg
Lillywhite's Party ~ Robert White featuring Andy Partridge
Up In Annie's Room ~ Katharine Blake
Stoneage Dinosaurs ~ Steven Wilson
Home Of Fadeless Splendour ~ The Scaramanga Six

Tracklist del CD compreso nel pre-ordine:

Spell With a Shell ~ Silvery
Arnald ~ Eureka Machines
Tree Tops High ~ Jason Pegg
My Trade Mark ~ Bug Prentice
Gloomy News ~ The Gasman
To Go Off And Things ~ Panixphere
I Hold My Love In My Arms ~ Local Girls
Joining The Plankton ~ a/c woods
Everything Is Easy ~ Scaramanga Six
Dead Mouse ~ Spiritwo
All Spectacular ~ Agency
Nurses Whispering Verses ~ idiotbox
The Duck and Roger The Horse ~ Stephen EvEns and the Gilchrist Family Band

lunedì 25 ottobre 2010

Novembre

Due album molto attesi (da me) stanno finalmente per vedere la luce nel mese prossimo:

il primo è Diving Bell dei Sanguine Hum - ex-Antique Seeking Nuns, ex-Joff Winks Band - dei quali ho già parlato in altre occasioni e vi anticipo che se conoscete le band appena citate i Sanguine Hum non vi deluderanno. Nel frattempo ecco un anticipo con la traccia di apertura No More Than We Deserve.

No More Than We Deserve (Sanguine Hum) by Troopers For Sound

Tracklist:

1. No More Than We Deserve (5:08)
2. The Ladder (3:56)
3. Dark Ages (4:42)
4. Coast of Nebraska (6:15)
5. The Trial (6:06)
6. Nothing Between Us (6:10)
7. Diving Bell (5:46)
8. There’s No Hum (4:50)


Il secondo è Golden Shroud di Rose Kemp che, a quanto pare, sarà una radicale sterzata verso suoni pesanti ed estremamente oppressivi e distorti. Non solo, ma il fatto che contenga solo tre lunghe tracce - ovvero Black Medick, Blood Run Red e Lead Coffin - registrate in presa diretta con solo chitarra, basso e batteria, lo fa sembrare tanto un tour de force intrigante. Staremo a vedere. Intanto, per chi non conoscesse Rose Kemp, si ascolti Unholy Majesty dal quale è tratta questa emozionante versione live di Saturday Night.

sabato 23 ottobre 2010

THE TEA CLUB - Rabbit (2010)


I Tea Club tornano in pista - a distanza di due anni da General Winter's Secret Museum - con un secondo album che sancisce una chiara e netta maturazione delle idee espresse nell'esordio. Già in quest'ultimo si erano imposti grazie ad un alto livello qualitativo, ma Rabbit alza la posta verso inediti territori progressivi, involandosi in una concezione di strutture musicali oltremodo complesse.

Tutto è racchiuso tra le due incredibili tracce che simbolizzano una crescita notevole: Simon Magus e Astro. Per ascoltare la musica dei Tea Club si deve partire con il presupposto di immergervisi completamente, perché è atmosferica, perché è complessa, variegata e anche intellettuale. Le sensazioni che vengono toccate più spesso sono antitetiche, malinconia e impeto, portate avanti da un altro contrasto, quello che fonde il progressive rock con la durezza dell'alternative. Questo connubio avviene attraverso rocciosi suoni di chitarra abbinati a ritmiche complesse e involute dove Out of the Oceans e He is Like a Spider sono un trattato più eloquente di qualsiasi parola. Nuclear Density Gauge, tra un inizio sommesso e psichedelico e un finale tumultuoso, si gioca tutto alternando e amalgamando questi due ingredienti.

I fratelli Patrick e Dan McGowan non hanno paura di scardinare i luoghi comuni del prog sinfonico e porre invece l'accento sulle sferraglianti chitarre elettriche e sui potenti colpi di batteria di Kyle Minnick, per lasciare un ruolo di rifinitura (ma non secondario) alle gustose tastiere dell'ospite Tom Brislin, che ha suonato con gli Yes e inoltre ha una sua band chiamata Spiraling. L'atmosfera va a dipanarsi così in composizioni oscure e misteriose, ma di una densità di contenuti mai così efficace. In pratica dentro un brano dei Tea Club si dischiude un mondo eterogeneo ma compatto, che, nella sua ricchezza compositiva, può fare la felicità di ogni fan del progressive o dell'alternative: polifonie vocali, intermezzi tastieristici e intelligenti riff e arpeggi di chitarra.

Anche se qualche volta la direzione può risultare oppressiva e di non facile assimilazione, come nella quasi gotica Diamondized o in The Night I Killed Steve Shelley, la peculiarità dei Tea Club è quella di non rendere mai il contenuto banale e sviluppare i brani con continue sorprese e variazioni. Anche nel contesto più rilassato e meditativo delle ballad Royal Oil Can (davvero splendida!) e Tumbleweed non si perde quella sensazione che i Tea Club siano riusciti a coniare un linguaggio progressivo personale e che di sicuro fa di Rabbit una delle opere più riuscite di quest'anno.



lunedì 18 ottobre 2010

DISTRICT 97 - Hybrid Child (2010)


Il quartetto di Chicago formato da Jonathan Schang (batteria), Rob Clearfield (tastiere), Patrick Mulcahy (basso) e Sam Krahn (chitarra) dà vita ai District 97 nel 2006 come band strumentale. L'indirizzo iniziale è un prog metal poderoso che si ispira (come dicono loro) ai Liquid Tension Experiment. Ben presto però i quattro sentono il bisogno di aggiungere alla loro tavolozza musicale delle parti cantate ed è a questo punto che entra in ballo Leslie Hunt, nota al pubblico americano per essere arrivata alle finali dell'edizione 2007 di American Idol. Con la successiva entrata della violoncellista classica Katinka Kleijn (Chicago Symphony Orchestra) e del chitarrista Jim Tashjian (al posto del dimissionario Krahn) i District 97 sono pronti ad intraprendere una nuova strada musicale.

Hybrid Child rappresenta l'esordio della band, uscito a settembre per l'etichetta Laser's Edge e, per quanto possa sembrare strana l'accoppiata tra una vocalist aspirante pop idol e un affiatato e giovane complesso progressivo, questo sodalizio funziona. Ciò che fa funzionare il tutto è la professionalità di reciproco rispetto tra le due estremità, nel senso che, con l'entrata della Hunt, i District 97 non sono scesi a compromessi con la commercialità e dall'altra parte la Hunt che, invece di inseguire il facile successo, ha accettato di buon grado la sfida di entrare in una prog band, cosa che le fa onore.

La componente essenziale di Hybrid Child rimane il prog metal, anche se non inteso nell'incarnazione tonitruante dei Dream Theater, ma qualcosa di più intellettuale che si ciba equamente di fusion e sinfonismo (saranno forse le incursioni virtuosistiche del violoncello della Kleijn, o i riff della chitarra macchinosa di Tashjian). Tali influssi rendono la materia maggiormente accessibile e accettabile anche per chi il metal non lo digerisce proprio. Diciamo che Hybrid Child è un ottimo compromesso tra neo progressive rock e prog metal.


I Don't Wanna Wait Another Day e The Man Who Knows Your Name hanno uno sviluppo in comune che divide i brani fondamentalmente in due parti. La prima parte è simile in entrambi, incentrata su un math rock che può ricordare la pesantezza e le involuzioni dei Canvas Soloaris, allegerendo molto il profilo metal. La seconda parte di I Don't Wanna Wait Another Day ha quel gusto rilassato e raffinato delle progressioni fusion proprie dei Thieves' Kitchen, mentre quella di The Man Who Knows Your Name, tra ariosi cambi armonici e solenni assoli di synth e chitarra, si fregia di ottime soluzioni melodiche neo progressive (tra Yes e Jadis). Termites è il brano che sfoga in modo più marcato queste velleità metalliche, anche se la voce della Hunt contribuisce a non far mai deragliare in toni eccessivamente enfatici.

Purtroppo il singolo I Can't Take You With Me potrebbe portare a grossi fraintendimenti, pur essendo un brano accattivante e ben orchestrato, dato che rappresenta lo stile della band solo in piccola parte (soprattutto nella versione "single edit" della quale potete gustarvi il video di seguito). Certo, ci sono quelle sottili dissonanze tra chitarra e organo nel ritornello che rendono tutto meno scontato e poi quegli intermezzi di tastiere classicheggianti, ma c'è anche l'attacco rockettaro delle strofe che fa sembrare i District 97 i Paramore che suonano prog. Quindi dategli il giusto peso.

La seconda parte dell'album è occupata dalla suite Mindscan, divisa in 10 movimenti, dalla durata di circa 27 minuti. La voce della Hunt qui è meno presente, tanto che il brano sembra voler mostrare la perizia tecnica e compositiva della band in versione strumentale, in una prova sicuramente velleitaria da contenere in un'opera prima. I District 97 non si lasciano intimorire e Mindscan si destreggia con fluidità nelle sue varie sezioni, citando gli Yes di Awaken (nella VI) e alternando mitragliate elettriche di chitarra a poderose e solenni melodie (nelle ultime tre sezioni). In pratica una summa di quanto espresso precedentemente. Esordio promettente.





www.myspace.com/district97

sabato 16 ottobre 2010

PURE REASON REVOLUTION - Hammer & Anvil (2010)


Non voglio dilungarmi su come i Pure Reason Revolution si siano trasformati radiclamente dai tempi di The Dark Third visto che, alla luce degli eventi odierni, quell'opera va valutata come un'anomalia all'interno della discografia della band e va vista come una parentesi a sé stante.

Quindi veniamo al presente. Dico subito che se vi è piaciuto Amor Vincit Omnia (e a quanto pare sono in molti) vi piacerà sicuramente anche Hammer & Anvil. La direzione è più o meno la stessa e sempre più indirizzata verso un formato che rispetti i canoni di una normale canzone. Non ci sono molti sussulti o sottostrati da scoprire ascolto dopo ascolto: ciò che i Pure Reason Revolution hanno da offrire lo abbiamo a disposizione delle nostre orecchie fin da subito. Rimane la fascinazione per le polifonie vocali - della Alper e Wilcox - abbinate come sempre a un tripudio di drum machine, sintetizzatori e diavolerie elettronche (Patriarch e Valour). Questa probabilmente, in un universo parallelo, è la via alternativa che avrebbero potuto imboccare i Porcupine Tree degli esordi, quando Steven Wilson si divertiva con saltuarie incursioni nella trance ambient elettronica di Voyage 34, Burning Sky e Wire the Drum, ancor meglio rappresentate dal trip spaziale-psichedelico di Open Insurrection.

Altrimenti quello dei PRR è propriamente un freddo techno-rock dell'era moderna, come dimostrano i bombardamenti di Fight Fire e Black Mourning, i giochi e riff di sintetizzatori di Last Man, Last Round o il synth pop simil-anni-Ottanta di Over the Top e Armistice e ancora la ritmica spedita, quadrata e quasi dance di Never Divide. Blitzcrieg sembra poi una specie di remix di qualcosa, una vera e propria dichiarazione d'intenti nel suo distaccarsi sempre più dal rock e sposare incodizionatamente un'estetica da dance elettronica. Cosa che poi l'album si prefigge come scopo, dato che per descrivere i Pure Reason Revolution di oggi si potrebbero citare i nomi di Depeche Mode, Soft Cell e Chemical Brothers, piuttosto che Pink Floyd o Porcupine Tree.

Hammer and Anvil supera così Amor Vincit Omnia solo perchè mostra finalmente con chiarezza la decisa sterzata della band verso lidi che non appartengono più al progressive rock e forse neanche all'alternative. Quindi capitolo chiuso, se ne apre un altro e per quel che mi riguarda non sarò lì a seguirlo. L'unico merito dei Pure Reason Revolution è quello di aver avvicinato così tanto l'elettronica alla filosofia di una rock band da potersi esibire con la stessa pertinenza sia in dancefloor aristocratici, sia in festival rock alternativi, senza mai essere o sentirsi fuori contesto.





mercoledì 13 ottobre 2010

Kilimanjaro + Blocks

Qualche post fa abbiamo parlato della separazione degli As Tall As Lions. Bene, oggi le cose si fanno più chiare. Il gruppo si è diviso in due progetti differenti: il primo era noto fin da questa estate e cioè i Kilimanjaro. Formato da Cliff Sarcona, Sean Fitzgerald e Julio Tavarez è in pratica una jam band che si diletta in improvvisazioni jazz-ambient della quale sono stati resi disponibili due EP.

<a href="http://kilimanjaro.bandcamp.com/album/ep-one">EP ONE by KILIMANJARO</a>

<a href="http://kilimanjaro.bandcamp.com/album/ep-two">EP TWO by KILIMANJARO</a>

La notizia fresca di oggi è che il quarto membro degli As Tall As Lions, il cantante Dan Nigro, ha risposto con il progetto denominato Blocks rilasciando per ora la sola canzone Hourglass con un indirizzo smaccatamente pop.

<a href="http://blocks.bandcamp.com/track/hourglass">Hourglass by B L O C K S</a>

La cosa chiara che emerge da tutto ciò è la ragione della separazione della band che può essere ricondotta probabilmente a divergenze artistiche tra i quattro. O un'altra motivazione - forse meno probabile - è la distanza geografica, visto che Nigro si è trasferito a Los Angeles, mentre gli altri tre hanno preferito rimanere a New York.

lunedì 11 ottobre 2010

Vessels, il nuovo "Helioscope" nel 2011



I Vessesls sono un gruppo di post rock che sta accopagnado in questi giorni gli Oceansize in tour. Il prossimo febbraio uscirà il loro nuovo album intitolato Helioscope dal quale possiamo già sentire e scaricare gratuitamente il brano Meatman, Piano Tuner, Prostitute.

Alcune tracce tratte dal loro debutto White Fields and Open Devices (2008) si possono ascoltare di seguito.

Web player by Vessels




http://vesselsband.com/

lunedì 4 ottobre 2010

THUMPERMONKEY LIVES! - We Bake Our Bread Beneath Her Holy Fire (2010)


La cosa bella del progressive rock è che racchiude in sè così tante varianti che quando ascoltiamo una band valida ognuno di noi può trovarci influenze differenti, a seconda dell'eperienza musicale che ognuno ha maturato.

I Thumpermonkey Lives!, ad esempio, sono stati paragonati ad una versione metal di David Bowie o all'eclettismo di Mike Patton. Ma We Bake Our Bread Beneath Her Holy Fire potrebbe essere tutto questo e allo stesso tempo tutt'altro. Che sia pop metal o progressive hardcore, il nuovo album del trio inglese alterna momenti di incontrollata creatività ad altri più nella norma.

If It Works For the Cast of La Law, It's Going To Work For Me ci mette a nostro agio con polifonie vocali stratificate e un piano che accompagna dolcemente la meloda, ma già da questa breve intro ci si accorge che l'album ci potrà riservare delle sorprese. In effetti Whateley pone le cose in chiaro con un incedere da metal rallentato ma la voce del chitarrista e leader Michael Woodman riporta tutto alla melodia. Molto simile sono Abyssopelagic e I Don’t Know if this is a Matter for Wardrobe or Hairdressing, con ritmiche scandite lentamente, mi ricorda le ruvide rasoiate elettriche del Mike Keneally di Boil That Dust Spek. Proktor Cylex è una delle cose più ardite realizzate della band: una sorta di canzone in forma narrata con un sottofondo da avant-garde metal. Ma il vero colpo di genio è 419 - il quale video riportato qui sotto è un piccolo capolavoro - una ballad che si costruisce lentamente in un'epica, romantica e malinconica progressione tra psichedelia, jazz e hard rock.




Se siete curiosi potete ascoltare in streaming l'album per intero qua sotto, ma non è finita, perchè il gruppo, tramite il sito ufficiale, dà la possibilità di scaricare gratuitamente tutti i lavori che hanno preceduto We Bake Our Bread Beneath Her Holy Fire.

venerdì 1 ottobre 2010

BIG BIG TRAIN - Far Skies Deep Time EP (2010)


Il nuovo EP dei Big Big Train sarà disponibile dal 25 ottobre per chi è iscritto alla mailing list della band e sarà ordinabile ufficialmente da chiunque altro a partire dal 25 dicembre. Sebbene presenti solo 5 pezzi, uno dei quali è una cover, è un po' limitativo chiamare EP Far Skies Deep Time visto che arriva a durare 41 minuti.

Master of Time è la cover che apre l'album. Il pezzo è di Anthony Phillips ed è una outtake dal suo primo album da solista The Geese and the Ghost comparsa come demo nella ristampa di quest'ultimo. La versione dei Big Big Train, approvata dallo stesso Phillips, aggiunge all'originale un'impronta da band, naturalmente con voluti richiami ai Genesis che non sono semplici scopiazzature da neo-prog, ma un tributo, soprattutto all'era Trespass, album dove l'impronta di Phillips rimane predominante. Quindi la canzone viene edificata in gran stile e in una visione più grandiosa e ad ampio respiro condita di assoli di chitarra, tastiere e flauto.

Al fianco di Greg Spawton e Andy Poole c'è la stessa line-up di The Underfall Yard che vedeva David Longdon alla voce, Nick D'Virgilio alla batteria e Dave Gregory (ex XTC) alla chitarra. La seconda canzone, Fat Billy Shouts Mine, proviene proprio dalle session di quell'album, andando a ricoprire le stesse atmosfere tra neo-prog e pop, dove la parte del leone la fa Gregory che nei suoi interventi si dimostra un grandissimo chitarrista.

British Racing Green ha un'atmosfera pacata ed eterea, con un ritmo rallentato e un ispirato solo di flauto di Longdon, nel quale si riflettono le caratteristiche delle ballate dei King Crimson e i tappeti sonori aristocratici di David Sylvian, mentre Brambling è un altro buon pezzo negli standard dei Big Big Train, che nulla aggiunge o toglie alla loro tavolozza sonora.

L'ultimo epico The Wide Open Sea, che si protrae per ben oltre 17 minuti, dovrebbe essere il pezzo forte del lotto, ma con quella sua aria melodrammatica finisce per somigliare troppo alle suite dei Marillion, che non è eventualmente un male, ma appare leggermente spersonalizzato. Comunque un bell'EP da ascoltare nell'attesa del nuovo album English Electric previsto per il prossimo anno.

www.bigbigtrain.com